Per non dimenticare: 13 ottobre 1307: arrestati i cavalieri templari.

(La storia è sempre stata scritta dai vincitori, ma la verità sopravvive al tempo).

 

 

Molto è stato detto sulla fine dell'ormai mitico Ordine del Tempio, su quel venerdì 13 dell'ottobre 1307, quando tutti i cavalieri templari del regno di Francia furono arrestati in un solo colpo.
Non si può non riconoscere che il processo contro i templari fu un vero e proprio dramma, che colpì non solo l'Ordine, ma anche la storia della Chiesa.

Il processo, infatti, non solo segnò la fine di un Ordine cattolico oltre che militare, ma vide l'istituzione ecclesiastica soccombere alle pressioni del potere regale francese, vero promotore dell'attacco.
Il tragico epilogo dell'affaire fu segnato, dopo le accuse infamanti, dalle confessioni sotto tortura ed infine dai roghi.
Alle fiamme non si sottrasse neppure l'ultimo Gran Maestro dell'Ordine.

Il 13 Ottobre del 1307 fu eseguito l'arresto, ordinato dall'inquisitore di Francia Guglielmo Imbert, di tutti i Templari in terra Francese, con un'azione inaspettata e repentina. E' comunque strano che un'organizzazione così potente come quella templare non fosse venuta a conoscenza di un'azione di questa portata. I Templari, poi, non reagirono affatto all'arresto. Un comportamento alquanto insolito.

Forse i Templari attendevano, sacrificandosi, quest'azione? Magari mentre un altro gruppo metteva in salvo chissà dove le ricchezze più segrete? Forse misteriose reliquie riportate dalla Terrasanta? O forse, più semplicemente, si trattò di un retaggio del codice militare Crociato, che impediva loro di muovere armi contro altri cristiani? Al momento questi e mille altri enigmi non possono umanamente essere sciolti.

I capi di accusa fondamentali furono: aver rinnegato Cristo, aver sputato sulla Croce, sodomia e idolatria.
Appare del tutto insensata l'accusa di aver rinnegato Cristo, per uomini addestrati a combattere e morire nel suo nome. I Templari catturati in battaglia venivano uccisi sul posto perché mai si verificò un atto di conversione, che poteva salvargli la vita. Ecco come lo stesso Saladino parla dei Templari: «Voglio purgare la Terra da questi guerrieri immondi che non rinunciano mai alla loro ostilità, non rinnegano mai la loro fede e non saranno mai utili come schiavi».
Lo sputo sulla Croce sembra poi ridicolo per un Ordine che aveva proprio nella croce il suo simbolo. Ogni cavaliere portava cucita sul petto, sul mantello e sui vessilli una croce rossa.

La più inverosimile, comunque, fra le accuse era quella di idolatria. Il processo, oltretutto, non riuscì mai ad individuare un solo esempio di presunto idolo. Ma l'accusa, per quanto folle, era necessaria per poter dimostrare che i Templari non erano colpevoli solo di blasfemia, ma anche di apostasia. Dalle torture vennero fuori descrizioni fantasiose del presunto idolo: un teschio, uno o più gatti, una pittura (o un'immagine come quella della Sindone?), o una testa d'uomo barbuta.

Il nome dato all'idolo, Bafometto, che sta per Maometto (negli atti del processo compare, alcune volte, direttamente la forma Maometto) è una delle prove più convincenti del fatto che le accuse fossero state inventate allo scopo di diffamare i Templari. Era impossibile che i Templari avessero desunto dall'Oriente la pratica di adorare un idolo che aveva il nome del profeta Muhammed, dal momento che non esisteva alcun idolo con tale nome in tutto l'estremo Oriente.

L'idea stessa che i musulmani fossero idolatri rientrava a sua volta in un altro sistema di denigrazioni da parte dei cristiani occidentali, mirante a una rappresentazione dispregiativa del mondo orientale. 
Le accuse sfruttavano decisamente il fatto che il rito d'entrata nell'Ordine era segreto. Ciò permise agli accusatori di inserire nel rito atti fantasiosi, ma certamente giudicabili come eretici.

Il 24 Ottobre fu interrogato il Gran Maestro Giacomo De Molay. Egli confessò che, durante la cerimonia di entrata, gli era stato richiesto di sputare sulla croce e rinnegare Cristo. Questa debolezza non fu mai perdonata all'ultimo Gran Maestro, anche se successivamente ritrattò, con forza e determinazione, la confessione resa, sapendo cosa questo avrebbe significato.

Fonte: Medioevale.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 13/10/2016