I misteri di Praga, tra leggende ebraiche e Golem

Un curioso articolo di Paolo Barosso ci rivela un corpus di leggende incentrate sul Golem, misteriosa creatura d’argilla con sembianze umane plasmata da Rabbi Loew intorno al 1580, a difesa della importante comunità ebraica praghese

Sottopongo molto volentieri ai Lettori di “Civico20News” questo contributo dell’amico Paolo Barosso (m.j.).

 

Il fascino di Praga, capitale storica della Boemia adagiata sui bordi del fiume Moldava (in ceco Vltava), risiede nel peculiare mélange di verticalità gotiche e fasti barocchi, cui si aggiungono, tra fine Ottocento e primo Novecento, le realizzazioni Art Nouveau e le più recenti fantasie geometriche del cubismo. L’esuberanza barocca e rococò e la cupa severità del gotico boemo, pur nel contrasto stilistico, si integrano armonicamente nella vasta piazza della Città Vecchia (Staré Mesto), o lungo gli stretti vicoli che da Malá Strana, la Città Piccola, s’inerpicano sul fianco della collina sino al Castello e alla cattedrale di San Vito.

Girando per la città, che fu capitale del Sacro Romano Impero nel Trecento con Carlo IV di Boemia e poi capitale dell’impero asburgico nel tardo Cinquecento con Rodolfo II (le due Età dell’Oro della storia boema), si respira l’incontro fra le tradizioni degli Slavi occidentali, che qui s’insediarono verso il VI-VII secolo innestandosi sul precedente stanziamento dei Celti Boi (da cui il nome Boemia), e l’influsso germanico, dovuto ai coloni e mercanti tedeschi che si stabilirono sulle rive della Moldava sin dal XII secolo. La conversione al Cristianesimo arrivò dal IX secolo con Borivoj, primo duca di Boemia a ricevere il battesimo, e soprattutto con il duca Venceslao (Václav in ceco), santo patrono del popolo boemo, ucciso da sicari del crudele e vendicativo fratello Boleslao, rimasto fedele al politeismo delle origini.

Al primo Venceslao, figura esaltata dalla tradizione boema, che gli attribuisce anche il merito di aver impiantato sulla collina di Praga la prima vigna, per l’evidente urgenza di produrre vino per le celebrazioni liturgiche, si contrappone l’efferatezza di un suo successore omonimo, re Venceslao IV, che nel 1393 fece gettare nelle gelide e vorticose acque della Moldava, dopo averlo rinchiuso in un’armatura, il predicatore di corte e confessore della regina, San Giovanni Nepomuceno, secondo la tradizione per il rifiuto di costui di rivelare al sovrano quanto rivelatogli in confessione dalla consorte, Giovanna di Baviera. Sul ponte Carlo, monumentale ponte in pietra fatto costruire da Carlo IV nel Trecento, una croce in bronzo ricorda il luogo da cui il corpo del povero Nepomuceno venne lanciato.

In questo contesto cittadino s’innestò sin da tempi antichi una forte comunità ebraica che, in breve tempo, divenne una delle più floride e prospere d’Europa, anche per la protezione accordata agli Ebrei dai sovrani boemi. Secondo la leggenda, che si mescola alla storia, fu la principessa Libuse, fondatrice nell’VIII secolo del primitivo insediamento slavo sulle rive della Moldava, a vaticinare, in punto di morte, al nipote Hostivít l’arrivo a Praga, durante il suo regno, di un popolo esule e oppresso, adoratore d’un solo Dio, che egli avrebbe dovuto, in qualità di sovrano, accogliere e proteggere. Così fu, e i primi Ebrei, provenienti dalla Moscovia, si stabilirono nell’area di Praga prima ancora della cristianizzazione dei Boemi, vestendo alla russa e seguendo nelle sinagoghe il rito polacco, ancor oggi mantenuto. Fu però il duca Borivoj, alla fine del IX secolo, a concedere alla comunità ebraica il diritto di stanziarsi sulla riva destra della Moldova, dove oggi sorge Josefov, la Città di Giuseppe (in omaggio all’imperatore Giuseppe II d’Asburgo), l’attuale Quartiere Ebraico di Praga.

Nell’ultimo quarto del XIII secolo vi sorse la Sinagoga Vecchia-Nuova, la più vecchia sinagoga funzionante in Europa, edificata in stile gotico, a base rettangolare e con il pavimento dell’aula centrale più basso rispetto al territorio circostante, sia per conformità con la tradizione, sia in segno di umiltà, in sintonia con il salmo biblico che recita: “De profundis clamavi ad te, Domine” (Dal profondo Ti invoco, Signore). Secondo la leggenda l’attuale edificio gotico venne costruito sull’area di un precedente luogo di culto, eretto nel X secolo utilizzando per le fondamenta le pietre d’un tempio ancora più antico, risalente al tempo dei primi Ebrei stanziatisi nella zona, e da qui deriverebbe il nome di Sinagoga Vecchia-Nuova, perché il nuovo edificio s’innesta su uno precedente. In base ad altra tradizione, le pietre della fondazione vennero invece trasportate dagli angeli dal Tempio di Gerusalemme ed utilizzate dai primi costruttori a patto della loro restituzione una volta che il Tempio verrà ricostruito.

Qui, tra i vicoli di Josefov, con le sue sinagoghe e l’affascinante Vecchio Cimitero Ebraico, con oltre 12.000 lapidi in rovina e forse 100.000 tombe, disposte a strati l’una sull’altra per carenza di spazio, fiorirono le leggende che, insieme con la passione di re Rodolfo II per l’alchimia e l’astrologia e la produzione letteraria di Franz Kafka, con i suoi personaggi in preda all’angoscia esistenziale, alimentano l’aurea magica della città che, secondo i cultori della materia, occupa uno dei tre estremi del triangolo europeo della magia bianca, insieme con Torino e Lione.

Il corpus di leggende più significativo e conosciuto ruota attorno al Golem, misteriosa creatura d’argilla con sembianze umane, e al suo “demiurgo”, il celebre Rabbi Judah Loew ben Bezalel, rabbino capo di Praga nella seconda metà del Cinquecento. Rabbi Loew intervenne in diverse occasioni presso re Rodolfo II, di cui era amico, per scongiurare il rischio di provvedimenti anti-ebraici, caldeggiati da alcuni consiglieri del sovrano, ma, secondo la leggenda, nel 1580 il Rabbino capo si trovò a fronteggiare un pericolo particolarmente grave, dovuto alla presenza in città di un predicatore che fomentava la popolazione contro gli Ebrei. Fu così che Rabbi Loew ebbe in sogno una visione suscitata dall’Altissimo in cui gli venivano impartite le istruzioni per la creazione del Golem, una creatura impastata con l’argilla della Moldava cui sarebbe stato affidato il compito di proteggere la comunità ebraica di Praga dal pericolo di una persecuzione.

Il fantoccio d’argilla, alto tre cubiti, venne così plasmato dai suoi demiurghi, il Rabbi Loew coadiuvato dal genero e da un discepolo, che, nel corso di una cerimonia notturna sulle rive del fiume, infusero alla creatura il soffio vitale, compiendo gesti rituali e recitando la formula biblica “E soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo diventò un essere vivente”. Poi vestirono il Golem, che non aveva il dono della parola, come un servitore del Tempio e il suo creatore, Loew, lo condusse nel Rabbinato, dove sarebbe vissuto, raccontando alla famiglia che aveva trovato quello straniero muto per strada e che, mosso a compassione, l’avrebbe tenuto presso di sé come servitore, chiamandolo Josef.

Il Golem, eseguendo sempre gli ordini del Rabbino capo, protesse gli Ebrei di Praga dal rischio di attacchi e persecuzioni e, quando il pericolo cessò, venendo meno l’esigenza per cui era stato creato, Rabbi Loew decise di togliere alla creatura il soffio vitale. Insieme con i suoi collaboratori, lo portarono nella soffitta della Sinagoga Vecchia-Nuova, dove compirono al contrario le stesse operazioni rituali che erano state osservate al momento di infondergli la vita. Anche le parole del “Libro della creazione” vennero ripetute al contrario, e il Golem, steso a terra, rimase rigido, privo di vita. Lo coprirono con vecchi mantelli per la preghiera e con resti di libri sacri che, come da tradizione, dovevano essere conservati in quel luogo, e così rimase. Rabbi Loew raccontò ai suoi concittadini che Josef Loew, il Golem, era scappato, proibendo a tutti, da allora in avanti, di recarsi nella soffitta della Sinagoga per depositarvi resti di libri e di altri oggetti sacri. E si dice che ancor oggi i resti del Golem giacciano nascosti sopra la Sinagoga.

Paolo Barosso   

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Articolo pubblicato il 16/09/2016