TANDEM TRA FINZIONE E REALTÀ: Le streghe – seconda parte

Dalla “leggenda nera” della caccia alle streghe al neopaganesimo, si dipana la loro rivalutazione fino ad assumere il più ampio significato di “esperta di magia e incantesimi”

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STREGHE AL CINEMA - SECONDA PARTE 

Nel precedente articolo abbiamo visto la valutazione fortemente negativa che, a causa del loro presunto turpe rapporto col demonio, è stata ampiamente condivisa per secoli nei confronti delle streghe: sono stati celebrati processi a donne (ma anche a uomini) poi condannate per stregoneria per aver invocato potenze tenebrose con riti, pozioni e filtri magici, al fine di danneggiare persone, animali, raccolti.

Il pensiero corre subito alla c.d. caccia alle streghe, meglio alla “leggenda nera” della caccia alle streghe, uno dei cavalli di battaglia della pubblicistica anticattolica. Questa “leggenda nera” permette di fare dell’anticlericalismo aggressivo, unendo due linee di attacco, quella “noir” che evoca gli “orrori” e i “misteri” dell’Inquisizione con quella “pruriginosa”, imperniata su giovani vittime indifese contrapposte a sadici inquisitori, vicende spesso false o manipolate ma che è facile riversare in romanzi, in film e, addirittura, in fumetti porno.


Il mio collega Fabio Mandaglio presenterà sicuramente una serie di film più o meno ispirati alla “leggenda nera” della caccia alle streghe. Così ho ritenuto opportuno esporre qualche idea un po’ anticonformista su questo tema.  

La c.d. caccia alle streghe non è stata un fenomeno di età medievale ma di età moderna con acme tra il 1590 e il 1640. Un gran numero di processi non sono stati gestiti dai tribunali ecclesiastici, ma da quelli laici, dove i giudici davanti all’accusa di malefici (come la morte di bambini o di animali), per corrispondere alle aspettative giustizialiste popolari, procedevano in modo sbrigativo e con mano assai più pesante in confronto ai tribunali ecclesiastici.


Storici autorevoli hanno dimostrato che le condanne per stregoneria sono state pochissime nelle nazioni dove operava l’Inquisizione, in particolare in Italia e in Spagna, e sono terminate molto prima rispetto ad altri paesi.

Gli illuministi hanno creato l’idea che la Chiesa sia stata principale artefice dei processi accusandola così sempre e comunque di “oscurantismo”, le correnti anticattoliche dell’Ottocento, per gettare una luce sinistra sulla azione della Chiesa, hanno evocato numeri madornali di condannati dall’Inquisizione.


Oggi gli storici, pur in assenza di certezze, scrivono che il numero complessivo di processi in Europa, in 3 secoli, ammonta a circa 110 mila. Di questi circa 50.000 sono stati eseguiti nella sola Germania, mentre in Italia vi sono stati circa 5.000 processi e altrettanti in Spagna. Il numero globale delle vittime sarebbe di circa 60.000.

La c.d. caccia alle streghe si è quindi manifestata soprattutto in parte della Germania e in alcune terre tedesche, in particolare la Svizzera. Martin Lutero ha dimostrato una fortissima ostilità nei confronti delle streghe, esortando ad usare estrema durezza nei loro confronti. Scrive Vittorio Messori (2005), con verve polemica ma con innegabili dati di fatto: «... i protestanti, infatti, non scherzarono, la Ginevra di Calvino fu illuminata dai roghi; la Germania luterana si diede alla caccia alle streghe quasi come a uno sport nazionale; l’ultimo massacro, voluto dai pastori puritani di Salem, Massachusetts, è alla soglia del Settecento».


Lo storico Andrea Del Col ha pubblicato il suo studio sull’Inquisizione (2009) senza figure, con la motivazione culturale che le immagini di interrogatori, torture, autodafé e roghi sono in genere posteriori ai fatti e risultano spesso condizionate dalla “leggenda nera”. Ho condiviso la sua scelta per questo mio articolo.

Le cause del fenomeno della stregoneria sono state esaminate da un grandissimo numero di studiosi, pervenuti a considerazioni e conclusioni molto variegate e spesso contrastanti fra loro. Studi storici supportati delle scienze sociali collocano la strega in gruppi sociali di emarginati. Quando giovani donne, benestanti, sane e socialmente ben inserite sono state accusate di stregoneria, la spiegazione risiede nel fatto che non si adattavano alle regole di vita dell’ambiente sociale di appartenenza.


Altre ipotesi vengono da analisi in chiave storico-psicologica oppure da indagini condotte secondo la moderna psichiatria. Ricordiamo, fra le tante teorie, quella “tossicologica” che riconduce le manifestazioni della stregoneria alla intossicazione da segale cornuta (ergotismo), caratterizzata da allucinazioni e convulsioni e provocata dalla alimentazione con farina di segale contaminata dal fungo microscopico Claviceps purpurea.

La rivalutazione della figura della strega è iniziata nell’Ottocento, con i saggi di alcuni studiosi. Fra i primi, va annoverato lo storico francese Jules Michelet che pubblica “La Sorcière” (1862), dove affaccia una versione romantica della strega che attua residui di remote usanze pagane. Nella stessa linea di pensiero si inserisce lo statunitense Charles Godfrey Leland, studioso del folclore, che descrive, in forma romanzata, antichi riti della tradizione stregonesca italiana nel suo libro “Aradia, o il Vangelo delle Streghe” (1899). Aradia, figlia della dea Diana, scende sulla Terra per istruire i suoi fedeli alla stregoneria.


Ricollegandosi a Michelet, l’antropologa britannica Margaret Murray, studiosa del folclore europeo, ipotizza che la stregoneria rappresenti un precedente culto pagano sopravvissuto al Cristianesimo. In due libri di grande successo, apparsi nel 1921 e nel 1933, la Murray sostiene che le cognizioni derivanti da remoti culti, come l’impiego di erbe per scopi magici e terapeutici, i rituali di fertilità, i contatti con gli spiriti e i viaggi extracorporei - tutti aspetti della stregoneria - sono sopravvissuti, soprattutto nelle campagne, per tradizione misterica: nella cultura dell’occidente, la strega verrebbe così a corrispondere allo sciamano delle collettività considerate “primitive”.

A partire dagli anni ‘60, molti aspetti delle idee della Murray non hanno trovato conferma in più rigorosi studi antropologici. La sua tesi ha avuto in ogni caso un influsso molto grande, sia in ambito accademico che sociale, tanto da essere considerata uno dei fattori più significativi per la nascita dei movimenti neopagani e della wicca, a far tempo dalla prima metà degli anni ‘50 del Novecento.


Questi movimenti spirituali hanno ampiamente rivalutato l’immagine della “strega” - donna iniziata a una delle varie tradizioni neopagane, oppure praticante della stregoneria tradizionale - enfatizzando il suo ruolo di guaritrice ed esperta di medicina naturale nelle collettività antiche e moderne. Un esempio riguardante il Piemonte viene dagli studi di Romano Salvetti sulle “masche” (streghe) di Paroldo, paese dell’alta Langa in provincia di Cuneo.

In conclusione, si può dire che il termine “strega”, col trascorrere del tempo, sia venuto ad assumere un significato più vasto di “esperta di magia e incantesimi”.

Nella storia della letteratura la figura della strega e quella della maga sono spesso intrecciate tra di loro. Ne sono esempi Medea, sacerdotessa di Ecate - dea della magia nella mitologia greca e romana - guaritrice e nello stesso tempo avvelenatrice, Circe, la maga della “Odissea”, Alcina, in “Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto, streghe e maghe del ciclo di Avalon, saga fantasy della scrittrice statunitense Marion Zimmer Bradley (1983-2000), tutte figure di donne ammaliatrici e capaci di coinvolgere con illusioni i loro partner.

Una battuta maschilista e misogina afferma, invece, che per trasformare una fata in una strega, basta sposarla!

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Articolo pubblicato il 11/09/2016