Torino - Il saluto di Monsignor Cesare Nosiglia al mondo della scuola
Monsignor Cesare Nosiglia

Oggi la scuola è impegnata a formare il cittadino europeo o mondiale

Mons. Cesare Nosiglia, firmandosi vescovo, padre e amico e augurando un buon anno scolastico a tutti ha inviato un messaggio al mondo della scuola:

“ai cari studenti, genitori, dirigenti, docenti e comunità cristiane e civili dei territori della Diocesi di Torino”

All’inizio del nuovo anno scolastico 2016-2017, ha voluto rivolgere il suo augurio per dire che la Comunità ecclesiale è vicina anzitutto ai cari bambini, ragazzi e giovani, come pure ai genitori e a quanti sono impegnati nella scuola per la loro formazione e dedicano le loro energie alla loro crescita morale, spirituale, culturale e civile, nella consapevolezza di rendere un servizio fondamentale non solo per ciascuno di loro ma anche per lo sviluppo della società e per la realizzazione del bene comune.

Ha ricordato che Papa Francesco, nei suoi interventi a Torino lo scorso anno, ha sottolineato più volte l’importanza dell’educazione e formazione delle nuove generazioni, affermando che rappresenta l’investimento più importante da mettere in campo senza alcuna remora.

Nello stesso tempo, in particolare oggi, la scuola è impegnata a formare il cittadino europeo o mondiale. Senza rinunciare alla ricca identità storico-culturale del nostro Paese, la scuola è chiamata ad ampliare l’orizzonte non solo della conoscenza, ma dell’incontro fraterno e amicale con tanti altri alunni provenienti da culture, tradizioni e religioni differenti.

La cultura è infatti principio e fonte prima di libertà, di democrazia, di maturità e di promozione integrale della propria persona.

Secondo l’arcivescovo, la scuola, quale luogo educativo e formativo, assume e svolge un servizio decisivo per questo obiettivo, che unisce insieme la conoscenza, la competenza e la crescita etica di ogni singolo alunno.

Pertanto, al possesso di strumenti mentali e di informazioni corrette, che permettano l’acquisizione di un solido bagaglio di conoscenze e di capacità operative e gestionali adeguate alle sfide della modernità, deve accompagnarsi la proposta di riferimenti ideali e valoriali che rendono possibile un accostamento critico al sapere, in modo da promuovere quell’indipendenza di giudizio personale senza la quale non si acquisisce una piena libertà e responsabilità.

Si pensi ad esempio alla stima di sé e all’assunzione di responsabilità verso gli altri; allo sperimentare sul campo che il bene comune, principio fondamentale del vivere civile, deve prevalere come cultura e stile di vita sul bene individuale; alla fatica del conseguire il sapere, che diventa però affascinante scoperta di un “di più” di senso in grado di fornire la possibilità di conoscere se stessi, il mondo e gli altri.

Ancora, si pensi alla spinta a puntare in alto verso traguardi impegnativi, non accontentandosi della mediocrità ma sfruttando bene tutte le potenzialità che ciascuno possiede, per raggiungere così risultati apprezzabili e soddisfacenti.

E infine, si pensi ad una cultura del lavoro che non suggestioni l’orientamento con messaggi e proposte accattivanti sul piano del profitto economico o del riconoscimento civile o del potere, ma favorisca la scelta di indirizzi scolastici consoni agli intendimenti e capacità dei giovani, puntando soprattutto a un futuro lavoro utile agli altri (manuale, agricolo o artigianale o industriale, imprenditoriale, artistico che sia...).

L’alternanza scuola-lavoro offre queste opportunità e va dunque programmata con cura sul territorio, valorizzando tutte le componenti economiche, culturali e del volontariato.

Ma sarebbe un obiettivo improduttivo se si pensasse a formare un competente professionista nel suo lavoro di domani e restasse in ombra la formazione del cittadino e soprattutto dell’uomo.

Qui si innerva il delicato, ma insostituibile, rapporto tra istruzione ed educazione, affinché la scuola sia luogo dove si educa istruendo e si istruisce educando.

La scuola deve dunque essere anche una palestra in cui si sperimentano la bellezza e positività dello stare insieme facendo squadra, perché solo così la vita di ciascuno diventa significativa, bella, buona e vera per sé e per gli altri, di cui siamo responsabili e con cui diventiamo protagonisti di un futuro migliore per l’intera società.

Pertanto Mons. Nosiglia ha auspicato che, malgrado tante difficoltà, si possa mantenere viva nel Paese l’attenzione e la valorizzazione della scuola, determinante e centrale nel presente e nel futuro della nostra società.

Essa  va fatta apprezzare nel suo status di comunità educante, dove interagiscono persone reali, individui concreti come sono i dirigenti, i docenti e il personale, le famiglie e gli alunni, con tutta la carica di umanità, di comunione e di problematicità che portano con sé.

Una scuola siffatta è una scuola che non vuole essere una realtà a sé stante, ma lo specchio del mondo reale, dove le nuove generazioni imparano a convivere e a progettare il loro domani in un positivo dialogo e confronto con gli adulti e con la comunità che le circonda.

È una scuola pluralista che risponde al primato della famiglia e alla sua libera scelta educativa, garantendo l’opzione tra statale o paritaria, con la possibilità di esercitare uguali diritti e doveri.

Soprattutto, ha sottolineato l’arcivescovo, che occorre far sentire la scuola come un patrimonio ed una responsabilità di tutta la società italiana e di ciascun cittadino, e dunque elemento centrale del progetto politico e culturale della nazione.

In una prospettiva europea, pare che il nostro Paese, se su altri piani è certamente in una posizione minoritaria rispetto ai suoi partner, non lo è su quello della cultura e della solidarietà.

Questo è il tesoro più prezioso che possiamo gestire e proporre, per cementare l’unità e offrire all’Europa un’anima vitale, oltre che per garantirci autorevolezza in campo internazionale.

Vale la pena dunque dedicare alla scuola il meglio delle risorse, dei mezzi e del personale qualificato, valorizzandone al massimo  le potenzialità di cui è portatrice, sia sotto il profilo educativo che formativo, culturale e sociale.

Ha richiamato infine l’iniziativa che, da domenica 2 a sabato 8 ottobre prossimi, la Diocesi di Torino promuove.

Si  tratta della “Settimana della scuola”, un evento volto a coinvolgere ogni ordine e grado di scuole attorno a un tema significativo e attuale.

Quest’anno si è deciso di ispirarlo all’Enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” e sarà: “Laudato si’, la custodia della casa comune”.

Di modo che, verranno affrontati con ampiezza e apertura culturale il problema dell’ecologia, così fortemente sentito e l’impegno comune per custodire, conservare e trasmettere anche alla nuove generazioni il patrimonio di valori naturali, umani ed etici propri di «nostra madre terra», come la chiama il patrono d’Italia san Francesco.

 

                                                                                                                  Vito Piepoli

 



 

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Articolo pubblicato il 09/09/2016