Vicoforte (CN), il santuario Regina Montis Regalis della devozione Mariana

Il contributo determinante del Duca Carlo Emanuele I° di Savoia alla realizzazione del progetto

L’estate sembra non finire e i dorsali erbosi del Monregalese sino all’Alta Langa potrebbero rappresentare l’occasione propizia per associare, in una piacevole escursione, la bellezza della natura con i ricordi che ci tramanda la Storia, non disgiunti dall’antica religiosità dei nostri avi, quando la pietà e la Fede rivestivano un ruolo prioritario nella vita dell’uomo.

Ci riferiamo all’atmosfera che avvolge il santuario di Vicoforte in provincia di Cuneo.

Secondo la tradizione, un fornaciaio di Vicoforte, sul finire del Quattrocento, provvide ad innalzare con i suoi mattoni, in un bosco della Valle Ermena, un pilone votivo, ovvero un’edicola, su cui un pittore ignoto di scuola locale avrebbe, poi, dipinto a fresco una dolcissima Maria col Suo Bambino.

E proprio l’immagine della Vergine, colpita accidentalmente nel 1592 dagli spari di un cacciatore, avrebbe cominciato a sanguinare. 

Da allora l’icona mariana divenne oggetto di una profonda e crescente devozione popolare che portò, intorno al pilone affrescato, all’erezione di una semplice cappella in breve tempo trasformata in un grande santuario.

Fondamentale risultò il contributo del Duca Carlo Emanuele I di Savoia che approvò e sostenne il progetto del vescovo, con l’intenzione, poi disattesa, di rendere l’erigendo tempio anche mausoleo sabaudo. 

Due maestri si avvicendarono nella direzione dell’imponente struttura. La prima pietra, il 7 luglio 1596, fu solennemente posta da Ascanio Vitozzi, architetto ducale, orvietano, cui si deve la scelta della pianta centrale ellittica.

 La guerra dei Trent’Anni e la peste furono solo alcuni dei motivi che rallentarono, nel corso del Seicento, i lavori di costruzione, arrestatisi all’altezza del cornicione.

 Nel 1701 Francesco Gallo, in piena epoca barocca e previa consulenza dello Juvara, riprese il progetto iniziale modificandolo secondo l’estetica del tempo. Suo è il tamburo su cui poggia la monumentale cupola, fin da subito concepita dall’architetto monregalese di forme grandiose: i 37 metri del diametro più lungo, la rendono, infatti, la più grande al mondo in questa forma. 

L’aspetto esterno odierno denota le diverse fasi costruttive. La parte inferiore, rivestita di pietra arenaria locale, è composta da volumi che si sviluppano assecondando un gusto manieristico. Il Gallo, in un’epoca successiva, scelse il cotto per il coronamento superiore, rivelando un approccio stilistico ancora diverso, cui seguirono, infine, la facciata e i quattro eclettici campanili ottocenteschi.  


L’interno è un’unica navata, ai cui lati si aprono quattro cappelle rispettivamente dedicate a san Bernardo, san Benedetto, san Giuseppe e San Francesco di Sales.

Al centro dell’aula sorge il tempietto di marmi pregiati policromi che custodisce la venerata icona mariana da cui ha avuto origine l’intero complesso.

É la decorazione della cupola la parte più sorprendente. Una teologia per immagini che racconta la storia della Salvezza attraverso Maria si estende su una superficie di seimila metri quadrati, confermandosi l’affresco più grande al mondo a tema unico.

Artefici furono il pittore figurista Mattia Bortoloni e il quadraturista Felice Biella che collaborarono in questo cantiere intorno alla metà del XVIII secolo. 

L’esito è una storia armoniosa divisa in tre tempi: quello della preparazione, di cui si fanno portavoci figure di profeti e sibille nel registro inferiore, la vita terrena di Maria, raccontata in otto episodi su altrettanti medaglioni ovali sopra i grandi pilastri, e la Sua Glorificazione sulla grande calotta.

La chiesa è intitolata alla Natività della Vergine, che è qui qualificata come Regina Montis Regalis.

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Articolo pubblicato il 06/09/2016