La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini

Quando i canti e gli organetti di Barberia disturbavano il sonno dei torinesi

La “Gazzetta del Popolo” del 16 settembre 1851 si occupa dello sgradevole fenomeno dei rumori notturni che disturbano il sonno dei torinesi, rumori costituiti dai canti di gruppi di nottambuli e dal suono degli “organini” ovvero gli organetti di Barberia, strumenti musicali meccanici portatili che i suonatori questuanti portavano appesi al collo e che azionavano girando una manovella.

Sulla base delle indicazioni fornite soprattutto da preoccupati negozianti, il giornale commenta un manifesto, probabilmente del Municipio di Torino, pubblicato per impedire questi rumori molesti dopo le undici della sera.

Ne emerge un quadro un po’ inquietante della sicurezza di Torino:

«Moltissimi e moltissimi cittadini, la maggior parte dei quali negozianti d’ogni maniera, ci pregano d’insistere affinché il manifesto pubblicato per far cessare dopo le undici di sera quei baccani, che sotto l’usurpato titolo di canti o d’ organini rompevano talvolta il timpano alla gente, non sia un manifesto simile agli antichi ordini di Torino che duravano dalla sera al mattino.

Quei negozianti ci pregano di far osservare questa particolarità: ogni qualvolta i ladri s’introdussero in qualche magazzino (generalmente ciò avviene dopo le undici) fu quasi sempre osservato che a capo della via, ed a poca distanza avevano de’ compagni, che sotto pretesto di cantare, scherzare ecc. richiamavano a sé l’attenzione di chi avrebbe potuto sentire i complici, e servivano di avamposti per avvertirli caso mai s’avvicinasse pericolo.

Or che le notti cominciano a farsi lunghe e nebbiose non è questa osservazione di lieve peso, specialmente per chi ha magazzini.

I nobili hanno case guardate da numerosi famigli, non temono dunque ciò; dormono in camere appartate, comode, dove il baccano anche dopo le undici non arriva, e quand’anche siano disturbati, dormono poi alla mattina quanto vogliono.

Sotto tutti i punti adunque, tanto dal lato della sicurezza, come da quello del riposo, chi soffre dal baccano dopo le undici è il popolo minuto, che può temere per i suoi opifizii, insidiati talvolta nel modo che dicemmo, e che inoltre, qualunque sia il disturbo sofferto nella notte, deve ad ogni modo alla mattina alzarsi di buon’ora per procacciare il vitto alla famiglia.

Esso ha dunque diritto d’essere difeso dagli schiamazzi di chi non avendo nulla da fare spreca in tal modo dopo le undici il suo tempo.

Speriamo che queste ragioni convinceranno anche quei cittadini, che del resto bravissime ed onoratissime persone, avessero tuttavia occasione, ed anche talvolta tentazione, di espandere la loro allegria dopo le undici di sera in canti gioiosi.

Li preghiamo di osservare che privandosi d’un lievissimo e brevissimo piacere avranno il grande conforto di fare opera di cortesia verso altri, che li ricambieranno usando i medesimi riguardi; e avranno di più il grandissimo conforto di togliere ai ladri quel mezzo d’insidiare i magazzini da noi superiormente accennato».

Il cronista parte così dalle precarie condizioni dell’ordine pubblico di Torino nelle ore notturne (la frase «Or che le notti cominciano a farsi lunghe e nebbiose…» evoca immagini più londinesi che torinesi da film dell’orrore!) e passando per una dimostrazione di antipatia nei confronti dei nobili, giunge alla dimostrazione che il «popolo minuto» è la vera vittima del baccano notturno.

Interessante la sua esortazione finale, un po’ prolissa ma sincera e partecipe, diretta ai bravi cittadini torinesi perché non cantino a tarda ora. 

Esortazione che rivive oggi, a più di un secolo e mezzo di distanza, nei cartelli posti fuori dei bar per invitare gli avventori a non far rumore e nei drappi di protesta sui balconi dei residenti nel quartiere San Salvario.

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Articolo pubblicato il 12/08/2016