Fermo: la punta dell'iceberg
Amedeo Mancini e Emmanuel Namdi (foto direttanews.it)

Sempre più diffuso il senso di disagio, di paura e di insofferenza

La morte, avvenuta a Fermo, del rifugiato Nigeriano Emmanuel Namdi, ha avuto  origine dagli insulti rivolti da Amedeo Mancini, la cui unica definizione certa pare quella di "ultrà " della locale squadra di calcio, alla moglie del rifugiato stesso.

Offese gratuite e sicuramente condannabili e credo che ogni uomo degno di tale nome avrebbe  comunque reagito; così  è  stato, infatti, e anche se il motivo è in certo qual modo legittimo, il nigeriano ha avuto la cattiva idea di passare ai fatti, cadendo nella probabile trappola tesagli dal Mancini e avendone la peggio anche se, con tutta evidenza, non direttamente per un pugno ma per la successiva caduta.

Ripeto, episodio deprecabile e spiacevole oltre ogni dire che, tuttavia, proprio per la sua gravità non può non suscitare qualche riflessione.

La sempre più  massiccia presenza di migranti, rifugiati, profughi e quant'altro, non può  non preoccupare e quindi irritare (quanto meno!) la popolazione, in crescenti difficoltà dall'avvento dell'euro, portando i cittadini, non a torto, a ritenere che le sempre più  magre risorse a disposizione siano dirottate gioco forza sull'ingente massa di diseredati che approdano giornalmente sulle nostre coste e che qui rimangono per la chiusura delle frontiere ad opera dei nostri confinanti.

Per quanto esecrabile, quindi, l'episodio di Fermo non è  che la punta dell'iceberg, il drammatico acme di un diffusissimo senso di disagio,  di paura e di insofferenza che, comunque, serpeggia in strati sempre più  larghi della popolazione, sentimenti che sempre più  spesso vengono palesati  quando il cittadino ha modo di esprimersi; questi segnali andrebbero correttamente e attentamente valutati dall'Esecutivo, non limitandosi a generiche e scontate, per quanto politicamente corrette, condanne e stigmatizzazioni sul razzismo: signori, attenzione: questo non è  razzismo, è malessere, è paura, è  rabbia  che si estrinseca contro l'immigrato, visto spesso come un privilegiato che ottiene quello che molti italiani in difficoltà  non hanno, ma il cui vero bersaglio è uno Stato percepito una volta di più  come ingiusto e più  attento allo straniero che non all'italiano!

Il sangue versato a Fermo,  quindi, ricade in parte sulle mani di coloro che governano il Paese e che continuano a non rendersi conto (non si capisce quanto in buona fede!) che il razzismo non si combatte con ferme condanne e con leggi create ad hoc ma con il rispetto delle regole per tutti e con il deciso e rigoroso controllo dell'accesso dei migranti al nostro Paese, costi quel che costi! 

La seconda cosa che colpisce, poi, di questa sciagurata vicenda è  la differenza di trattamento riservata ai protagonisti; non mi pare di ricordare, infatti, la medesima indignazione, la stessa levata di scudi, lo stesso clamore mediatico, la mobilitazione dei centri sociali come avvenuto  a Fermo, all'indomani della morte dei tre italiani ad opera del "picconatore folle" Kabobo a Milano, nel maggio 2013.

Che dire, poi, del massacro dei due anziani coniugi avvenuto a Palagonia (Catania) per mano del profugo Marmadou Amara, ospitato nel C.A.R.A. di Mineo? Anche in questo caso, niente interessamento dei cosiddetti centri sociali, neppure mi par di ricordare stentoree  dichiarazioni di uomini politici e sarebbe interessante sapere se i superstiti dei due tragici fatti siano stati indennizzati  e in che modo o sia stato previsto un aiuto di qualche tipo in caso di situazioni di palese difficoltà a seguito della scomparsa del congiunto; al contrario, si è  avuta la netta sensazione che questi episodi (e numerosi altri in cui i colpevoli erano immigrati più  o meno regolari)  si sia cercato  di  dimenticarli  e far dimenticare il più in fretta possibile;  notiamo in margine, a riguardo del tragico fatto di sangue di Palagonia, che la figlia dei due coniugi uccisi dall'immigrato, aveva intenzione di citare in giudizio il Ministero degli Interni: con l'occasione vorremmo sapere se la cosa ha avuto seguito.

Infine, anche la tragedia di Dacca, costata una fine atroce a nove nostri connazionali, pare destinata ad un rapido oblio, sembrando che lo Stato italiano non intenda mettere in atto alcuna contromisura o ritorsione, di tipo economico o politico, contro lo Stato asiatico (non ci sono neanche state proteste ufficiali!): vero che il Governo del Bangladesh non è, ovviamente, diretto responsabile del dramma ma è quantomeno responsabile di non aver garantito la sicurezza degli ospiti stranieri (che  portavano lavoro, oltretutto!) e della gestione dell'emergenza (sembra accertato che l'irruzione delle forze speciali sia avvenuta parecchie ore dopo la morte degli ostaggi).

È molto facile condannare "il razzismo" che sembra essere diventato una delle radici dei mali italiani dandone, magari, la colpa ai "populismi ", agli "estremismi" e via dicendo; è  molto più  difficile mettere in atto comportamenti sensati ed efficaci in  grado di non far percepire lo straniero come un nemico e non far sentire gli italiani stranieri in casa propria; speranza vana, temo:  il Governo, come in altre occasioni, risolve il problema dell'emergenza immigrazione tentando di ignorarlo e questo, purtroppo, darà inevitabilmente origine ad altri episodi come quello di Fermo.

 

                                                                                          Leonardo Incorvaia

          

          

 

          

 

 

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 15/07/2016