Centenario Gozzano: al Castello di Agliè le xilografie dedicate al poeta

Una mostra che esalta la vita e le opere del poeta

Il Comune di Agliè, protagonista delle Celebrazioni Gozzaniane, ospitando sul proprio territorio, insieme alle spoglie del poeta nella Chiesa di San Gaudenzio, la memoria dei luoghi più intimi e familiari descritti dal “bel Guido” che ad Agliè, a Villa Meleto, trascorse una parte importante della propria esistenza, edita per questa mostra di xilografie una pubblicazione che rende omaggio all’iconografia ispirata alla sua figura e alle lettere .

Si celebra quest’anno il centenario della morte del poeta, e lo si fa con una mostra di incisioni ispirate a tematiche gozzaniane, progetto che il Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, oggi rappresentato dal Polo museale del Piemonte, promuove offrendo una degna sede espositiva nel Salone di caccia del castello di Agliè.

È una mostra, quella allestita nel Castello Ducale di Agliè, il “dolce paese che non dico”, in cui predomina la tecnica xilografica, un linguaggio artistico che a cavallo fra l’Otto e il Novecento ebbe una vivace riscoperta e fortunati esiti, sia come incisione originale su matrice di legno sia soprattutto nello stile, che esalta le qualità espressive del chiaroscuro, preponderante nell’ epoca in tutt’Europa.

Più di cinquanta le opere in mostra, intervallate da fotografie e documenti che ricordano la vita e l’opera, in versi e no, di Guido Gozzano. Accanto alle xilografie di Verna e Schialvino, quelle di tre maestri d’Oltreoceano, Claudio Orso Giacone (oriundo di Cuorgnè) da Oberlin, Suzanne Reid da Montreal e Lyell Castonguay da Easthampton, poi Elio Torrieri, Claudio Rotta Loria, Elena Monaco, Corrado Ambrogio, il glicine di Anna Lequio, le variazioni sugli incontri con la madre e la “buona e cara Amalia” di Miro Gianola e di Maurizio Rivetti, e “il gran mazzo di rose” che Salvo inventò, disegnandolo d’istinto su una tavoletta di legno, nel caldo pomeriggio di una dozzina di anni fa, seduto con Nico Orengo a mangiare “le paste nelle confetterie”, scoprendo le dolcezze del verde Canavese.

Fonte: O.N.

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Articolo pubblicato il 26/06/2016