La crisi del centrodestra e le baruffe piemontesi

Dopo Berlusconi, chi?

Sono quasi azzerati i risultati elettorali del Centro destra, compresi i ballottaggi di Milano e Napoli, che non hanno segnato un’inversione di tendenza, per cui le elezioni non sono certo andate bene, nonostante l’esaltazione dei sindaci eletti nei centri minori e periferici del Paese.

L’intervento cui è stato sottoposto Silvio Berlusconi, di fatto sospende ogni decisione di cambiamento pesante sulla struttura del partito.

Com’è noto, l’estromissione dalla vita parlamentare, a seguito dell’applicazione della legge Severino, l’aveva azzoppato, ma non del tutto, considerato che, in vista delle elezioni amministrative, si era speso negli ultimi mesi in comizi e in defatiganti tour in giro per l’Italia (Sicilia, Napoli, Roma e altre tappe).

Ora i medici hanno detto chiaro e tondo che l’ex Cavaliere ha rischiato di morire e gli hanno intimato di abbandonare definitivamente lo stress da vita politica. La figlia Marina ha addirittura puntato il dito contro il cosiddetto “cerchio magico”, con accuse pesanti («L’hanno strapazzato, l’hanno spremuto, ora non salirà più su un palco»).

Nonostante queste premesse, la partita a più forte impatto mediatico si giocherà nell’agone politico, nel recinto del centrodestra, dove Berlusconi è stato per oltre vent’anni leader incontrastato, valore aggiunto prima e un po’ tanto depotenziato ora.

Lui ha sempre rinviato la partita della successione, puntando di volta in volta su improbabili delfini e alimentando, per un certo periodo di tempo, anche le voci su una possibile successione dinastica (una delle sue figlie, Marina o Barbara, pronte a raccogliere il testimone).

Con il classico metodo del “divide et impera”, ha tenuto sotto scacco per diversi lustri i suoi fedelissimi, stroncando sul nascere ogni tentativo di emancipazione culturale e politica, negando, quindi, quella stessa natura liberale che ha sempre dichiarato di incarnare.

Oggi, però, la situazione è ben diversa. L’ascendente di Berlusconi sul centrodestra si è fortemente affievolito, le figlie hanno smentito categoricamente di voler fare politica, Alfano e Fitto hanno fatto scelte scissioniste, Fini è scomparso dai radar della politica e quindi bisogna guardare ad altre figure che possano realizzare una sintesi virtuosa e possibilmente vincente tra le diverse anime del centrodestra.

Questa figura non s’intravvede all’orizzonte e si possono formulare soltanto delle ipotesi. Il primo nodo da sciogliere riguarda il futuro di Forza Italia, partito in agonia e sul viale del tramonto. Non basta più un restyling, occorre ripensare o addirittura rifondare l’anima moderata del centrodestra. 

C’è chi immagina una ricomposizione delle varie schegge impazzite, dai berlusconiani doc ad Alfano, da Fitto ai dissidenti forzisti, da Verdini a Casini, sotto le insegne di una nuova formazione di centro.

Si parla di una convention a settembre su iniziativa dell’ex ministro Maurizio Lupi. Ma l’esperienza insegna che queste operazioni nominalistiche e di puro potere non funzionano, non foss’altro perché non fanno i conti con l’unica vera sfida da vincere: quella di raccogliere voti. E l’elettorato ha più volte bocciato soluzioni raccogliticce di questo tipo.

Dentro Forza Italia, peraltro, il fuoco cova sotto la cenere, con il “cerchio magico” (Rossi, Pascale, Bergamini) assai disorientato dal forfait del proprio leader e le varie correnti pronte a spartirsi le spoglie di un partito ormai a brandelli.

L’anima del Nord (Toti-Gelmini-Romani) sembra pronta a rivendicare la leadership, ma deve fare i conti con le mire di quella del Sud (Carfagna in particolare). Difficile che questi esponenti azzurri di primo piano accettino di recitare il ruolo di comprimari nel centrodestra post-berlusconiano, lasciando la guida a figure terze e oggettivamente improponibili, come Stefano Parisi, Corrado Passera, Alfio Marchini.

Se le componenti moderate del centrodestra appaiono frastornate e in subbuglio, tutt’altro che calma è la situazione sul fronte cosiddetto lepenista. La Lega ha cercato di difendersi alle elezioni amministrative, ma non ha sfondato a Bologna, perdendo la roccaforte di Varese, pur conquistando Novara e Narzole, un piccolo comune langarolo di tremila abitanti.

Fratelli d’Italia ha perso in modo clamoroso a Torino ed in altre località. A Roma poi, non è riuscito   ad arrivare al ballottaggio con la Meloni. Impensabile, ora come ora, immaginare che Matteo Salvini possa guidare l’intero schieramento anti-Renzi.

Le resistenze verso una prospettiva del genere sono assai diffuse nella classe dirigente azzurra, tanto più che una parte cospicua di centristi, da Alfano a Verdini, appare ormai incompatibile con il Carroccio. La Lega e Fratelli d’Italia, quindi, potranno essere due forze politiche importanti di uno schieramento post-berlusconiano alternativo a Renzi, ma non quelle trainanti.

Oltre che individuare il successore di Berlusconi, bisognerà anche rinvigorire il programma del centrodestra, che appare alquanto nebuloso e contraddittorio poiché sganciato da una seria elaborazione culturale. E al momento non pare che gli aspiranti eredi ne abbiano uno chiaro e condiviso.

Sarebbe oltremodo errato che, l’elaborazione di strategie e l’indicazione di un leader traghettatore, tarpasse le istanze di rinnovamento e d’impegno provenienti dalla periferia. In ogni caso,  prima del ritorno di Berlusconi, nulla si muove, nonostante i fermenti della perferia ed il momento assai critico della politica italiana.

Il Piemonte, ove i risultati elettorali segnano il minimo storico, potrebbe divenire la regione pilota per studiare ed adottare le strategie vincenti. In attesa che si raduni il gruppo dirigente del partito per discutere e cercare di proporre almeno una linea di azione su cui ragionare, c’è già chi ha dato fuoco alle polveri.

Osvaldo Napoli, candidato Sindaco di Forza Italia,  che non è entrato nel ballottaggio, ha diffuso nel pomeriggio di ieri, una nota articolata di analisi del voto e delle cause della migrazione di voti verso il M5S.

La sua attenzione si concentra in modo particolare su due consiglieri regionali del suo partito: Claudia Porchietto e Gialuca Vignale “che cosa devono pensare, sostiene Napoli, i nostri militanti quando vedono personaggi come Claudia Porchietto, NCD con ritorno in Forza Italia, che ha fatto una campagna elettorale molto sottotraccia? O quando vedono un Gianluca Vignale che non trova la dignità politica di lasciare Forza Italia, dopo essere entrato, uscito in "progettazione" e poi rientrato”.

Per poi proseguire”  Non solo (Vignale) non ha partecipato alla campagna elettorale di Forza Italia, disertando qualsiasi appuntamento anche in presenza di leaders nazionali, come Romani, Brunetta e Vito, ma addirittura ha fatto campagna elettorale per Morano, candidato leghista. Persone così vorrebbero guidare Forza Italia a Torino? E' un affronto ai tanti amministratori e militanti che hanno operato con lealtà e abnegazione.”  

Così conclude, “Al degrado della politica, che ha portato a un moto di ribellione popolare e al trionfo dei Cinquestelle, personaggi come Porchietto e Vignale hanno dato un contributo rilevante. È da gente così che il grillismo ha ricevuto le migliori energie. Da persone come Porchietto e Vignale, abituati a cambiare partito come si cambia d'abito, quale immagine viene trasmessa all'opinione pubblica?”

Serena e conciliare la replica del coordinatore regionale Gilberto Pichetto. " Conoscendo il carattere di Osvaldo Napoli, ha voluto lanciare, a suo modo, un duro attacco per scuotere l'ambiente, il problema è che se non si viene capiti si rischia di perdere tempo: Napoli, Porchietto e Vignale sono risorse importanti come lo sono le tante persone che ogni giorno mettono a disposizione del partito anima e corpo". 

" È' necessario abbassare i toni e non perdere di vista l'obbiettivo principale

" - conclude Pichetto - " il vero cambiamento può passare solo da un lavoro di squadra e non dal mero perseguimento delle proprie ambizioni: personalmente garantisco che, anche a Torino, non saranno ammesse fughe personali in avanti che pregiudichino il rinnovamento della nostra classe dirigente”.

Torino, laboratorio politico? Staremo a vedere!

 

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Articolo pubblicato il 22/06/2016