Cristina Saimandi

«La mia arte è un “atto liberatorio”, inteso come processo di elaborazione critica della realtà, dove la ricerca si manifesta attraverso il disegno, il segno, la materia e nulla è più di uno sguardo spogliato e scarno sul mondo, che setaccia immagini raccolte e le impasta con mappe emotive private»

Cristina Saimandi è una artista di Savigliano, in provincia di Cuneo, che si occupa di pittura, scultura, disegno e rielaborazione con segni e colore di fotografie. Di recente, si è tenuta la sua mostra “Pensieri ai margini” presso la Galleria Carena e Capato di Borgo San Dalmazzo (Cuneo).

Le note biografiche di Cristina Saimandi riferiscono la sua nascita a Savigliano, dove vive e lavora, il 12 agosto 1965. Fin da giovanissima si è dedicata allo studio ed alla ricerca artistica, ha frequentato il Liceo artistico “Ego Bianchi” di Cuneo per poi completare la sua formazione presso l’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, nella sezione scultura.

È lei stessa a definire la sua arte come «… un “atto liberatorio”, inteso come processo di elaborazione critica della realtà, dove la ricerca si manifesta attraverso il disegno, il segno, la materia e nulla è più di uno sguardo spogliato e scarno sul mondo, che setaccia immagini raccolte e le impasta con mappe emotive private».

Le sue opere si muovono tra segno, materia e colore, attraversando diversi generi artistici. La sua indagine artistica, praticata attraverso sperimentazioni mai scontate di tecniche, supporti e materiali, crea un rapporto serrato tra realtà esterne ed interne al proprio io. Lontana da associazioni convenzionali, amalgama il quotidiano ed il visionario insieme.

Cristina Saimandi ha al suo attivo mostre personali e collettive in Italia e all’estero. È stata presente a Torino Artissima 14, stand Hakassociati; a The Cork Art Fair 2007; a Torino Esposizioni, Biennale di Venezia a Torino 2011 – 2012; a La Via del sale, percorsi di arte contemporanea 2014.

Ha ottenuto una menzione speciale al Premio nazionale città di Alba 2007 ed ha vinto il 1° premio d’arte internazionale Torinarte 2010, sezione scultura.

Esaminando le varie tematiche delle opere di Cristina Saimandi, troviamo “Ruggini”, opere su piccole lamiere dove si amalgamano e si sovrappongono disegni, segni, spessori materici. La figurazione presenta uomini, donne, adolescenti isolati, spesso disposti a metà tra la rappresentazione vitruviana e l’icona della crocifissione.

Questa rappresentazione per immagini si mescola con la ruggine, nata da un principio di ossidazione causato da sali e aceti sparsi sulla superficie.

Oranges” nasce da uno studio sul metafisico colore arancione da cui è nata una lunga serie di disegni di piccolo formato a grafite ed ecoline dove l’Autrice ha interpretato, spesso trasfigurando o sublimando, immagini arancioni dal mondo fissate in scatti fotografici, respirando spiritualità e carnalità insieme.

L’insieme dei lavori andrà a comporsi in un’installazione.

“Oranges” è anche una serie di tele di medie dimensioni dove Cristina Saimandi ha interpretato alcuni dei disegni di piccolo formato, sempre unendo carnalità e spiritualità. Qui alla grafite si aggiunge il bitume. Sulla tela quasi si ribaltano i piani. La tela a zone rifiuta l’ecoline e genera macchie. Il bitume a tratti si addensa, a tratti cola. L’arancio rimane protagonista, perfetto mediatore fra luminosità e tensione.

La tematica di “Cartoni” nasce dall’uso del cartone ondulato come supporto della pittura. I diversi strati del cartone permettono quindi di “asportare le pelli della materia”, di “togliere per mettere”, in modo tale che  “scortecciando l'anima della materia” si possa mettere a nudo l'anima del soggetto stesso.

La tematica “Ostinatamente fragile” è così presentata da Cristina Saimandi:

«Aspetto che salga come vomito / Il niente che si deposita sulle mie cose. / Ad ogni spasmo cresce e si inarca la vita / Una vena esaurita ai confini della mente, / sensazioni nel tiepido alito di vento. / Senza peso scivolo dentro. / E’ un vuoto senza confine. / Senza peso scivolano i miei pensieri. / E’ un vuoto senza confine».

Adolescenti” comprende dipinti e sculture in cartapesta, legno e terracotta ingobbiata che hanno come soggetto comune la raffigurazione frontale di ragazzine nel periodo di transizione dallo stato infantile a quello adulto.

Didi - Figure femminili”, dove Didi è un nome, comprende una serie di pitture, sculture e stampe fotografiche che rappresentano figure femminili.

Daniela Lauria, nel suo testo critico per il catalogo della mostra “Pensieri ai margini” di Borgo San Dalmazzo (19 marzo - 17 aprile 2016), scrive: «Ci sono delle immagini che oltrepassano la barriera visiva per giungere direttamente all'anima, dialogando con il nostro io, invitando la mente alla riflessione.

L'arte di Cristina Saimandi sembra voler assolvere a questo importante compito. […] Protagonisti indiscussi della produzione artistica di Cristina Saimandi sono gli esseri umani nella loro complessità esistenziale considerata nella loro singolarità e irripetibilità, ma anche nel carattere precario, instabile e incerto, sempre esposto al fallimento e allo scacco.

Analizzare attentamente le didi, queste immagini femminili che hanno perso l'armonia estetica, diventa un'esperienza unica, in cui allontanandosi dal puro dato sensoriale, l'osservazione diventa un atto di coscienza.

[…] Quei volti, che sembrano aver smarrito ogni umanità perché gli adolescenti hanno gli occhi sporchi, le donne sono coperte da un casco e i condannati a morte hanno il volto evanescente possono essere paragonati ad un incantesimo destinato a far risvegliare in ciascuno di noi una coscienza trascendentale. […]

Nell'inquietante serie degli Orange e dei Cartoni, l'artista ha messo a punto un proprio linguaggio di fortissima e tragica espressività, utilizzando il colore non più come tale, ma in quanto puro elemento materico, ora ricco e colante, ora grinzoso e rarefatto, a seconda delle aggiunte di colla, caffè, olio o altre sostanze ancora. In tutta l'opera il colore, allora, si fa materia densa, quasi melmosa, percorsa da cretti rossi che ne interrompono violentemente la continuità.

L'effetto che ne risulta è quello di una ferita che, sfigurando un ipotetico volto spettrale, diventa metafora dell'esistenza umana».

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Articolo pubblicato il 23/06/2016