L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Massimo Calleri: la violenza

Il fenomeno si sta sviluppando in maniera esponenziale

Violenza è forza impetuosa e incontrollata come pure l’atto volontario di prevaricazione di un soggetto nei confronti di un altro.

Ma mentre la prima citazione può configurare la natura in ogni sua manifestazione, nell’altra oggi più che mai si materializza l’istinto di sopraffazione, di distruzione dell’avversario che non è più tale bensì nemico da abbattere, da annullare in virtù dell’esaltazione del potere.

Già, il potere, vera patologia oncologica di un presente fatto di falsità, costruito su fini distese di sabbia sinuosamente ondulate dal vento … che tira. Ecco perché l’uomo, inteso come genere, bada soltanto alla soddisfazione del proprio esistere da protagonista piuttosto che da comparsa al servizio per la buona riuscita dello spettacolo.

Il male sta nel voler sempre trovare una giustificazione, un’attenuante generica, per dirla in termini legali, alla violenza praticata sull’altra persona, donna o uomo che sia senza dimenticare gli animali che troppo spesso subiscono gli umori dei “padroni” senza ribellarsi, pronti loro all’ennesimo gesto d’affetto e di fedeltà al termine della violenza subita.

Oggi, purtroppo, il fenomeno si sta sviluppando in maniera esponenziale, frutto dell’inaridimento dei sentimenti, della perdita dei valori umani che sono alla base di tutto. Oggi, purtroppo, si rischia l’assuefazione al gesto malvagio a causa del frequente ripetersi del medesimo, ma soprattutto delle insufficienti contromisure adottate per estirpare questa sorta di gramigna.

Come in tutte le cose, la volontà di intervenire è determinante, di come intervenire lo è altrettanto ed è perciò che si fa sempre più ardua l’impresa: la cronaca di tutti i giorni ne è lo specchio fedele. C’è da dire che l’ “evoluzione” della specie umana ha contribuito a far emergere il peggio, alimentato dalle posizioni di comodo acquisite più o meno legalmente; da cosa nasce cosa: alla lunga, le origini vendono sempre a galla.

La meditazione su ciò che sta avvenendo  in ogni settore è d’obbligo: faccio fatica ad immaginare una lenta ma inesorabile discesa verso il male, verso la violenza fisica e morale. Quest’ultima, per l’appunto, sta giocando un ruolo assai pericoloso nel consolidamento dei rapporti interpersonali. E mi viene da dire che fa più male la vessazione verbale di quanto lo possa fare quella fisica, sempre entro certi limiti senza giungere agli estremi.

Usare terminologie straniere non fa parte delle mie consuetudini, per cui un mio accenno alla violenza morale sul posto di lavoro si materializza nell’assillante critica distruttiva dell’operato altrui, diretto dipendente scelto come vittima sacrificale del potere. Di quello stesso potere che distrugge chi lo mette in pratica senza le dovute cautele, senza cioè pensare che un domani potrebbe divenire lui stesso oggetto di particolari attenzioni.

Certo la violenza fisica è più visibile, specie quando raggiunge i casi estremi; ma non bisogna dimenticare che il più delle volte è l’atto conclusivo di un processo induttivo che ha radici profonde. Il che non giustifica affatto la sua materializzazione nelle estreme conseguenze, anzi dev’essere tema di riflessione e di maturità: quella che si acquisisce sul campo, a contatto diretto con gli eventi del quotidiano spesso avaro di giusti riconoscimenti.

Un concetto, quest’ultimo, facile da esporre ma molto meno facile da mettere in pratica; forse il rimedio esiste e sta nella cultura individuale, quella che spesso si materializza nel nozionismo qualunquista che non produce nulla di sostanziale e positivamente concreto.

 

                                                                                                    Massimo Calleri

 

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Articolo pubblicato il 19/06/2016