Il ballottaggio a Torino

Ancora una volta vale il vecchio aforisma andreottiano: “Il potere logora chi non ce l’ha”

Siamo ormai alle battute finali del ballottaggio per l’elezione a sindaco di Torino fra Piero Fassino e la pretendente a succedergli Chiara Appendino.

Non c’è dubbio che i contendenti abbiano speso nella campagna elettorale una quantità di energie ma non c’è neppure dubbio che, nonostante gli innumerevoli dibattiti e i commenti di autorevoli politologi, un paragone fra i due aspiranti sembri alla fin fine improponibile.

Non risponde infatti ai criteri di una valutazione imparziale porre di fronte un personaggio che da anni milita sulla scena politica in qualità di sindaco e un altro che si propone per la prima volta di ricoprire una carica tanto prestigiosa quanto impegnativa.

A vantaggio del primo vi è la storia recente della città e la sua attuale situazione, percettibile e giudicabile direttamente da ciascun cittadino senza che occorra la mediazione dei partiti.

Può essere utile a questo fine comparare l’Amministrazione di Torino con quella di altre città italiane con il risultato che, seppure non immune da pecche e dunque perfettibile, la gestione della Città non ha demeritato pur essendosi trovata in questi anni di fronte ad una grave e lunga crisi economica nazionale ed europea che ne ha ostacolato la sua vocazione industriale e tecnologica d’avanguardia.

Lo ha riconosciuto la stessa Commissione Europea che nell’aprile 2016 ha conferito alla Città di Torino il premio European Capital Innovation Awards, quale seconda classificata fra Amsterdam, cui è stato assegnato il primo posto, e Parigi, classificatasi al terzo (a seguire Berlino, Eindhoven, Glasgow, Milano, Oxford e Vienna), con la seguente motivazione: “Alla Città e alle sue politiche pubbliche che sono il perno intorno al quale ruota un ecosistema di innovazione ricco e articolato”.

Per la cronaca, a Torino è stato assegnato anche un premio in denaro di 100.000 euro.

Ma la riqualificazione di Torino ha riguardato anche altri aspetti ( fra cui merita di essere ricordato l’aumento esponenziale del turismo di massa ) che non mette conto di elencare in questa sede perché, come ho già sottolineato, è il torinese che ha la possibilità di valutare le modalità con le quali è stato gestito il potere in questi anni e se i risultati raggiunti dall’Amministrazione guidata da Fassino siano stati positivi e se sì in quale misura.

Il confronto fra i due candidati però termina quì per mancanza di qualsiasi utile elemento di giudizio da valere a favore o a sfavore della Appendino dichiaratasi tutta “rinnovamento e legalità”.

Non è di certo sufficiente che i suoi supporters facciano riferimento in ogni occasione utile all’appellativo di “bocconiana” (termine inviso alla più gran parte degli italiani che di “bocconiani” al governo ne hanno avuto abbastanza portandone ancor oggi le conseguenze negative: vedi Governo Monti) con il palese intento di accreditarne una capacità politica, di governo e di amministrazione che, peraltro, salvo l’impresa di famiglia non è mai stata esercitata dalla Appendino la quale, ove fosse eletta, non sarebbe in grado di ignorare le rigorose istruzioni telecomandate di un Direttorio che con Torino non ha nulla a che vedere.

Mi sembra tuttavia poco cortese nei confronti della candidata del M5S non cercare qualche elemento positivo che possa essere invocato in suo favore !

Una accattivante presenza fisica induce senz’altro alla simpatia, peraltro quasi subito stemperata dalla constatazione che asserzioni di dubbia valenza politica vengono presentate come verità non discutibili mutuate dal suo partito (mi è sempre più difficile parlare di “Movimento” !), tanto da giustificare un giudizio di presunzione e di arroganza degne di miglior causa.

L’unico argomento che assumerebbe un certo rilievo potrebbe essere determinato  dall’analisi del suo transitorio seguito elettorale e quindi dalla composizione di quest’ultimo.

Mi riferisco ovviamente agli elettori di fede diversa da quelli del suo partito (che attualmente si segnala anche per la contradditoria partecipazione di giovani industriali, no Tav, centri sociali e altri…) oggi accomunati da un endorsement in suo favore all’unico fine conclamato di battere finalmente la sinistra e di “Mandare Renzi a casa”, con buona pace di chi crede ancora che queste forze politiche operino o potranno operare effettivamente  per il solo bene della Città di Torino.

L’Appendino, trasudante onestà, ha tentato a più riprese di dare agli elettori l’impressione di trovarsi di fronte a una vera forza politica dura e intransigente,  dichiarando con forza di voler respingere qualsiasi ipotesi di apparentamento con le altre forze politiche, con una motivazione puerile e lapalissiana ovvero che “il voto appartiene ai cittadini”!

Comodo e un po’ ipocrita rifugio in cui nascondersi, inaccettabile in chi si propone come unica forza innovatrice e depositaria di tutte le verità; a maggior ragione se si pensa che, in caso di elezione, l’Appendino dovrà operare per il governo della Città alleandosi per forza, contrariamente ai suoi conclamati propositi, con una destra composita e sconnessa, andreottianamente logorata da una vana rincorsa alle leve del comando che dura ormai da anni e che pensa soltanto ad una coalizione meramente strumentale pur di raggiungere finalmente l’agognata meta.

A prescindere da una critica oggettiva e puntuale nonché da una corretta valutazione degli interessi della Città e da una realistica progettualità per soddisfarli.


Sarà interessante vedere a quali conclusioni giungeranno i torinesi!

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Articolo pubblicato il 17/06/2016