La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini

Torino, 1853: il daziere Giuseppe Antonelli, finto avvocato e assassino vero

Nel mattino dell’11 novembre del 1853, a Torino si scopre che la signora Clara Cornaglia vedova Brizio nella tarda serata è stata barbaramente uccisa e derubata nella sua abitazione, al terzo piano di via Santa Teresa n. 12.

La donna è stesa al suolo, in un lago di sangue, crivellata da diciotto pugnalate e si osservano serrature forzate, sedie rovesciate e macchiate di sangue, mobili con cassetti semiaperti, carte sparse in disordine.

Sono stati rubati una forte somma di danaro, capi di biancheria, parecchi gioielli con diamanti, oggetti d’oro e posate di argento.

Questo crimine fa scalpore, perché è avvenuto nel centro della città, in una via molto frequentata e in una casa assai popolata.

Le indagini sono condotte dalla Sezione di pubblica sicurezza Monviso, diretta dall’avvocato Gaudenzio Gallois. Sulle prime, gli inquirenti non sanno a chi attribuire il delitto.

Una amica intima della vedova Brizio, Camilla Degallis, che ne frequentava la casa, dice di avervi più volte incontrato un misterioso corteggiatore, il sedicente avvocato Cavallo che, dal 28 ottobre, faceva visita alla vedova. Era un bel giovane elegante, biondo, col pizzo, i capelli pettinati con la riga al centro, con un caratteristico modo di camminare leggero, come di un ballerino.

La vedova Brizio, molto guardinga, chiudeva con cura le porte e non apriva con facilità a sconosciuti. Ma era molto contenta delle visite dell’avvocato Cavallo, che si recava da lei dalle 6 alle 7 della sera, con modi misteriosi, come per non farsi riconoscere, e mostrava di avere un impegno inderogabile per le ore 8 della sera, rivelandosi tanto impaziente che la Brizio era rimasta indispettita e sospettosa.

Dalla sera fatale del 10 novembre, l’avvocato Cavallo è sparito nel nulla.

A questo punto, inizia una vera persecuzione nei confronti di Camilla Degallis.

Un misterioso individuo chiede continuamente informazioni su di lei, si aggira nei dintorni e nel cortile della casa dove abita, guarda le sue finestre come se volesse arrampicarsi, bussa di notte alla sua porta, le manda dei messaggi e, addirittura, avvelena due grossi mastini di guardia al caseggiato. La Degallis viene anche aggredita due volte, la prima si difende impugnando una lunga forchetta, mentre la seconda volta è protetta da due guardie di pubblica sicurezza incaricate di vegliare sulla sua incolumità.

Alla fine, la Degallis, sentendosi in così grave pericolo, si decide a girare armata di pistola.

Questa persecuzione, verosimilmente, è messa in atto dall’assassino, il sedicente avvocato Cavallo.

Per scovare questo misterioso personaggio, il vicebrigadiere Luigi Penna e la guardia Emanuele Lequio, che si occupano dell’indagine in modo particolare, ricorrono a un espediente, tipico del metodo investigativo dell’epoca.

Con l’assenso dell’assessore Gallois, i due poliziotti cooptano Emilia Quaglia vedova Gastaldi, soprannominata la Celestina o la Genovese, tenutaria di un postribolo in via della Palma (via Viotti) n. 12: la Genovese ha già prestato molti servizi del genere alla polizia e si crede opportuno incaricarla anche di questo affare.

La decisione si rivela proficua.

Un individuo si presenta infatti alla Genovese, le offre i suoi servigi per scoprire il colpevole, e, descrivendosi come molto furbo, le spilla qualche soldo, senza concludere nulla.

Si scopre che costui è Giuseppe Antonelli, nato a San Martino Siccomario (oggi in provincia di Pavia), di 23 anni, già guardia del dazio del municipio di Torino, soprannominato l’Avvocatino dai commilitoni e dagli amici. Antonelli ha mostrato di possedere un’insolita quantità di denaro e, per questi sospetti, il 24 aprile 1854, viene arrestato.

È accusato di avere ucciso la signora Clara Brizio per derubarla, dopo averla corteggiata, spacciandosi per avvocato, in modo da entrare in confidenza con lei e conoscerne le ricchezze. Quando corteggiava la vedova Brizio, Antonelli come guardia daziaria doveva presentarsi all’appello in caserma alle 8 di sera: ecco perché mostrava di avere un impegno inderogabile per quell’ora. Subito dopo il delitto aveva disertato, per darsi a vita dissoluta, e si era proposto alla Genovese come “investigatore” per allontanare i sospetti.

Al processo, Camilla Degallis è una testimone basilare per l’accusa: riconosce il sedicente avvocato Cavallo in Giuseppe Antonelli, anche se questi si protesta innocente ed è difeso in modo valoroso dall’avvocato Raffaele Conforti (Calvanico, Salerno, 1808 - Caserta, 1880), al tempo esule a Torino.

La Corte di Appello di Torino, prima sezione criminale, con sentenza del 31 marzo 1856, condanna a morte Giuseppe Antonelli, che viene impiccato il 26 giugno 1856.

Oltre che nel ruolo di vittime oppure di criminali, le cronache della Torino risorgimentale ci fanno scoprire donne nella funzione di investigatrici, anche se con connotazioni poco istituzionali: la vittima di questo delitto è una donna ma l’indagine è stata risolta e il colpevole è stato arrestato per l’intervento di un’altra donna, sia pure la tenutaria di un postribolo.

L’immagine del delitto posta in apertura è tratta dalla quarta di copertina del “Petit Journal” del 5/11/1889.

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Articolo pubblicato il 24/06/2016