L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: La Repubblica ha 70 anni, ma le rughe della Costituzione nessuno le sistema

S’infiamma il dibattito politico in vista del referendum costituzionale di ottobre, ma si eludono le effettive necessità di aggiornamento della Carta Costituzionale

Giovedì la Repubblica ha compiuto 70 anni. Infatti il 2 giugno 1946 gli italiani furono chiamati alle urne per pronunciarsi sulla forma istituzionale dello Stato e cioé, tra Monarchia e Repubblica.

Agli Italiani fu poi comunicato che scelsero quest’ultima, anche se continuano ad emergere cronache e racconti su presunti brogli e circostanze poco edificanti per forzare il Re a partire per l’esilio, prima della proclamazione ufficiale dell’esito referendario, nei quali parrebbero coinvolti  Alcide De Gasperi ed i principali ministri del suo governo.

Inoltre, gli italiani quel giorno elessero i 556 Costituenti, cioè i componenti di quell’assemblea che avrebbe dovuto redigere la Costituzione.

Le radici dell’attuale situazione italiana, contraddistinta da luci e ombre, tra slanci identitari e omologazioni egualitaristiche, tra libertà individuali e retaggi di collettivismo statalista difficili da stroncare, vanno ricercate tra gli esiti di quella consultazione.

La stragrande maggioranza di quei 556 costituenti, infatti, apparteneva alle tre maggiori tradizioni culturali italiane: quella cattolico-democristiana (207 costituenti), quella socialista (115 costituenti), quella comunista (104 costituenti). La suddivisione dei rimanenti 130 seggi risultò polverizzata tra almeno altri dieci partiti, solo in parte sensibili ai valori liberali.

Ne derivò che la componente liberale e democratica risultò largamente minoritaria in seno all’Assemblea Costituente.

Così la nostra Costituzione é attentissima ai valori della solidarietà, dell’interclassismo e dell’uguaglianza, ma lacunosa sul fronte del riconoscimento dei diritti individuali, in primo luogo la proprietà, non a caso confinata nella seconda parte della Carta, e dunque assente dalla prima parte, quella dei Principi fondamentali, considerati tendenzialmente immutabili e resistenti a ogni ipotetico tentativo di stravolgimento. 

Non si deve poi dimenticare che nel 1946 l’Italia era ancora scossa dal ventennio fascista. Per scongiurare una riedizione del fascismo, si scelse la via della Repubblica parlamentare, in grado di evitare l’uomo solo al comando e capace di dare rappresentanza parlamentare a tutte le tradizioni culturali del Paese.

Oggi, a distanza di 70 anni, la cosiddetta “Costituzione più bella del mondo” sembra mostrare le rughe, soprattutto in alcuni punti, e appare bisognosa di un robusto aggiornamento. Gli attuali governanti, si sono concentrati esclusivamente sulla terza parte della Carta, quella dedicata al funzionamento degli organi costituzionali.

Oggi sono in molti a evidenziare la necessità di rivedere anche alcuni articoli della cosiddetta “democrazia economica”, cioè una serie di articoli inseriti nel Titolo III della Costituzione, quelli dedicati ai diritti e ai doveri dei singoli e delle cosiddette formazioni sociali, nelle quali, secondo l’art.2, si svolge la personalità dell’individuo.

Ci si è invece concentrati, negli ultimi due decenni sul terreno del superamento del bicameralismo perfetto, che duplica i tempi e i costi di approvazione dei provvedimenti di legge, costringe il governo ad un uso eccessivo della decretazione d’urgenza e rallenta i processi decisionali, con inevitabili riflessi sulla competitività del sistema Paese.

Per la maggioranza che ci governa ed altri settori del Parlamento, appare ragionevole, considerare superati alcuni meccanismi di funzionamento del potere parlamentare, di quello esecutivo e di quello giudiziario e intervenire sull’architettura dello Stato per semplificarla e snellirne le procedure.

Per altri movimenti di opinione, a prescindere dalle componenti partitiche, il bicameralismo rappresenta ancora una difesa democratica contro i colpi di mano del governo o della maggioranza, con particolare riferimento ai tentativi di stravolgere la legislazione sui temi etici.

Viene invece tralasciato interamente l’approfondimento di quella parte di Costituzione incentrata sui diritti di libertà in campo economico, concepiti in un’epoca in cui la struttura dell’economia italiana era prevalentemente agricola e pre-industriale.

Che senso ha mantenere oggi in vita articoli sull’espropriazione di beni privati o sull’utilità sociale dell’iniziativa economica? Nell’era iper-tecnologica che stiamo vivendo, i fattori immateriali, il capitale umano, la proprietà intellettuale sono elementi sempre più sfuggenti e non catalogabili secondo gli schemi e le categorie del passato.

L’attuale orizzontalità dei processi produttivi e organizzativi, imperniati sulla condivisione delle conoscenze, cozza in maniera stridente con l’impostazione che i Costituenti pensarono di dare a quegli articoli.

Senza contare la mancata attuazione degli articoli 39 e 40 sull’organizzazione sindacale, con la prolungata anarchia delle principali sigle sindacali nel nostro Paese, che ha, di fatto, generato permanente promiscuità tra politica e sindacati.

Oggi il tessuto sociale del nostro Paese è profondamente diverso da settant’anni fa.

L’egualitarismo statalista ha penalizzato molte eccellenze e ha tarpato le ali alla crescita economica. Di pari passo con le modifiche alla terza parte della Costituzione, sarebbe oggi opportuno concentrarsi anche sulla seconda parte, introducendo quei cambiamenti che sono già nei fatti e che potrebbero stimolare le nuove generazioni a sentirsi parte viva dell’auspicabile rinascita del nostro Paese.

Invece si aprirà una fase di scontro in vista del referendum di ottobre, anche perché il presidente del consiglio Matteo Renzi, lo considera un referendum sulla sua azione di Governo, aprendo una sfida con i partiti di opposizione e i gruppi organizzati all’interno del PD.

Ancora una volta si procederà ad una riforma incompiuta, iniziando dagli aspetti che dividono, rispetto a quelli che potrebbero rinsaldare “il partito di coloro che lavorano e rischiano di persona” e che intendono rivendicare il ruolo di cittadini e non di sudditi.

Francesco Rossa
Direttore Editoriale
Civico20News.it

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 05/06/2016