Giuseppe Garibaldi, il dottor Timoteo Riboli e la Società protettrice degli animali

Per impulso di Giuseppe Garibaldi, nel 1872 nasce a Torino la Società protettrice degli animali grazie all’impegno personale del dottor Timoteo Riboli, torinese d’adozione

Siamo a una settimana di distanza dall’anniversario della morte di Giuseppe Garibaldi, che abbiamo commemorato ricordando l’esame craniologico cui, già in vita, lo ha sottoposto il medico Timoteo Riboli, torinese d’adozione.

Il particolare più noto ed enfatizzato della vita di Timoteo Riboli (Colorno, Parma, 1808 - Torino, 1895) è la fondazione nella nostra città, per impulso di Garibaldi nel 1872, della Società protettrice degli animali, sodalizio che la “Gazzetta Piemontese” a suo tempo ha apprezzato e pubblicizzato.

Ne seguiremo quindi la nascita, come emerge dalle pagine di questo quotidiano torinese. Il primo annuncio compare sulla “Gazzetta Piemontese” di venerdì 1° marzo 1872, sotto il titolo “Società protettrice degli animali”.

«Il pensiero di costituire in Torino e per tutta l’Italia una Società protettrice degli animali, come esiste in Trieste fin dal 1839, in Venezia 1858, in Napoli 1861, in Palermo 1868; fu pensiero che nacque nella mente della signora Anna Winter, inglese, che dimorò lungamente in Italia, commossa alle sevizie che vide in Roma e in altri luoghi contro i poveri animali da trasporto e da soma.

Comunicato cotesto pensiero al generale Garibaldi, ed egli a me, l’affidai alla Gazzetta di Torino, la quale mi procurò non pochi uomini serii, che lo accolsero e aderirono di farne parte.

Invito quindi tutti questi signori per domenica prossima [3 marzo] al teatro d’Angennes, ore 2 pomeridiane, alla prima adunanza,

1. Per udire varie comunicazioni;

2. Fissare l’ufficio definitivo;

3. Creare una Commissione per lo statuto fondamentale;

4. Incaricare qualche deputato per la sanzione del Parlamento.

Proteggere gli animali dalle sevizie dei conduttori ignoranti e crudeli, è incivilire la società, è togliere o correggere i vizi che la deturpano colla ubriachezza, coi liti, colla violenza.

Torino, città eminentemente civile, abbisogna di questa istituzione di patronato per camminare di pari passo colle altre centoquarantatre (143) Società, che esistono nei centri più civilizzati del nostro globo.

Le signore e quanti amano di farne parte avranno libero l’ingresso.

Per la signora Anna Winter

Dott. Riboli».   

Lo Statuto della Società protettrice degli animali viene pubblicato sulla “Gazzetta Piemontese” del 18 aprile 1872. Conta sette articoli, i primi due così definiscono le finalità della Società: «Art. 1°. È instituita in Torino una Società protettrice degli animali contro i mali trattamenti che subiscono dai guardiani e dai conducenti.

Art. 2°. Essa si prefigge oltre di frenare questi mali trattamenti:

1. L’istruzione ed il perfezionamento dell’arte dei conducenti;

2. L’educazione loro, e quella dei fanciulli a non incrudelire contro gli animali;

3. L’ammaestramento a propozionare (sic!) le loro forze alle fatiche e agli usi a cui vi si assoggettano;

4. La conservazione ed il miglioramento di essi».

L’art. 3° suddivide i membri in effettivi (pagano una quota di 6 lire annue), benemeriti ed onorari; l’art. 4° indica la necessità di un segnale identificativo per i membri quando svolgono azione repressiva di maltrattamenti, anche ricorrendo alla forza pubblica; l’art. 5° parla dei sistemi preventivi e formativi per evitare le sanzioni; l’art. 6° stabilisce la costituzione di un consiglio direttivo e l’emanazione di un regolamento e l’art. 7° stabilisce la gratuità delle cariche sociali.

«Le adesioni si ricevono per iscritto dalli signori avv. Giuseppe Ormezzano, avv. Cesare Ferrati, piazza Vittorio Emanuele, n. 16. Dott. T. Riboli, via dell’Accademia Albertina, n. 29, non che presso i giornali che lo riprodurranno». Questo comunicato è firmato: «Per la signora Anna Winter e generale Giuseppe Garibaldi presidenti onorari - Dott. Timoteo Riboli».

L’ Ente Nazionale Protezione Animali (E.N.P.A.) nel suo sito fa risalire le sue origini al 1° aprile 1871, data della lettera di Garibaldi al dottor Riboli per attivarlo alla costituzione di una Società protettrice degli animali.

È importante sottolineare lo spirito che anima il massone Riboli nel portare avanti questa iniziativa che rientra nei programmi della Massoneria subalpina dopo la crisi generalizzata che ha investito Torino in conseguenza del trasferimento della capitale a Firenze (1865): la costruzione di una morale e di un associazionismo laico da contrapporre alla forte presenza, in campo sociale e assistenziale, del mondo cattolico.

Riboli pubblica una lettera, lunga, appassionata e polemica, quasi un manifesto che attesta l’adesione della Società a queste idee, il 7 agosto 1875 nella “Cronaca cittadina” della “Gazzetta Piemontese”, col titolo “Che fa la Società torinese protettrice degli animali?”. Con questa lettera, Riboli si confronta con il problema torinese del disagio giovanile, espresso dal fenomeno dei barabba, ed espone alle madri di famiglia le classiche idee massoniche per l’educazione di giovani e giovanissimi a una morale, priva di riferimenti cristiani, vista nell’ottica della Società: con ingenuo ed egocentrico entusiasmo, considera l’educazione materna all’amore per gli animali come la soluzione preventiva alle future devianze comportamentali dei loro figli!  

Leggiamo: «[…] la Società si occupa:

1° Di educare a gentili e miti sentimenti i piccirilli, come dicono i meridionali, che le madri, per un eccesso di falso amore, non sanno fare o non fanno. – Se voi, dissi, signore madri, per tempissimo educaste i bambini a non divertirsi nel martoriare i poveri animali, a non rompere quanto loro capita per le mani, non crescerebbero malvagi e barabba al punto di farvi piangere per la durezza del loro cuore e per l’indifferenza d’affetto che adulti vi portano, e per la nessunissima previdenza di attaccamento che vi dimostrano.

Il cuore del fanciullo chi lo crea? La madre.

Chi gl’instilla modi cortesi, parole dolci, espressioni benevoli? La madre.

[…] Impedire questi sconci, queste barbarie [i crudeli maltrattamenti di animali da parte di bambini], ecco che fa, o che tenta di fare la Società; cioè quello che non avete fatto e non fate voi per allontanare quelle tenere menti (quando saranno adulte), di usare fra loro il coltello; di risparmiare loro il carcere, le catene, la fucilazione, il patibolo. Ecco, signore mie, che fa, o che tenta di fare la Società. […] T. Riboli».

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Articolo pubblicato il 09/06/2016