L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Massimo Calleri: l'esercizio del potere

Una sorta di “Vae victis” contemporaneo

L’esercizio del potere è storico ed appartiene a chi sa coniugare la propria conoscenza con l’appeal necessario per poterlo esercitare con il consenso del popolo, in un modo o nell’altro. 

Certamente ciò che oggi accade scaturisce dall’uso di armi affilate e sofisticate, armate, per l’appunto, con le nuove tecnologie contabili ed amministrative piuttosto che con i tradizionali strumenti di distruzione.

Ma l’effetto è ugualmente devastante anzi, oserei dire, ancor più mortificante in quanto va a colpire con astuzia, celata dietro un paventato stato di necessità, sempre gli stessi soggetti, preferibilmente i più deboli, coloro cioè che non hanno nemmeno più la forza di ribellarsi e subiscono con rassegnazione il Brenno di turno, colui che getta la sua spada sul piatto della bilancia per aumentare il bottino nell’odierno “Sacco di Roma”.

Una sorta di “Vae vicis” contemporaneo, un guai ai vinti che va letto nel narcisismo di chi è stato messo al timone di una barca che fa acqua da tutte le parti e pensa più alla scialuppa per l’equipaggio piuttosto che al ritrovare la linea di galleggiamento.

Questa è la realtà che sottrae ai “vinti” la speranza a beneficio di un dilagante processo induttivo di rassegnazione, di un malessere che non ha più la forza di esprimersi con la dovuta determinazione.

Ed è proprio questa l’arma vincente che scaturisce espressioni repressive che creano l’angoscia e, purtroppo in alcuni casi, l’estremo gesto che sa di liberazione da un nemico che non si può vincere, ma nemmeno combattere tale è la disparità delle forze in campo.

Per cui diviene sempre più improbabile l’atto con cui Furio Camillo, di fronte alla barbara richiesta di riscatto, rientrò precipitosamente a Roma per affrontare Brenno gettando anch’egli la spada sul piatto della bilancia per ristabilire l’equilibrio affermando:

"Non auro, sed ferro, recuperanda est Patria" ossia: "Non con l'oro si riscatta la Patria, ma con il ferro".

Oggi faccio fatica ad individuare il pater patriae che abbia e sappia esercitare il carisma necessario da trasmettere al popolo per ricostruire un tessuto che si va deteriorando in maniera assai preoccupante.

Naturalmente un recupero che percorra gli itinerari della democrazia che esclude la violenza, del confronto leale che sa riconoscere e cambiare ciò che non funziona e non potrà mai funzionare senza il dialogo, senza la presa di coscienza, senza l’umiltà che sa riconoscere i propri limiti.

Un volo pindarico, questo, che segna il trionfo della fantasia e la proiezione verso un mondo irreale e, sotto certi punti di vista, creativo che aleggia sulla scia del distacco dalla realtà di tutti i giorni. Un sogno in cui spesso mi compiaccio ritrovando me stesso, al risveglio, con rinnovata energia e volontà di continuare.

E questo deve essere il motivo conduttore verso il recupero della dignità che ci appartiene, conquistata con il sacrificio e la abnegazione che ha vinto i tanti Brenno che si sono susseguiti nel tormentato prosieguo post bellico.

Oggi non intravedo, tuttavia, un Furio Camillo in grado di dare una svolta significativa alla storia: troppi galli, nel pollaio nazionale sempre più povero, si sono succeduti al “Gallo Senone” del 400 A.C. inseguito dall’orgogliosa ribellione fino ai confini della penisola per poi ritornare precipitosamente ed ingloriosamente nella terra natìa.

 

                                                                                                                 Massimo Calleri

 

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Articolo pubblicato il 29/05/2016