La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini

Storie del vicolo dei Sotterratori (quarta e ultima parte)

Si conclude la storia del vicolo dei Sotterratori, “risanato” a colpi di piccone nell’anno 1886.

Nella Torino dell’Ottocento, anche la via San Maurizio – il tratto della attuale via XX Settembre compreso fra via Santa Teresa e via Garibaldi – appare come una zona degradata del centro cittadino: nella via è altissimo il numero delle prostitute (il Gazzettinista, l’estensore della cronaca cittadina della “Gazzetta di Torino”, preferisce chiamarle generose, donne di partito o, dantescamente, donne di conio). Ve ne sono nelle numerose case di tolleranza, alle finestre e per strada, con il solito contorno di chiassosi viveur, di ubriachi e di teppisti.

Ma via San Maurizio non è una corte dei miracoli, vi abitano anche molte persone perbene che leggono la “Gazzetta di Torino”, alla quale scrivono per invocare un maggior controllo da parte delle Guardie municipali e della Questura.

Una rassegna delle notizie di cronaca nera della “Gazzetta Piemontese” conferma questa situazione.

Subito dopo il Natale del 1870, quando è trascorso poco più di un anno dalla uccisione della guardia Giuseppe Voglino, «Il fabbro ferraio P… Pietro, di 25 anni, nell’uscire ieri sera verso le ore 9 da una casa di tolleranza nel vicolo San Maurizio venne gravemente ferito con arma da punta al costato destro da mano finora ignota. Corsi sul luogo, gli agenti di PS trasportarono l’infelice al Mauriziano, raccogliendo una ciabatta che si vuole fortemente appartenga all’assassino» (G. P., 27/12/1870).

Più curioso l’incidente capitato a un tal G. C., da Pianezza, morsicato da un cane e quindi portato all’ospedale di S. Giovanni per essere sottoposto d’urgenza a cauterizzazione della ferita, metodo usato al tempo come profilassi antirabbica. Il morsicato «Narrò essergli occorso il caso in una casa innominabile di via S. Maurizio» (G. P., 5/2/1878).

Qualche anno dopo, «Ad un tal S. P. che ieri sera si trovava in una casa innominabile di via S. Maurizio, venne rubato il portafogli contenente L. 25» (“La Stampa” 10/11/1881).

Lo stesso giornale riferisce, sotto il titolo “Le meraviglie del telefono”, dell’arresto di un ladro abitante nel famigerato vicolo: «Nel pomeriggio di ieri uno sconosciuto si era introdotto nell’abitazione dell’avvocato S… in via Doragrossa e lo derubava di vari oggetti di uso domestico.

La Questura, avvertita dal derubato a mezzo del telefono Bell, mandava sul posto tre dei suoi agenti, i quali, fatte le opportune ricerche, riuscirono a scoprire il ladro nella persone di tal S. Giuseppe, d’anni 49, bracciante, e, perquisita la di lui abitazione in vicolo San Maurizio 23, si rinvennero gli oggetti rubati. Non occorre aggiungere che il ladro venne subito arrestato».

Certamente episodi questo genere fanno comprendere il clima di festoso entusiasmo del 3 luglio 1886, in occasione dell’inizio dei lavori di risanamento del vicolo e delle case di via San Maurizio.

Su questa lunghezza d’onda è l’anonimo cronista della “Gazzetta Piemontese” col suo articolo “Torino che scompare”, apparso in Cronaca, venerdì 17 settembre 1886, dopo circa due mesi e mezzo di lavoro.

«Mascherata dalla inalterata apparenza della normale vita cittadina, dimenticata od indifferente a tutti, nascosta fra stretta vie, una parte di Torino scompare sotto l’opera risanatrice del piccone.

A chi passa ora per via San Maurizio presso l’incrocio di via Bertola, un insolito chiarore, una nuova gaiezza stupisce lo sguardo.

Il sole è rientrato vittorioso e trionfante colà ove da qualche centinaio d’anni era stato proscritto, la luce invade libera ove non erano che tenebre, l’aria circola purificata ove non erano chi miasmi.

Eppure non siamo che al principio del principio in fatto di risanamento, e per ottenere questo già sensibile risultato, altro non si è fatto che abbattere una sola casa, quella d’angolo tra le vie Bertola e San Maurizio.

È stata essa la prima vittima dello sventramento, vittima incompianta ed inonorata.

Quanti luridumi lascia allo scoperto la rapida demolizione! Quanto marciume di tavole tarlate, di pavimenti sucidi, di muraglie annerite, di tappezzerie lebbrose, di usci e finestre a cento rattoppi.

Tutto cade e viene esportato, e libera man mano si rende una nuova area su cui eleganti case faranno ben presto obliare la via San Maurizio che fu.

E dove l’opera radicale di demolizione non è ancora cominciata, sono spinti però alacremente i preparativi.

Cosi lungo tutta la linea da via Santa Teresa a via Monte di Pietà si spogliano le case delle suppellettili, e qualcuna presenta già le finestre orbate delle intelaiature, ed i balconi privi di ringhiere e delle lastra in pietra, ecc., ecc.

Qualcuno dei locatati di quelle case s’indugia, non certo per amor del luogo (che non si saprebbe davvero comprenderlo), ma per qualche impreteribile circostanza, fino all’ultimo istinto di vita. C’è un albergo che imperterrito sfida il polverio incessante, il mitragliamento dei calcinacci, il piovere dei materiali, e rimane sulla breccia mentre tutto gli cade d’attorno, e mentre la casa stessa in cui ha sedo subì già la capitis diminutio fino al primo piano.

A gettare uno sguardo fra quello rovine ricorre alla mente l’immagine di una città bombardata o crollata dal terremoto, però l’allegra nota del sole invadente toglie ogni tristezza.

Ogni torinese che passa in quel punto getta uno sguardo a quel luridume che scompare e sembra meravigliarsi che in tali catapecchie abbia potuto vivere per tanti anni tanta gente.

Una parte di Torino scompare, ma è la parte più abbietta, più malsana, più viziosa, più vergognosa; non merita davvero un rimpianto».

Anche il nome di via San Maurizio è destinato a scomparire.

Nella seduta del 12 novembre 1886, il Consiglio Comunale di Torino esamina la proposta che il consigliere Ernesto Pasquali ha già avanzato due volte, di dare il nome di XX Settembre alla via Santa Teresa, proposta avversata dalla Commissione per le denominazioni, anche perché non è gradita da proprietari e negozianti di via Santa Teresa che temono sia danneggiato l’avviamento dei loro negozi.

Emilio Sineo vorrebbe dare il nome di XX Settembre alla nuova diagonale (via Pietro Micca), Bartolomeo Gianolio propone il nome di XX Settembre per la via San Maurizio. Sineo ritira la sua proposta e sostiene quella di Gianolio come pure Pasquali. Così è approvata la proposta dei tre consiglieri che presto inizia ad essere attuata come scrive la “Gazzetta Piemontese” di martedì 23 novembre 1886: «[…] dalla parte di quella via non destinata a cadere sotto il famoso piccone demolitore, sono già state rinnovate alcune delle scritte angolari, surrogando al nome del cavalleresco, ma vecchio santo, la data gloriosa che ci aprì le porte di Roma».

Questo articolo è intitolato “Via Venti Settembre” e si direbbe che, sulle prime, le targhe stradali riportassero il numero scritto in parola e non in cifre romane. Come segnala Umberto Ferreri‎ nel gruppo Facebook “Curiosità di Torino”, ne troviamo ancora una, all’angolo con via Garibaldi, ‎sulla casa con le vetrine di una profumeria.

Il 21 maggio 1889, il nome di via XX Settembre viene esteso a tutta la via compresa tra via Sacchi e corso Regina Margherita, con l’unione di via della Provvidenza e di via del Seminario. Dal 1891, si parla della Ditta Olivero, al 54 di via XX Settembre, ancora esistente.

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Articolo pubblicato il 03/06/2016