La scomunica a Federico Pizzarotti.

L'involuzione del M5S da “movimento” a partito politico.

Non c’è alcun dubbio che sul M5S si sia abbattuto un uragano politico che rischia di attenuare la simpatia dimostratagli da una parte degli elettori.

Le reazioni del Movimento di fronte agli avvisi di garanzia notificati al sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, e a quello di Parma, Federico Pizzarotti, hanno fornito una evidente dimostrazione di inadeguatezza politica che elimina ogni illusione sulla capacità dei suoi rappresentanti di gestire, almeno per ora, la “res publica”.

Per dare lustro alla sua esistenza il Movimento ha giocato tutte le sue carte sull’etica e sul giustizialismo ad oltranza, sorprendentemente falliti nei pochi posti di potere di un certo rilievo che finora è riuscito ad aggiudicarsi.

Di fronte a questi avvenimenti infatti è venuta a mancare proprio quella identità morale sulla quale ha insistito il Movimento sin dalle sue origini e che gli ha consentito di aggiudicarsi finora il consenso di quella parte di cittadini stanchi di essere governati da una politica ormai avvezza a troppi scandali.

Ma ciò che più sorprende del M5S non è che esso sia incappato nei due episodi di Livorno e di Piacenza (non era difficile capire che prima o poi poteva capitare) bensì che i suoi rappresentanti abbiano rivelato una  sconcertante discordanza di idee nell’affrontare la crisi.

Crisi che, unitamente alla mancanza di un retroterra di cultura politica, sociale ed economica, rivela ancora una volta il dilettantismo del Movimento, al quale, in ultima analisi, sembra sempre più difficile  affidare le sorti del paese.

A ciò si aggiunga la presenza in seno al Movimento di posizioni diverse nei confronti dei due sindaci.

L’uno, mi riferisco a Nogarin, ossequioso interprete delle direttive di Grillo, ha ricevuto le più ampie manifestazioni di solidarietà del Movimento che si è così dimostrato garantista unicamente nei confronti dei propri rappresentanti; l’altro -già in odore di scomunica- ha avuto dapprima un fievole quanto irrilevante appoggio dal Movimento, dal quale lo stesso Grillo si era ostentatamente dissociato con il suo significativo silenzio.

Ma non è finita.

Alla faccia della democrazia e sulla sola direttiva di Davide Casaleggio (di fronte al quale Beppe Grillo si è prostato) è arrivata la scomunica per futili quanto pretestuosi motivi che non possono nascondere le divisioni interne ormai non più sanabili.

Dunque, i primi casi di indagine giudiziaria che hanno colpito il Movimento denotano una sostanziale identificazione con i comportamenti addebitati agli altri partiti politici di fronte agli avvisi di garanzia e, di seguito, un'ulteriore sostanziale adesione a quella che è ormai la prerogativa di tutte le forze in campo e cioè una lite che si preannuncia irrinunciabile fra le opposte fazioni di uno stesso partito.

Non è più sufficiente avanzare sulla ribalta al grido di “onestà, onestà” quando, dopo pochi anni dalla sua nascita, il M5S non sembra potersi fregiare ulteriormente di un acronimo che vede impallidire  il vero significato che gli si voleva attribuire, in quanto non più di “movimento” si tratta bensì di un vero e proprio partito in nulla diverso dagli altri.

Con l'aggravante di un preoccupante presagio di volatilità come accadde a Italia dei Valori e in buona parte a Scelta Civica

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Articolo pubblicato il 14/05/2016