Brexit si, Brexit no: l' impatto sull' economia di un' eventuale uscita dell' Inghilterra dall' UE

Il referendum sulla Brexit è fissato per il 23 giugno 2016 in Inghilterra

La data per il referendum inglese sulla Brexit, cioè l' uscita o meno dell' Inghilterra dall' Unione Europea, è stata fissata dal premier in carica inglese Cameron in data 23 giugno 2016.

 

Avvicinandosi a tale scadenza, molti si chiedono cosa significhi per l' Inghilterra stessa e per ogni Paese componente l' UE l' impatto di questa decisione, ma è certo che vi è molta incertezza in merito, soprattutto per quanto riguarda quello squisitamente finanziario sui mercati che sono inevitabilmente legati tra di loro a filo doppio, croce e delizia dell' economia globalizzata.


L' interesse alla vicenda è stato anche dimostrato da Obama, che è volato il 22 aprile scorso in Inghilterra principalmente per sostenere Cameron nella sua campagna per evitare di uscire dall' UE. USA e UK sono apparentati da legami molto più forti che tra Inghilterra ed ogni singolo Paese europeo, tant'è che c'è il detto d' oltremanica, che tradotto suona così : " America e Inghilterra sono due nazioni in comune divise da una lingua non in comune", ironizzando sul fatto che effettivamente le lingue dei due Paesi differiscono in alcune loro parti, e che le due nazioni sono molto simili per tradizioni, economia e cultura. Con molta probabilità, quindi, una spinta di Obama a rimanere nell'UE potrebbe convincere molti euroscettici inglesi a rivedere certe loro posizioni isolazioniste. 

 

Mentre i sondaggi vanno man mano perdendo di intensità e frequenza, gli economisti e i businessmen inglesi riferiscono che i loro grandi interlocutori sono interessati ad altro. Le domande sulla strategia di riduzione del deficit della Gran Bretagna o la sincronizzazione con altri membri UE per l' aumento dei tassi di interesse sono argomenti fuori dall'ordine del giorno in quanto gli investitori iniziano a valutare  concretamente la prospettiva del voto di una presumibile uscita dall' UE.

Se i consumatori e le aziende ritardano le loro decisioni di spesa a seguito del referendum, la ripresa economica del Regno Unito potrà essere compromessa. Cameron sta cercando in tutte le maniere di scoraggiare i suoi elettori a votare per l' uscita dalla UE, proprio per evitare l' ormai scontato effetto boomerang sull' economia del Paese.

 

Abbiamo scandagliato recentemente sui giornali anglosassoni, in primis “ The Economist”, quali sono i punti di vista degli esperti economici, dei consumatori e di alcuni opinion leader di varia estrazione sociale sugli effetti di una possibile uscita dell' Inghiterra dall' UE, nota come Brexit. Ecco quanto risulta da quest' ultima disamina:

 

Il consumatore

 

Il consumatore britannico ha rappresentato la forza trainante della ripresa economica e sembra essersi scrollato di dosso le preoccupazioni Brexit. Vicini all' inflazione zero durante l'anno passato, questo fatto ha significato aumenti salariali molto bassi, ma i consumi sono stati alimentati attraverso chi dispone di reddito più elevato. Le vendite al dettaglio continuano a funzionare bene e il credito al consumo è in crescita del 9,3 per cento anno su anno. La fiducia dei consumatori, nonostante sia lontana dalle vette viste lo scorso autunno, è ancora alta per gli standard storici.

 

Tuttavia, nel dettaglio del sondaggio per quanto riguarda la fiducia dei consumatori, un cuneo notevole si sta sviluppando tra la percezione delle famiglie della propria situazione finanziaria e l'economia nel suo insieme. C'è stato un calo di 18 punti percentuali dallo scorso marzo, ed è questo il modo in cui i consumatori si aspettano che l' economia generale si comporti nel corso dei prossimi 12 mesi. Ma c'è stato un calo di soli 2 punti durante l' ultimo periodo, quello in cui la gente si sta preoccupando di quali siano le prospettive per le loro finanze personali dopo il referendum.

 

UK plc ( Comunità inglese relativa al commercio)

 

Non vi è dubbio che l'incertezza Brexit stia colpendo la fiducia delle imprese, in particolare quelle più grandi che, a causa del loro profilo internazionale, sarebbero più esposte all' uscita dall'UE.

 

Tutti i sondaggi stanno raccogliendo opinioni da non sottovalutare. Nelle ultime settimane un gruppo di lobby di business ha registrato un forte calo di ottimismo tra compagnie finanziarie relativamente ad una  indagine tenuta a marzo, mentre Deloitte ha mostrato che le intenzioni di investimento sono al livello più basso da tre anni a questa parte. Entrambe le fonti imputano questa incertezza al rischio Brexit.

 

L'impressione chiara è che le grandi imprese si sono arenate prima del voto e che stanno ritardando eventuali decisioni da prendere. Gli ultimi dati ufficiali mostrano che gli investimenti delle imprese è sceso del 2 per cento nel corso dell'ultimo trimestre dell'anno.

 

Il mercato del lavoro

 

Il ritmo di creazione di posti di lavoro ha rallentato un po' quest'anno. Il numero di persone occupate è aumentato di 205.000 unità nei tre mesi fino a dicembre, ma solo di 116.000 nei tre mesi seguenti gennaio 2016. La maggior parte dei sondaggi segnalano anche deboli intenzioni di assunzione.

 

Tuttavia, accanto al referendum ci sono altri grandi cambiamenti in atto nel mercato del lavoro nel Regno Unito, tra cui l'introduzione del nuovo salario minimo più alto, che vedrà almeno £ 1.8 di valore per persone che riceveranno un aumento di stipendio. Le preoccupazioni più grandi sono nel settore finanziario, come dimostra il grafico sottostante che vede la finanza quale settore più esposto quanto a transazioni con l' UE.

 

 

 

 

I mercati finanziari

 

Qui il quadro è molto composito. Mentre nel mese di gennaio il governo ha subito una raro default in un'asta del debito, cioè per titoli di stato, con un numero di ordini che copre appena l' offerta, recenti aste sono andate meglio. La risposta alla necessità di trovare rendimenti positivi sicuri è ovvia: solo sbarazzandosi finalmente di preoccupazioni politiche di questo tipo. Il giorno in cui è stata annunciata la data del referendum, una vendita di titoli indicizzati all'inflazione ha attratto offerte di £ 10,5 miliardi (quattro volte la quantità offerta).

 

Il quadro è però molto diverso se visto in sterline, valuta che ha registrato un netto calo dall'autunno. Una serie di dati economici più deboli del normale ha avuto un impatto forte, mentre la scommessa sui tassi di interesse ora è fuori dal tavolo di chi scommette su Brexit, e la stragrande maggioranza degli strateghi finanziari si ripara saldamente dietro al rischio Brexit.

 

Quando Boris Johnson, sindaco di Londra, ha dichiarato il suo proposito di lasciare alla fine del mese di febbraio, la sterlina ha subito il calo più sensibile in un giorno da ottobre 2009. I costi di assicurazione, effetto dovuto al salto nell' ignoto dopo il voto referendario, sono anche aumentati vertiginosamente.

 

Nel mercato azionario, una scarsa performance di quasi tutti i settori ha visto l' indice inglese FTSE chiudere il primo trimestre dell'anno in rosso. Ma in mezzo alle tumultuose prime sei settimane dell'anno - dove la maggior parte dei principali indici globali hanno toccato i minimi per il nervosismo circa l'economia cinese - è difficile dare la colpa solo a preoccupazioni Brexit. L'indice è anche costituito di aziende internazionali, il che significa che preoccupazioni nazionali spesso non hanno lo stesso impatto su altri mercati.

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Articolo pubblicato il 24/04/2016