Omicidio Calabresi - Terrorismo, le 757 firme dell’infamia e della vergogna

Per non tacere dinanzi alla verità

L’editoriale di Civico20 “Torino, Il coraggio della testimonianza ed il dovere di darne memoria” di domenica scorsa, ha suscitato l’interesse e la curiosità di alcuni lettori che ci hanno richiesto un maggior approfondimento sulla vicenda degli oltre 750 intellettuali e docenti universitari che, firmando una lettera contro il commissario Calabresi avevano, seppur indirettamente, contribuito ad alimentare il clima ostile che portò poi all’uccisione del commissario ad opera della Brigate Rosse.

Accogliendo quest’invito, presentiamo una sintesi di quelle esecrabili vicende, il testo della lettera e l’elenco dei 757 nomi, tra cui alcuni molto noti a Torino.

In molti ambienti, e in modo particolare tra  frange sindacali vicine all’eversione e presenti con le loro  rappresentanze anche negli stabilimenti della Fiat, si manifestava solidarietà agli esecutori delle gambizzazioni dei  quadri intermedi o dei i dirigenti d’azienda giustiziati.

I più benevoli esponenti politici della sinistra, arrivarono a definire I terroristi “compagni che sbagliano”.

Il commissario Calabresi, addetto alla squadra politica della questura di Milano e spesso incaricato di controllare le manifestazioni dell’estrema sinistra, convocò nel 1969 il ferroviere Giuseppe Pinelli in quanto indagato per la strage di piazza Fontana. Il 15 dicembre Pinelli morì dopo essere precipitato dalla finestra dell’ufficio del commissario.

Luigi Calabresi si dichiarò estraneo ai fatti, aggiungendo di non essere stato nemmeno presente nella stanza. Cinque poliziotti confermarono la loro presenza e l’assenza del commissario, chiamato a rapporto dal suo superiore. Nell’ottobre del 1975 la sentenza sulla morte di Pinelli, dopo l’inchiesta, escluse sia l’ipotesi del suicidio e definì la morte come accidentale, a causa di un malore. Venne anche confermata l’assenza di Calabresi al momento della morte di Pinelli.

Tuttavia diversi quotidiani, in particolare “L’Espresso” “L’Unità”, imbastirono, senza alcuna prova, una campagna diffamatoria contro Calabresi, accusandolo di omicidio e di torture.

757 intellettuali, ben prima della sentenza definitiva  (il 13, 20 e 27 giugno 1971 sull’Espresso) sull’accaduto firmarono una lettera di accusa contro Calabresi in cui lo identificarono come il responsabile della morte di Pinelli, definendolo «commissario torturatore».

In seguito a tale lettera il clima si infiammò ulteriormente, comparvero minacce sui muri e intimidazioni via lettera, fino a che il 17 maggio 1972, Calabresi fu assassinato da due sicari. Anni dopo si scoprì che i mandati furono Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri, allora leader del movimento e oggi, quest’ultimo, collaboratore di “Repubblica”

Il testo ella Lettera

“Oggi come ieri - quando denunciammo apertamente l'arbitrio calunnioso di un questore, Michele Guida, e l'indegna copertura concessagli dalla Procura della Repubblica, nelle persone di Giovanni Caizzi e Carlo Amati - il nostro sdegno è di chi sente spegnersi la fiducia in una giustizia che non è più tale quando non può riconoscersi in essa la coscienza dei cittadini. Per questo, per non rinunciare a tale fiducia senza la quale morrebbe ogni possibilità di convivenza civile, noi formuliamo a nostra volta un atto di ricusazione.

Una ricusazione di coscienza - che non ha minor legittimità di quella di diritto - rivolta ai commissari torturatori, ai magistrati persecutori, ai giudici indegni. Noi chiediamo l'allontanamento dai loro uffici di coloro che abbiamo nominato, in quanto ricusiamo di riconoscere in loro qualsiasi rappresentanza della legge, dello Stato, dei cittadini”

E’ superfluo precisare che nel corso di questi lunghi anni, molti di costoro si sono distinti in contorcimenti ideologici che giunsero sino a prendere le distanze dalla loro firma, sempre però animati da un intento carrieristico che la Storia può ben documentare.

L’elenco dei 757 firmatari della lettera in ordine alfabetico.

 

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Articolo pubblicato il 18/04/2016