Torino, 16 aprile 1952, L’omicidio di Erio Codecà

Indizi, piste false e un fermato sospetto. Nulla di più?

Erano le 21,15 del 16 aprile del 1952, quando all’altezza del numero 24 di  via Villa della Regina, a Torino, veniva ucciso con un colpo a bruciapelo, l’ingegner  Erio Codecà, uscito momentaneamente da casa, per portare a passeggio il cane.

Codecà, sconosciuto ai più, era invece un alto dirigente della Fiat e precisamente direttore della Fiat Spa ed aveva svolto gran parte della carriera manageriale all’estero, a Bucarest e Berlino.

Codecà non si era mai occupato di politica, ma la prima pista per la ricerca dell’assassino fu politica. Gli inquirenti, forse sviati per aver trovato dopo pochi giorni, nei pressi dell’abitazione un mitragliatore trafugato in periodo bellico, collegarono il ritrovamento con la chiacchiera tra un balordo e due confidenti dei carabinieri.

Giuseppe Feletto, detto Biga, risultato così l’unico indiziato, era un figuro che aveva approfittato della guerra civile per consumare traffici e rapine.

L’imputato fu poi condannato per altri omicidi, ma assolto per il delitto Codecà.

Altri sospetti caddero su un secondo personaggio, che gravitava intorno al PCI e che trovò, nel frattempo un provvido rifugio in Cecoslovacchia. Poi cadde l’oblio, nonostante il ministro Togni, in Parlamento si fosse sbilanciato nell’indicare il colpevole tra qualche cane sciolto dell’estrema sinistra.

Anni dopo un ex senatore comunista, scrisse un libro di fantapolitica che ovviamente cercava di dissipare ogni nube sugli aderenti al suo partito, fantasticando su piste di presunti traffici e collegamenti internazionali consumati da Codecà, per conto dell’azienda, favoriti in particolar modo dai suoi precedenti soggiorni all’estero.

Non si deve tralasciare che in quel periodo le divisioni politiche e il reducismo resistenziale erano ancora fonte di tensione. Poco dopo il delitto sui muri dello stabilimento della Spa, apparve una scritta di riferimento all’uccisione del direttore.

Negli anni immediatamente precedenti, non va dimenticato, alle fonderie della Fiat si verificò anche la misteriosa sparizione di un dirigente che, almeno a quel che ci disse uno stretto famigliare, sarebbe stato buttato nell’altoforno da persone mai identificate.

Così, dopo quell’assoluzione per insufficienza di prove, il caso fu virtualmente chiuso. Forse qualche inquirente, nonostante i 64 anni decorsi, sta ancora indagando, magari per trovare un colpevole “alla memoria”.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 16/04/2016