I vegani hanno ragione? Viaggio tra gli inquinamenti da allevamento.

Deforestazione, contaminazione delle acque, emissioni di gas serra, sterminio di massa. Quanto ci costa veramente una bistecca?

I cambiamenti climatici originati dal riscaldamento del Pianeta, sono da attribuire alle abitudini della razza umana. Consapevolezza che sfiora le coscienze di tutti senza capovolgerne il ritmo, mentre lo sfruttamento delle risorse naturali continua inarrestabile, pilotato dai macroeconomici interessi del monoteismo capitalistico e del suo sviluppo. Perché accade?

L'emissione in atmosfera dei gas serra dovuti all'impiego di combustibili d'origine fossile è una delle cause principali del riscaldamento globale e delle proiezioni future dovute ai suoi effetti. Un degrado noto e quasi accettato dalla civiltà consumistica che divora se stessa in cambio di fugaci illusioni e un ingenuo benessere individualista, ma gli agenti inquinanti hanno anche altre origini.

gas serra permettono allo spettro solare di oltrepassare l'atmosfera e raggiungere la superficie della Terra,  ma formano una barriera al ritorno della radiazione infrarossa (generata dal calore), dalla Terra verso l'infinito. Questa occlusione ostacola il naturale raffreddamento del pianeta, favorendone il riscaldamento. È l'effetto serra e le sue cause sono molteplici.

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I gas serra hanno un'origine sia naturale che artificiale, ma non tutte le emissioni legate alle attività umane, sono da attribuire al consumo di energie d’origine fossile.  Le abitudini alimentari sempre più carnivore dell'uomo moderno hanno una certa responsabilità e un mondo popolato da vegetariani e da vegani sarebbe meno inquinato. Vediamo perché.

Il numero crescente d’allevamenti di bestiame da macello è infatti tra i responsabili dell’immissione nell’atmosfera di importanti percentuali di gas serra e i motivi di questa fonte di inquinamento sono molteplici.

Nella sola, seconda metà del Novecento, la popolazione mondiale è passata da 2,7 a oltre 6 miliardi di unità e, in seguito alle abitudini alimentari legate a un nuovo stile di vita, il consumo di carne pro capite è più che raddoppiato, passando da 45 milioni di tonnellate all'anno nel 1950 a 233 milioni di tonnellate nel 2000.

Nei paesi industrializzati, oggi la media di ogni individuo consuma 224 grammi di carne al giorno; dose che va in crescendo. Dal 2007 al 2008 si è passati da 270 a 280 milioni di tonnellate di carne prodotta nel mondo e la FAO, con l'espansione demografica e l'aumento dei consumi nel continente asiatico, ha stimato che entro il 2050 si arriverà a oltre 465 milioni di tonnellate.

Anche la produzione di latte è destinata a crescere velocemente, passando da 580 milioni di tonnellate del biennio 1999-2001 a 1043 milioni di tonnellate entro il 2050.

L'aumento della richiesta di carne da tavola ha favorito il vertiginoso aumento dell'allevamento intensivo e secondo le statistiche FAO (2007), ogni anno nel mondo vengono macellati circa 56 miliardi di animali, esclusi pesci e animali marini.

La popolazione degli animali da macello è dunque andata a incidere in molti modi con le emissioni dei gas serra e con i naturali tempi di rinnovo delle risorse della Terra (Earth overshoot day).

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L'industria dei grandi allevamenti ha bisogno di immense quantità di acqua e di cibo per il bestiame. Questo è un primo controsenso poiché il medesimo "peso" di nutrimento potrebbe essere destinato per sfamare l'essere umano con un impatto ambientale infinitamente minore.

Il controsenso si dilata se si considerano altri insiemi. La carne è un elemento nutritivo di "secondo livello", perché l'animale cresce cibandosi di elementi vegetali, i più salubri in quanto "primitivi" nella catena alimentare. Inoltre, per raggiungere età e peso vantaggiosi per la macellazione, l'animale ha bisogno di un apporto continuo di cibo ben maggiore di quello che si andrà a ricavare.

Altrettanto per la produzione di prodotti quali latticini e uova.

Il motivo è semplice, nel suo tempo di crescita, solo una piccola parte dell'apporto energetico ingerito dall'animale si trasforma in massa corporea. Il resto serve per il suo ciclo di vita e una buona parte viene dispersa con gli escrementi.

Il rapporto svantaggioso è ampio quanto variabile. Per ottenere 1 kg di carne bovina da macello, ad esempio e a seconda delle caratteristiche dell'allevamento, intensivo o estensivo, sono necessari da 10 a 20 kg di mangime consumato dall'animale nel periodo della crescita, fino al raggiungimento dello sviluppo e della sua massa commerciale.

Il divario è evidente se si calcola che, nel momento della macellazione, il peso delle specie più diffuse destinate alla carne da tavola, si riduce a causa delle percentuali di scarto che, per alcune varietà, arrivano al 50% e quindi, un’ulteriore diminuzione di rendimento è dovuta alla variabilità del pregio dei tagli.

La produzione di cibo destinato agli allevamenti richiede pertanto una grande massa alimentare restituendone poca (numerosi i dati consultabili sulla rete). Un terzo della produzione di cereali mondiale è destinata all'allevamento, con una differenza sostanziale tra Europa e Usa, dove si supera il 50% , mentre in Africa e in Asia scende al 25% e il resto è rivolto al consumo dell'uomo.

Il cereale più usato è il mais, del quale oltre il 60% della produzione è destinato ai grandi allevamenti, mentre raggiunge il 70% la soia, nuovo prodotto redditizio per l'alimentazione intensiva dell'immensa popolazione di bestiame da pentola, che richiede sempre maggiori porzioni di territorio per coltivazioni spesso transgeniche destinate al rapido ingrasso.

Si tratta di produzioni agricole che hanno bisogno di ampi spazi e sono causa di deforestazione, sfruttamento di risorse idriche, inquinamento delle acque, degradazione dei suoli; coltivazioni che vengono effettuate con l'apporto di massicce quantità di pesticidi e di fertilizzanti a base di azoto e di fosforo che in gran parte finiscono nel terreno e nelle falde freatiche.

Il fabbisogno di acqua destinato all'industria dei prodotti di derivazione animale comprende: l'irrigazione dei terreni da foraggio, l’allevamento dell'animale, la pulizia dello stallatico e la preparazione dei prodotti finiti, ed è pari ad un quarto del consumo globale. La deforestazione poi, oltre al degrado dei suoli e all'emissione massiccia di CO2 a causa degli incendi, si ripercuote anche sulla fauna e sulla flora selvatica con l’inarrestabile distruzione delle foreste equatoriali e relativa estinzione per un incalcolabile numero di specie viventi.

Già la deforestazione, con il taglio di immense superfici di vegetazione naturale di grossa taglia, influisce nell'equilibrio tra l'emissione di CO2 e la riconversione in ossigeno, ma non è l'unica causa che contribuisce all'effetto serra. Miliardi di animali respirano ossigeno ed esalano CO2, e poi, metabolizzano, digeriscono, petano, evacuano.

Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Siena, in collaborazione con la Stanford University e l’Università della California, il 10% delle emissioni di gas serra è emesso dal bestiame poiché, se è vero che le emissioni di CO2 rilasciate dall’uso di combustibili fossili e dalla deforestazione sono i maggiori responsabili del cambiamento climatico, il bestiame è responsabile di altri elementi inquinanti scaturiti dai processi digestivi che generano grandi quantitativi di metano e dalla decomposizione del letame, responsabile dell’immissione in atmosfera di ingenti quantità di protossido di azoto.

Metano e protossido di azoto sono sostanze che contribuiscono circa per il 28% al riscaldamento globale.

Analizzando un incremento relativo alle emissioni animali nei soli paesi industrializzati, gli scienziati, studiando 11 diverse specie da allevamento, hanno rilevato che, dal 1961 al 2010 si è registrato un incremento del 51%. Incalcolabile quello degli allevamenti legati alle multinazionali dell'hamburger e della bistecca impiantati nel resto del mondo.

Le razze più inquinanti sono quelle bovine, responsabili del 74% delle emissioni di origine animale. Dopo i bovini, gli animali più inquinanti sono gli ovini, che producono il 9% delle emissioni, seguite dai suini al 7% e dai caprini al 4%.

http://www.greenstyle.it/gas-serra-mucche-causano-74-per-cento-delle-emissioni-100991.html

Per tutto ciò, se le stime si rivelassero esatte ed entro il 2050 la domanda dovesse raddoppiare, si avrebbe incremento di gas serra "aggiunto" insostenibile.

La soluzione esiste: per non incentivare il riscaldamento globale, per buona salute e anche per una forma di rispetto per animali da macello sottoposti a umilianti condizioni di non vita, nonché per la qualità del mangime impiegato, molte volte di origine chimica assai dannosa, sarebbe bene optare per una nutrizione vegetariana o almeno per la dieta mediterranea, a ridotto consumo di carne, basata per lo più su carboidrati, frutta e verdure.

È un’ indicazione legata a un senso di sopravvivenza di cui il genere umano non sembra più essere provvisto. Se si stima poi che gli interessi "di consumo" delle multinazionali sono opposti ai naturali ritmi con cui c'è stato consegnato un Pianeta in ottimo stato, veramente "Dio è morto", il dio denaro ha preso il suo posto e l'ottimismo non è il sentimento più realistico.

È un argomento collegato a molti altri comportamenti autodistruttivi di questa "new age" tecnologica e finanziaria dove i supermercati hanno preso il posto della fattoria, i nostri figli non hanno mai visto una gallina viva e file di confezioni inquinanti, piene di animali morti già cotti e impanati, sono solo una parte di un immenso sbaglio, di cui la bistecca ne è una gran "bella fetta".

Si dovrebbe dunque vivere senza rimpinzarci di salciccia e spezzatini;.non solo il nostro futuro, il presente, l'apparato digerente, l'atmosfera e la foresta pluviale ne avrebbero giovamento, ma miliardi di forme di vita allevate per un crudele sacrificio sarebbero ben riconoscenti per il cambio di stile.

http://www.bdtorino.eu/sito/articolo.php?id=18174

http://www.ciwf.it/impatti/inquinamento/

https://www.reteclima.it/impronta-ecologica-della-carne-carne-come-seconda-causa-delleffetto-serra-2/

http://www.informasalus.it/it/articoli/allevamenti-intensivi-riscaldamento-globale.php

 

Sorge un dubbio: ma chi è veramente il pollo?

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Articolo pubblicato il 10/04/2016