Torino, spese pazze e liste truccate. La giornata nera della politica Regionale

In tribunale le richieste dei PM, in Consiglio regionale l’audizione di Chiamparino, richiesta dal M5S

Ieri la politica torinese ha vissuto una giornata tempestosa, anche se da tempo annunciata.

Alle ultime battute del processo per rimborsopoli, i Pubblici Ministeri Enrica Gabetta e Giancarlo Avenati Bassi hanno chiesto la condanna per tutti i 25 ex consiglieri regionali del Piemonte rinviati a giudizio, per peculato e per alcuni di truffa e finanziamento illecito ai partiti politici.

I loro nomi riecheggeranno ancora in occasione delle arringhe dei difensori.

In particolare le richieste dei PM partono da un minimo di un anno e quattro mesi, per il verde-verde Maurizio Lupi (e la figlia Sara) a quattro anni e quattro mesi per Michele Giovine, leader dei Pensionati.

Gli altri imputati sono  Andrea Stara, Augusta Montaruli, Massimiliano Motta, Angiolino Mastrullo, Alfredo Tentoni, Angelo Burzi, Daniele Cantore, Alberto Cortopassi, Rosa Anna Costa, Roberto Demagistris, Michele Formagnana, Massimo Giordano, Alberto Goffi, Federico Gregorio, Girolamo La Rocca, Lorenzo Leardi,  Riccardo Molinari, Giovanni Negro, Paolo Tiramani e Rosanna Valle.

Nel corso delle udienze la pubblica accusa aveva evidenziato, oltre all’entità dei fondi sottratti alla Regione, la fantasia fertile e perversa che aveva ispirato gli sperperi messi in atto dai politici. L’elenco è sconcertante e in alcuni casi inimmaginabile.

Dal tosaerba di Stara alle oramai note mutande verdi di Cota all’incetta di scontrini raccolti con la velocità della luce, in contemporanea tra Torino, Roma e altre località lontanissime tra loro. La parola alla difesa, comunque!

In questa poco edificante vicenda, l’aspetto che ci fa ancor una volta rimarcare il disprezzo della casta politica nei confronti del cittadino, ha quale protagonista la Lega Nord.

Infatti, mentre tutti gli ex esponenti politici, anche di primo piano, come l’ex presidente della Giunta Regionale Roberto Cota, o in modo spintaneo o spontaneo, sono usciti di scena, Riccardo Molinari è stato imposto a metà febbraio, espressamente da Matteo Salvini, alla carica di segretario Nazionale della Lega Nord Piemont, dopo una votazione al fotofinisch che l’ha visto prevalere di stretta misura, sulla capogruppo della Lega in Consiglio regionale Gianna Gancia.

Anche in questo periodo,  per le trattative e gli incontri per la designazione del candidato sindaco, Molinari è sempre apparso in prima linea, come plenipotenziario di Salvini, oscurando anche il ruolo naturale del segretario provinciale della Lega Alessandro Benvenuto.

Salvini ,che per gli apprezzamenti rivolti alla Magistratura durante l’incoronazione di Molinari, “La Magistratura italiana è una schifezza” è ora indagato per vilipendio, con quale coraggio continuerà a farsi rappresentare da un soggetto in attesa di condanna, non per aver difeso le prerogative democratiche del suo mandato, ma per un meschino e poco onorevole maneggio di scontrini e di spese personali contrabbandate come riconducibili alla funzione  pubblica?

Per l’esattezza, il PM che ha richiesto la condanna a 2 anni e 4 mesi per Riccardo Molinari, gli contesta sperperi per 9041 euro, di cui 4415 per scontrini di ristoranti e bar, alberghi ecc. Tra le altre, emerge la spesa per un appartamento in via Medail a Bardonecchia nel mese di agosto, il pacchetto di  Pall Mall bianche, i sigari toscani, un mazzo di fiori per 28 euro ed altre amenità.

L’altra vicenda dai risvolti anche un pò grotteschi si è consumata nel corso della seduta del consiglio regionale. In seguito alle sentenze del Tar e del Consiglio di Stato sulle presunte firme false, che hanno interessato le liste gravitanti sul presidente Chiamparino, il M5S, da oltre un mese aveva richiesto l’audizione del Presidente della Giunta Regionale.

Oggi   Chiamparino ha  riferito in aula circa la sentenza del patteggiamento di 9 esponenti del PD su 10, tra cui il consigliere regionale Daniele Valle del PD (che tutt’ora resta in carica), per le firme false presentate in occasione delle ultime elezioni regionali.

Il presidente della Regione, si è così espresso “pur in assenza di elementi di novità non mi sottraggo a una risposta. Le varie sentenze di Tar e Consiglio di Stato legittimano formalmente la mia candidatura e, quindi, la mia elezione risulta politicamente inoppugnabile. La conclamata correttezza formale diventa, quindi, un punto fermo sotto il profilo politico. In secondo luogo, c’è una procedura di querela di parte, non saprei cosa aggiungere. Se si dovessero verificare dei problemi di tipo politico gli affronteremo come altri che potrebbero sorgere nel prosieguo della legislatura”.

Sulla comunicazione si apre quindi un dibattito al quale partecipano i capogruppo di M5S, FI e Pd ed alcuni consiglieri del M5S.

L’aspetto non certo secondario di quest’ulteriore sfregio all’etica politica, anche se tiene fuori Chiamparino, non risparmia di certo i funzionari e tutti coloro che si sono occupati della raccolta delle firme.

In un primo momento, Davide Gariglio, aveva definito “imbecilli” i suoi mariuoli. Oggi fa un vistoso passo indietro e porge le scuse. I consiglieri del M5S denunciano l’autoassoluzione, ma restano in attesa della prossime sentenze in sede civile e al Tar,  e  prevedono il conseguente annullamento della lista torinese del PD.

La puntata non è ancora finita.

A Torino stiamo entrando nel vivo di una campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale e la scelta del sindaco, che già presenta risvolti un po’ tanto lunari.

Con quale faccia i partiti, reduci da rimborsopoli e dalla manipolazione della firme, abborderanno i cittadini?

Le prevedibili litanie recitate e non condivise  sull’etica pubblica, la competenza e la dedizione al dovere dei candidati proposti, purtroppo saranno ancor più stomachevoli e rischiano di sortire l’effetto opposto.

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Articolo pubblicato il 06/04/2016