Torino, 5 aprile 1944 “Viva l’Italia Libera”!

Oggi ricorre il 72esimo anniversario della fucilazione del Comitato Militare Regionale

“Signori Ufficiali attenti: Viva l’Italia”, con la fierezza di chi accoglie la morte con la serenità di aver scelto con entusiasmo e lucidità da quale parte schierarsi, Il Generale Giuseppe Perotti, il capitano Franco Balbis, Paolo Braccini, Giuseppe Giambone, Quinto Bevilacqua, Massimo Montano, Giulio Biglieri ed Errico Giachino, affrontarono il plotone d’esecuzione, all’alba del 5 aprile 1944 al poligono di tiro del Martinetto di Torino.

Erano stati condannati a morte il 3 aprile dal “Tribunale Speciale per la difesa dello Stato”, dopo un processo farsa durante il quale tutti avevano affermato di essere rimasti fedeli al giuramento al Re.

Gli altri componenti del Comitato Gustavo Leporati, Giuseppe Giraudo, Silvio Geuna e Piero Carlando, condannati all’ergastolo. Cornelio Brosio a due anni e Valdo Fusi assolto per insufficienza di prove.

Il Comitato Militare era l’organismo consultivo cui aderirono tutti i partiti del Comitato di Liberazione nazionale. Essendo costituito da ufficiali che negli anni precedenti si erano già distinti per meriti militari, in teoria avrebbe dovuto coordinare dal punto di vista tecnico militare le azioni della Resistenza sul territorio piemontese.

Causa una fuga di notizie, la maggior parte dei condannati era stati arrestati nel Duomo di Torino, mentre stavano per riunirsi in una consueta riunione del Comitato.

La testimonianza degli ultimi giorni dei reclusi, poi condannati, ci viene tramandata da Valdo Fusi autore di un testo ripubblicato nel 2011, “Fiori rossi al martinetto”. Lui e Silvio Geuna si prodigarono, dopo il secondo conflitto mondiale, a diffondere soprattutto verso le giovani generazioni, gli ideali che avevano animato la scelta di campo di quella generazione.

A prescindere dagli approfittatori ed i voltagabbana che hanno anche usato la Resistenza a copertura di nefandezze ed interessi personali, i resistenti rischiavano la vita e in molti casi la persero, per garantire un futuro democratico all’Italia, ove si potessero condividere liberamente gli ideali ed i principi di partecipazione alla vita pubblica, con la manifestazione di ogni pensiero politico ed ideologico.

Ogni qual volta ricorre questa ed altre ricorrenze, non è difficile, con un po’ di malinconia, immaginare quanto sconforto e delusione avrebbero maturato i martiri e coloro che misero la loro vita a repentaglio, in questi settant’anni di repubblica.

Molte vicende poco edificanti hanno coinvolto i vertici dello Stato e coloro che continuano a pavoneggiarsi di frasi fatte senza aver mai capito il significato degli ideali consacrati nei principi della nella nostra Costituzione.

Quest’anno alla vigilia dell’approvazione della riforma Costituzionale che di fatto mutila istituti e presidi democratici fondamentali (dal Senato Elettivo, all’istituto referendario, reso ancor più difficoltoso), quei ricordi ritornano in modo ancor più stridente.

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Articolo pubblicato il 05/04/2016