Cronache criminali del passato

15 aprile 1864: a Parigi, il Barbablù delle prostitute ha fatto la sua settima vittima e resta sconosciuto e impunito!

Attenzione: questo testo contiene descrizioni che potrebbero urtare la sensibilità di qualche Lettore!

 

A Parigi, negli uffici della Police de Sûreté, il 15 aprile 1864 tira una brutta aria.

È appena giunta la notizia che una prostituta è stata trovata uccisa. A queste donne capita più spesso che alle altre di concludere la loro vita in modo tragico. Ma, in questo caso, si tratta della settima vittima di un assassino ancora sconosciuto e impunito, che qualcuno chiama Barbablù delle prostitute!

La vittima, Julie Robert, di 26 anni, è stata scoperta, morta da quattro giorni, nel suo alloggio al n. 14 della rue Saint-Joseph. Ha la gola tagliata, è stata quasi decapitata. Ha tentato di reagire: braccia e mani sono coperte di lividi. È stata uccisa a scopo di furto: l’assassino le ha rubato il portafoglio con una piccola somma ma non ha trovato i 1.300 franchi nascosti in una pila di lenzuola.

I testimoni che hanno visto Julie Robert ancora in vita raccontano che era in compagnia di un uomo di taglia media, coi capelli neri a spazzola e con gli occhi particolarmente brillanti, piuttosto inquietanti. Lo hanno già descritto nei sei casi precedenti perché è la settima volta, dal 1861, che questo sconosciuto coi capelli neri massacra delle prostitute per rubare i loro risparmi.

Non agisce a caso: prima si accerta che le sue vittime potenziali vivano da sole e non abbiano protettori. Passa la notte fra le loro braccia, poi le strangola o le sgozza in modo orribile.

Indaga Antoine François Claude (1807-1880), noto come “Monsieur Claude”, capo della Police de Sûreté dal 1859 al 1875. Monsieur Claude ritiene che l’assassino faccia man bassa del denaro delle sue vittime per recuperare quanto ha pagato per la prestazione sessuale, movente curioso ma plausibile.

L’inchiesta però ristagna miseramente. L’assassino appare preciso, intelligente e, soprattutto, inafferrabile.

Il 6 novembre 1864, alle 5 del mattino, alcuni operai che passano davanti al n. 11 di rue Sainte-Marguerite, vedono una donna affacciata ad una finestra che emette grida rauche, inarticolate e sgradevoli. Pensano che sia ubriaca e tirano dritto. Solo due ore più tardi si scopre la verità, quando il protettore della donna avverte la polizia. Dice di essere arrivato in rue Sainte-Marguerite e di aver visto una striscia di sangue che colava, lungo il muro, dalla finestra di una delle sue donne, Flora Mage, di 32 anni. Sul pianerottolo, ha trovato la porta chiusa e la chiave deliberatamente gettata lontano, a terra.

Nella stanza ha trovato i corpi di Flora e di suo figlio, il piccolo Henri di 4 anni, entrambi sgozzati. L’assassino ha infierito sul bambino, il cui viso è irriconoscibile per le coltellate ricevute.

Si ricostruisce la scena. Flora è stata assalita dall’uomo che si è portata in casa e ha cercato aiuto chiamando i passanti. Ma era ferita alla laringe ed ha soltanto emesso grida inarticolate, scambiate per quelle di una ubriacona. Henri, probabilmente svegliato dal trambusto, ha chiamato la mamma e così ha visto arrivare il suo assassino…

Da un’altra prostituta, Sophie Fouché, Monsieur Claude ottiene una prima informazione costruttiva. L’assassino, sempre il misterioso sconosciuto coi capelli neri, è passato il giorno prima in rue Sainte-Marguerite ed ha sollecitato le prestazioni a pagamento di Sophie, che l’ha condotto a casa sua.

Mentre questo cliente si infilava nel letto, Sophie, con la coda dell’occhio, lo ha visto nascondere sotto la camicia un voluminoso pacchetto di forma oblunga.

Impaurita, lo ha pregato, prima di passare alle “cose serie”, di accompagnarla al caffè all’angolo a bere un bicchierino. Lui ha acconsentito e così Sophie ha confidato i suoi timori alla padrona del caffè, sua amica, poi è  fuggita passando dalla cucina. La padrona ha parlato di voler chiamare la polizia e questo ha fatto smammare l’uomo!

Sophie ha avuto il tempo di vederlo a braccia nude: sull’avambraccio sinistro ha notato un tatuaggio a forma di fiore e, sopra questo, queste parole: “Nato sotto una cattiva…”. Una stella conclude la frase.

Si cerca, invano, quest’uomo tatuato. Passa un anno. Le prostitute poco a poco si tranquillizzano.

L’8 gennaio 1866, la serie nera ricomincia.

Al pianterreno del 54 di rue la Ville-l’Évêque, si trova il commissariato del quartiere. Al 2° piano vive e lavora la prostituta Marie-Victorine Bodeux che l’inquilino del 3° piano, il signor Maloiseau, di 73 anni, considera come una parente, come una figlia.

Alle 11 e mezza della sera, Maloiseau torna da una passeggiata notturna e va ad augurare la buona notte alla sua protetta. Si trova faccia a faccia con un uomo che si precipita a gran velocità giù per la scala. Maloiseau scopre così che Marie-Victorine è stata sgozzata, la sua testa è quasi staccata dal tronco. Il sangue ha zampillato sui muri e allagato il pavimento.

Monsieur Claude accorre nell’alloggio e Maloiseau, assai impressionato, gli spiega che l’assassino ha ucciso per niente: lui era stato incaricato da Marie-Victorine di custodirle i risparmi, nell’alloggio della vittima ci potevano essere, al massimo, cento franchi!

L’assassino delle prostitute ha fatto la sua decima vittima.

E questo suo ultimo crimine è stato commesso sopra un commissariato di polizia!

L’11 gennaio 1866 la vedova Midy, pittrice, riceve nel suo appartamento al n. 3 di rue d’Erfurth, uno sconosciuto che indossa una blusa. L’uomo dice di essere un operaio del corniciaio che lavora per la pittrice, venuto a recuperare alcuni utensili dimenticati la settimana precedente. La vedova Midy lo fa entrare, gli volta le spalle e allora lo sconosciuto la incappuccia con una federa di guanciale e tenta di strangolarla attraverso il tessuto.

La donna morde la mano dell’assalitore, questi allenta la presa, lei recupera il fiato e urla per chiedere aiuto. Un vicino di casa, anche lui pittore, esce sul pianerottolo, vede lo sconosciuto che scende le scale e che gli dice, con calma: “Non è niente, la signora Midy ha appena avuto un mancamento”.

Poco convinto, il pittore gridando “Fermatelo!” insegue l’uomo che fugge. Quando l’aggressore esce in strada, va a sbattere contro due provvidenziali agenti di polizia. Uno gli fa lo sgambetto e lo fa stramazzare sul marciapiede dove cadono anche una federa macchiata di sangue e un grosso coltello da cucina ben affilato.

L’arrestato è bruno, i suoi occhi hanno un inquietante riflesso tenebroso, sul braccio ha un fiore tatuato con la frase “Nato sotto una cattiva…” e una stella.

Si chiama Louis-Joseph Philippe.

È nato il 1° ottobre 1831 a Villeminfroy, in Alta-Saona. È l’assassino delle prostitute cercato da 5 anni. Ha fatto molti lavori, cuoco, palafreniere, corniciaio e garzone macellaio.

Nella sua miserabile soffitta, in rue de Seine n. 10, si scoprono vari oggetti rubati alle sue tre ultime vittime. Philippe non vuole ammettere gli omicidi delle altre sei prostitute.

Al processo, il 17 giugno 1866, decine e decine di ragazze che ha abbordato negli ultimi 5 anni testimoniano la sua violenza.

Una, aggredita il 1° marzo 1864, si è salvata in extremis.

Una certa Madame Sirot ricorda che, in un caffè di piazza della Borsa, ha udito Philippe dire: “Io amo molto le ragazze, e le sistemo a dovere. Io taglio loro il collo e mi riprendo il mio denaro. Sentirete parlare di me. Io sono destinato alla ghigliottina”.

Condannato a morte, Philippe viene ghigliottinato il 24 luglio 1866.

Ha ammesso anche i suoi primi sei crimini ma non sono mai state comprese le reali motivazioni che lo hanno spinto a commetterli.

Sylvain Larue, autore del libro “Les Grandes Affaires Criminelles de Paris″ (2007), consultato per questa ricostruzione, scrive: «È difficile tuttavia non vedere in [Philippe] un serial killer perché anche se nel delitto vi era un furto, vi è anche un risvolto sessuale che non si può ignorare».

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Articolo pubblicato il 15/04/2016