La madre di Giulio Regeni sfonda il monitor della tv.

La tortura, la sofferenza, la dignità, il richiamo alle cariche dello Stato per la terribile, oscura morte di un ragazzo italiano.

29 marzo 2016, ore 20. Al telegiornale della sera, la madre di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto, racconta con disperata freddezza le torture subite dal figlio.

Sono immagini terribili fatte di parole che schizzano dal cuore di una madre e tremende, si diffondono: "abbiamo visto tutti i mali del mondo, il suo viso era piccolo piccolo, l'ho riconosciuto dalla punta del naso".

Frasi brevi quanto impressionanti che riassumono una tortura subita e applicata al di fuori di ogni immaginabile sofferenza, frasi agghiaccianti, mentre il volto del padre, lontano e raggrinzito dal dolore, partecipa anche se tace.

Il ragazzo italiano è passato attraverso ogni porta dell'inferno, questo lo si era già intuito, ma solo la voce quasi fredda di una madre tanto lucida, quanto certamente devastata, è riuscita a farlo penetrare nella coscienza di chi ha ascoltato ciò che non si vorrebbe sentire mai.

E poi, con altrettante poche parole, precise e strazianti, ha richiamato i nostri timidi e prudenti rappresentanti dello Stato a comportarsi degnamente, ad alzare la voce nel nome del popolo italiano, terminando con una velata, dovuta, potente minaccia: "non divulgheremo le immagini dell'autopsia, a meno che non saremo obbligati a farlo".

Pochi minuti di telegiornale, un momento di grande intensità emotiva.

Le menzogne del Cairo sulla terribile sorte del giovane, sono un'offesa per il nostro Paese e la famiglia, quanto l'Italia intera, vuole verità e giustizia.

Non vi sono motivi per giustificare tanta violenza, ancor di più se le ipotesi di un messaggio diretto ad occidente sono da prendere in considerazione; barbara sorte di un giovane europeo scelto con attenzione per una mirata, feroce dissuasione, indirizzata ad altri da parte di un regime che non tollera interferenze.

Consentire il ritrovamento del cadavere martoriato, anzichè farlo sparire, è un'ulteriore prova del fatto meditato.

Probabilmente Giulio è capitato nel luogo e nel momento sbagliato, capro espiatorio di una politica che vuole estromettere ideologie occidentali e voci alternative alla propria sovranità del terrore.

Ma in questo scenario ancor più raccapricciante, legato a un meditato, feroce e scoraggiante segnale di dissuasione, forse Giulio non è stato scelto a caso. Altre nazioni europee o d'oltre oceano avrebbero reagito con ben altra voce.

Anche questo è un segnale che forse l'Italia buonista, politicamente farfugliante e socialmente sempre più confusa, nel balletto dei pesi e degli interessi internazionali, oggi è vicina ad essere l'ultima ruota del carro.

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Articolo pubblicato il 30/03/2016