L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS. ROMANA ALLEGRA MONTI: Utero in affitto? No alla compravendita di bambini, nemmeno tra adulti consenzienti

Una pratica che non solo non va difesa, ma che non ha nulla a che fare con il progresso e il progressismo di sinistra: lo stesso Antonio Gramsci, nel lontano 1918, scrisse di essere contrario

Quest’oggi per l’editoriale della domenica, tratterò di un tema che fa discutere molto e che è sempre considerato come “scottante”: sto parlando dell’utero in affitto.

Lo scorso martedì il Consiglio d’Europa ha votato contro l’utero in affitto, seconda istituzione europea a prendere questa decisione: la battaglia è stata portata avanti da due senatrici italiane. Pensate forse che mi voglia scagliare contro questa decisone?

Invece no. A mio modesto parere i bambini non si comprano, non si commissionano e non si vendono, neppure tra adulti consenzienti. Ci sono molte ragioni per cui considero questa pratica – e questo sito http://www.uteroinaffitto.com/ - un qualcosa che non deriva da un fantomatico “progresso”, ma da un momento storico di retrocessione, una sorta di buio Medioevo in cui sono e siamo costretti, per caso, sorte o per quello che volete, a crescere e vivere.

Intanto, perché è espressione di un privilegio che solo una classe o gruppo di persone ristretto e facoltoso può permettersi: una ricca coppia, gay o etero che sia, compra un bambino da una donna “libera” (ma solo nella teoria), di vendere il frutto dei suoi lombi, per procurarsi del denaro, molto denaro, che non ha. Femministe, o presunte tali, potete obiettare che tanto il corpo è suo e la donna lo può gestire come le pare, anche venderlo se le va. Giusto.

La donna in questione può vendersi come e quanto le pare, può persino prostituirsi sempre non sia una costrizione esterna, basta solo sia per sua stessa volontà: il corpo è il suo, sarà lei a scegliere orari, numero di amanti e persino il prezzo da pagare – almeno quello in termini economici. Ben diverso è invece fare questo discorso sulla vendita di un altro essere vivente: esso non fa più parte del corpo della donna di cui stiamo parlando, è una vita nuova.

La creazione una volta divenuta invenzione, esiste in questo mondo materiale e ha una vita sua che non dipende più da quella dell’inventore, anche se ne esso se ne prenderà cura e sempre saranno legati tra loro.

In estrema sintesi, finché è la donna a gestire il suo corpo come fosse una merce, sarà solo lei a pagare le conseguenze di questa scelta e a conviverci, perché nessuno lo ha scelto per lei. Diverso è invece considerare il nascituro come una merce on demand, programmata e scelta su misura dal futuro consumatore-genitore.

Inoltre questo significherebbe anche rendere monetizzabile un dono di cui la natura ci ha investito senza chiedere oro o preziosi in cambio. Per alcune coppie, la libertà non già di crescere un figlio negli agi, ma addirittura di averne uno, diventerà un discorso puramente economico, a seguito di una risposta negativa alla domanda “me lo posso permettere?”, seguirà una richiesta di aiuto monetario a parenti o di un prestito bancario, non più il famoso “mutuo per la casa”, ma per “comprarsi un figlio”. Insomma, una libertà di plastica, solo apparente, una libertà reificata: la vittoria suprema del capitale nelle nostre forma mentis oltre che nelle nostre vite.

Non dimentichiamo poi, che questa pratica potrebbe portare con sé derive ancor più inquietanti: scegliere il colore degli occhi o dei capelli, ossia assemblare il proprio “bambino ideale” come fosse un bracciale componibile della Trollbeads. A chi difende questa pratica – spesso e volentieri persone che si proclamano squisitamente democratiche e amanti delle libertà “per tutti”, frutto di una nauseante coscienza politically correct – vorrei solo far notare che state difendendo, come scritto sopra, un privilegium, dal latino, «singolo, particolare», e lex «legge» quindi “disposizione che riguarda una persona singola”.

Tanto per ricordare anche che sinistra, progressismo e utero in affitto – soprattutto a Vendola – non coincidono e non sono nemmeno storicamente concordi, cito le chiare parole di un famoso pensatore, Antonio Gramsci, che di sinistra era davvero e che per la causa in cui credeva donò la sua intera vita: “il dottor Voronof ha già annunziato la possibilità dell'innesto delle ovaie. Una nuova strada commerciale aperta all'attività esploratrice dell'iniziativa individuale. Le povere fanciulle potranno farsi facilmente una dote. A che serve loro l'organo della maternità? Lo cederanno alla ricca signora infeconda che desidera prole per l'eredità dei sudati risparmi maritali. Le povere fanciulle guadagneranno quattrini e si libereranno di un pericolo. Vendono già ora le bionde capigliature per le teste calve delle cocottes che prendono marito e vogliono entrare nella buona società. Venderanno la possibilità di diventar madri: daranno fecondità alle vecchie gualcite, alle guaste signore che troppo si sono divertite e vogliono ricuperare il numero perduto. I figli nati dopo un innesto? – prosegue Gramsci alla faccia di chi crede l’utero in affitto roba da comunisti – Strani mostri biologici, creature di una nuova razza, merce anch'essi, prodotto genuino dell'azienda dei surrogati umani, necessari per tramandare la stirpe dei pizzicagnoli arricchiti.

La vecchia nobiltà aveva indubbiamente maggior buon gusto della classe dirigente che le è successa al potere. Il quattrino deturpa, abbrutisce tutto ciò che cade sotto la sua legge implacabilmente feroce. La vita, tutta la vita, non solo l'attività meccanica degli arti, ma la stessa sorgente fisiologica dell'attività, si distacca dall'anima, e diventa merce da baratto; è il destino di Mida, dalle mani fatate, simbolo del capitalismo moderno”.

Fonte:

Antonio Gramsci, Sotto la Mole, “Avanti!” 6 giugno 1918.

 

Allegra Romana Monti
Vice Direttore
Civico20News.it

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Articolo pubblicato il 20/03/2016