Liliana Carbone intervista il Dottor Alessandro Comandone

Direttore dell’Oncologia medica dell’ospedale Gradenigo di Torino, membro dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte Onlus e del Gruppo italiano tumori rari Onlus

La Prevenzione può diventare sensibilizzazione quando la questione riguarda quei tumori che, proprio perché la comunità scientifica considera sporadicamente o addirittura per niente, sono considerati di serie B oppure orfani di una madre che si chiama ricerca scientifica. Allora la sensibilizzazione sta in una semplice ma efficace campagna informativa su temi e questioni poco conosciuti che coinvolga persone ed istituzioni.

Sui tumori rari e sui tumori gastro-intestinali (Gist) non solo mancano campagne di sensibilizzazione, ma la battaglia silenziosa si combatte su un terreno che se da una parte ha dato frutti importanti, dall’altra ci sono aree ancora desolate e quasi sconosciute che aspettano di essere esplorate ed approfondite perché ci sono pazienti che non possono aspettare e non vogliono più essere marchiati come pazienti “affetti da patologie sconosciute”. Seppur in Piemonte esistano eccellenze e nuovi progetti nel settore, c’è ancora molta strada da fare.

L’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte Onlus ne parla con il Dottor Alessandro Comandone, Direttore dell’Oncologia medica dell’ospedale Gradenigo di Torino nonché membro dell’Associazione e del Gruppo italiano tumori rari Onlus, che invita a fare più sensibilizzazione, perché anche questo significa prevenzione!

Dottor Comandone che cosa sono i tumori rari?

Per tumori rari si intende un gruppo di neoplasie che attualmente rappresentano circa il 16-18% di tutte le neoplasie (192 tipologie di tumori rari registrati a livello europeo) ed hanno un’incidenza (nuovi casi ogni anno in 100mila persone) inferiore a 5 casi su 100mila abitanti. Per comprendere il valore della loro incidenza, faccio alcuni esempi: il tumore della mammella ha un’incidenza che arriva fino 108 casi su 100 mila abitanti nel solo sesso femminile; il tumore del colon registra 76 casi ogni 100mila abitanti; 92 casi su 100mila abitanti sono registrati invece per il tumore del polmone, mentre per quanto riguarda i sarcomi si registrano 4 casi su 100mila abitanti e i mesoteliomi (nelle zone non ad alta incidenza) 1,8 casi su 100mila abitanti. In questo modo si capisce perfettamente la differenza tra tumori frequenti e tumori rari.

Chi è maggiormente a rischio di incontrare un tumore raro?

Ci sono tumori rari di cui conosciamo bene l’origine, come il mesotelioma che ha nell’esposizione all’asbesto una causa fondamentale. Ci sono tumori rari di cui si conoscono patogenesi piuttosto specifiche come le esposizioni a radiazioni che determinano la comparsa di sarcomi ossei. Alcuni tumori rari, come il timoma (tumore derivato dalle cellule epiteliali del timo) non sappiamo ancora perché insorgano; i tumori cerebrali ad oggi sono un grande punto interrogativo. Lo stesso vale per i tumori neuroendocrini: esistono delle cellule appartenenti al sistema nervoso disperse negli organi soprattutto a funzione endocrina, non sappiamo perché si ammalino e divengano tumorali. Si chiarisce dunque che i tumori rari sono neoplasie molto diverse tra di loro per origine, natura, istologia e prognosi. L’unica caratteristica che li  connota è la bassa incidenza.

Che ruolo ha la prevenzione per contrastare questi tumori?

Se prevenzione significa evitare fattori di rischio, allora prevenzione per certi tipi di tumore raro significa “divieto di esposizione” a situazioni a rischio, come l’impiego sconsiderato e non controllato di diserbanti, come l’iper esposizione a radiazioni legate ad esami radiologici, la bonifica delle abitazioni dall’amianto. Sono alcuni esempi di interventi già oggi possibili.

La diagnosi preventiva quanto conta?

Nessun tumore raro si presta a screening sulla popolazione per un motivo molto semplice: proprio per le caratteristiche intrinseche ai tumori rari non è possibile indire delle campagne di screening. Infatti uno screening è efficace se una malattia incide in modo elevato nella popolazione, se interessa un organo specifico, se ha una fase precancerosa dimostrata, se si presta all’indagine con esami semplici e poco costosi, se la successiva terapia è efficace. Nulla di tutto questo è disponibile in alcun tipo di tumore raro. Al contrario lo screening è efficace per il carcinoma mammario (tra le donne si registrano infatti più diagnosi precoci e guarigioni) e probabilmente per il cancro alla prostata per gli uomini. Per i tumori rari vige invece la necessità di farli conoscere, di diffonderne la conoscenza nella popolazione e tra gli operatori sanitari, di suscitare interesse nelle campagne di salute pubblica. Ricordo al riguardo una simpatica campagna di sensibilizzazione sui sarcomi dei tessuti molli intrapresa dall’Nhs, il Sistema sanitario nazionale britannico.

Di che si tratta?

Promossa dall’oncologo inglese, il Professor Grimer, l’Nhs regalò ai medici di medicina generale britannici una pallina da golf con il messaggio: se in un tuo paziente trovi una neoformazione nei tessuti molli di queste dimensioni o superiori, non trascurarla: potrebbe essere un sarcoma. Da questa pubblicità si è sviluppata una maggiore attenzione al problema dei sarcomi dei tessuti molli e si sono viste più diagnosi nel settore. Questo esempio spiega che il tumore raro è un problema soprattutto e prettamente culturale all’interno della società e l’invito al mondo scientifico non è tanto di andarlo a cercare, ma di non dimenticarsi che esistono i tumori rari, approfondendo la diagnosi se esistono dei sospetti.

Sul fronte della ricerca scientifica in Italia siamo indietro Dottor Comandone? Che novità ci sono per il trattamento di questi tumori anche sul fronte dei farmaci innovativi?

Non è vero che siamo indietro sul fronte della ricerca scientifica. Il tumore del testicolo è un esempio: registra un indice di guarigione del 94% (di tumore del seno si guarisce attorno all’82%-84%; nel 50% dei casi nei tumori del colon). Per contro c’è una realtà frustrante: la sopravvivenza a cinque anni dall’intervento per il mesotelioma è su valori che si attestano all’8%. Due risultati ben diversi in due tumori egualmente rari. La ricerca si sta affinando soprattutto nel campo della genetica, cercando delle correlazioni tra un determinato tumori rari, ad esempio i sarcomi e fattori predisponenti di tipo genetico. 

Cos’altro c’è nel campo della ricerca?

Altra ricerca straordinaria è di tipo epidemiologico grazie alla quale è stato possibile individuare l’asbesto quale concausa dei mesoteliomi. Si nota, insomma, che la ricerca di base a livello genetico (i sarcomi), la ricerca epidemiologica sulle esposizioni a rischio (mesoteliomi), la ricerca relativa a situazioni predisponenti famigliari quali la sindrome di Li Fraumeni (tumori cerebrali) e la ricerca farmacologica rappresentano un campo specifico di grande interesse nei tumori rari. Però sui farmaci abbiamo un grande problema.

Quale Dottor Comandone?

E’ ovvio che una grossa azienda farmaceutica ha molto più interesse a dedicare miliardi di dollari per la ricerca scientifica nei tumori frequenti dove, una volta scoperto un farmaco attivo, i guadagni si realizzano più facilmente. Il tumore raro appassiona molto meno perché avendo molti meno malati è difficile pianificare degli studi su nuovi farmaci o terapie. Ecco quindi che in molte occasioni il paziente con tumore raro si sente poco assistito anche dalla ricerca. Il problema di fondo è che il tumore raro resta ancora un’area di investigazione poco seguita e poco attraente per le industrie farmaceutiche per cui i farmaci arrivano lentamente e con difficoltà.

Un esempio?

Il tumore del testicolo. Grazie alla straordinaria intuizione di un americano, Lawrence H. Einhorn, che arrivò a formulare la combinazione di tre farmaci nel lontano 1979, si ottenne il risultato di una guarigione dalla malattia per il 94% dei casi. L’entusiasmante successo quasi bloccò la ricerca perché si ebbe e si ha il timore che nuove combinazioni o nuovi farmaci possano offrire minori risultati.

Nel campo dell’Oncologia medica torinese quali sono le novità e i nuovi progetti che fanno ben sperare? 

Nella nostra regione esiste il Gruppo Italiano Tumori Rari che ha una finalità di tipo comunicativo e di tipo formativo nei confronti dei medici e delle famiglie perché non si trovino di fronte ad una “sorpresa” quando si manifesta un tumore raro. Il tumore raro, si è visto in molte occasioni, ha un ritardo diagnostico addirittura di tre-quattro mesi rispetto ad un tumore frequente, perché il medico non lo pensa, purtroppo. C’è poi il Gruppo Piemontese Sarcomi organizzato dalla Rete Oncologica di Piemonte e Valle D’Aosta che studia i percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (Pdta) al fine di avere una uniformità di trattamento, e a luglio 2014 è nata la Fondazione per la ricerca sui tumori dell’apparato muscoloscheletrico e rari Onlus che riguarda i tumori dello scheletro e dei tessuti molli, il campo dei sarcomi degli arti, e di cui faccio parte. Non dobbiamo inoltre dimenticare le eccellenze piemontesi e torinesi, come l’ospedale Molinette per i timomi e l’ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano per i mesoteliomi. Insomma, se da una parte abbiamo un panorama significativo nella nostra regione che opera nel campo della ricerca oncologica a livelli di eccellenza, dall’altra occorre ancora fare dei progressi sia in termini di formazione degli operatori sanitari che di popolazione.

Altro capitolo: i tumori gastro-intestinali (Gist o tumori stromali gastrointestinali): quali sono i sintomi?

Si tratta di tumori che insorgono nel tratto gastrointerico e si sviluppano generalmente nello stomaco e nell’intestino. I sintomi iniziali sono confondenti e la diagnosi è sovente occasionale e sporadica. Non si potrebbe mai eseguire uno screening anche per questo tipo di tumori perché su una popolazione di circa 5milioni di abitanti in Piemonte, l’incidenza è di 60 casi l’anno: sarebbe una dispersione di risorse. La migliore prevenzione resta, anche per questi tipologie di tumori, la diffusione della cultura, per ricordare a colleghi non esperti in Gist che questo tumore esiste, che va preso in considerazione soprattutto nel caso di sanguinamenti dell’apparato gastroenterico.

Quali sono infine le novità nel campo della ricerca che interessano questi tumori? 

Per i Gist attualmente abbiamo tre farmaci attivi che portano la sopravvivenza a 10 anni dall’intervento.

I controlli preventivi che organizza l’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte Onlus quanto possono essere incisivi nella prevenzione dei tumori di cui abbiamo parlato fino ad ora?

L’Associazione ha un ruolo importante, quello di veicolare il messaggio della prevenzione. La prevenzione però, come è noto per queste tipologie di tumori, è difficile da mettere in campo perché si è di fronte a neoplasie con sintomi e segni molto diversi, ma una campagna di sensibilizzazione efficace è un passo da considerare. Il messaggio dell’Associazione a tale proposito è di favorire la conoscenza dei tumori rari.

Invita dunque l’Associazione ad organizzare una campagna di sensibilizzazione?

Per i sarcomi potrebbe essere buona un’idea organizzare una campagna per la diagnosi precoce delle masse dei tessuti molli (superficiali o medio profonde) che possono essere evidenziate in  una visita clinica con successiva ecografica che approfondisca il caso specifico. La prevenzione è anche sensibilizzazione.

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Articolo pubblicato il 19/03/2016