Il ritorno della Psicopolitica

La partecopazione al voto dei cittadini fra mille perplessità

Gentile Direttore, l'illuminante saggio PSICOPOLITICA scritto dal compianto Luigi De Marchi e pubblicato negli anni '70 da Sugarco trova in questi giorni, di confusa vigilia elettorale piena rispondenza nei comportamenti schizofrenici di molti soggetti, a sinistra come, purtroppo, a destra, oltre che tra i soliti populisti.

Emblematici i casi di Meloni e Salvini, nel caso Roma, e non solo. La prima, di cui nessuno può attestare esperienze nè capacità amministrative, esaltata dal tamtam mediatico, vorrebbe, a dispetto di Bertolaso, candidarsi a sindachessa della Capitale. Ci ricordiamo della Polverini, sua sodale?  

Il secondo, dimentico e spergiuro dell'auspicato federalismo, dopo avere sposato, contro natura, la causa ultranazionalista di Marine Lepen, adesso corteggia la Meloni cercando di rendersi populisticamente credibile ai romani. Dimentico del ruolo che dovrebbe svolgere per riscattare i Padani dal giogo centralista.

E smemorato, o svagato, pure dei tanti milioni di euro di appropriazione indebita tramite il finanziamento elettorale che, prima o poi, qualche Tribunale gli chiederà di restituire. Va ricordato che nel frattempo tifa per i grillini quando dal palco di Roma, in preda a esaltazione, giurava eterna fedeltà al centrodestra. 

È ovvio che, a questo punto, a Torino ci ritroveremo Fassino ad amministrarci, si fa per dire, per altri cinque anni.  C'è una buona ragione per credere ancora nella partecipazione e andare a votare?  Io ne dubito. 

 

                                                                                                       GianFranco Billotti

 

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La democrazia, se così può ancora essere definita, è la "cartina al tornasole"  che consente l'analisi chimica, il PH per intenderci, che stabilisce l'alcalinità o l'acidità dei vari componenti.

Miscela di varie sostanze che sono, o meglio dovrebbero essere, i componenti di un'attenta indicazione ma che oggi, nella trasposizione politica, assume la meno nobile, ma naturale, origine di colorante vegetale.

Ed è quella che dà il tono, verbale e mediatico, alle varie espressioni di attori e comparse che animano il paesaggio elettorale del momento, oggi delle amministrative che stanno scatenando la bufera interpretativa che mette in difficoltà l'elettore, anche quello che stava per ritornare sui propri passi e riavvicinarsi alle urne.

Parlare dei singoli è come sparare sulla Croce Rossa; ognuno, come recita un vecchio ma quanto mai attuale proverbio, tira l'acqua al suo mulino ma la qualità del prodotto è sempre la stessa, l'obiettivo è sempre lo stesso: il potere. 

I tanti proclami di volontà che vengono quotidianamente espressi di troppi "leader", ridotti successivamente ed in molti casi al ruolo di comparse, non fanno altro che alimentare il senso di sfiducia verso chi, al momento opportuno (secondo lui), cavalca il proprio cavallo di Troia.

Se a questo aggiungiamo le faziosità che alimentano i vecchi retaggi storici in maniera demagogica e strumentale, l'orizzonte si fa sempre più buio e preannuncia tempesta.

Il problema, a parer mio, è che non si vuole trovare una soluzione ai problemi del quotidiano anzi si creano ad arte nuove criticità che siano, però, in grado di distogliere l'attenzione da quelli precedenti.

Per poi intervenire ed affermare "la propria immediata capacità di intervento", quella che oggi viene ostentata da un governo che rappresenta se stesso.

La dimostrazione è ciò che avviene anche a Torino, città che sta vivendo un frizzante clima preelettorale fatto di "interventi contro le precarietà" quali la sicurezza e la legalità a 360°.

Ma questo è il gioco più bello, dopo il calcio, che appassiona i frequentatori del Bar Sport di turno dove si discutono e si decidono gli orientamenti al voto, dove impera il populismo di parte, dove solo la "cartina al tornasole" può dare la sostanza del "campione" analizzato ma che viene sapientemente usata in ogni singolo "laboratorio" per stabilirne l'appartenenza.

Per cui suggerisco a Lei, egregio Sig. Billotti se mai ce ne fosse necessità, ed a tutti i lettori di Civico20News di andare a votare perchè la nazione, la città o il comune non possono essere amministrati da una maggioranza scaturita dal 40% degli aventi diritto, sempre in nome di quella democrazia che vuole la partecipazione alle tornate elettorali che sono un dovere ancor prima di un diritto.

 

                                                                                                              Massimo Calleri 


 

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Articolo pubblicato il 17/03/2016