Milano e Roma stanno accentrando tutte le attività di pregio

Un’ analisi che evidenzia una realtà di accentramento e di disarmonia economico-produttiva

La riflessione economico-produttiva del dr. A. Cravioglio, esperto di economia e finanza pubblica, in merito all’ articolo sotto riportato, evidenzia aspetti che fino ad ora pochi osservatori ed economisti hanno preso in considerazione con la giusta attenzione.

Lo sviluppo stabile economico-produttivo di un Paese può manifestarsi e consolidarsi attraverso modelli originali e specifici, ma che in ogni caso non si basano esclusivamente in prospettiva su “catalizzatori-calamite” di concentrazioni produttive tali da creare una disarmonia o una rilevante discontinuità con le vaste aere circostanti.

L’ analisi del dr. A. Cravioglio, come sempre supportata da dati numerici inconfutabili, pone all’ attenzione dei lettori questo processo di sviluppo accentratore particolare che, se all’ origine poteva rappresentare elementi positivi, nel tempo ha assunto dimensioni e criticità controproducenti per il Paese stesso.

Pertanto l’ evidenziare  questa “disarmonia” economico-produttiva ha anche la finalità, in un momento estremamente difficile per il futuro del Paese e per la sua collocazione nel contesto europeo, di attivare una pacata riflessione in merito, al fine di far emergere nella sua vera portata quello che cova sotto la cenere e che per ipocrisia o per opportunità si cerca irragionevolmente e senza successo di nascondere.

In fondo la realtà è sotto gli occhi di tutti, come l’enorme difficoltà di trovare le soluzioni adeguate per tentare di affrontare queste problematiche complesse e con radici antiche.

Anche in questa circostanza non posso esimermi dal ringraziare l’ Autore per l’ articolo che ci ha proposto.

Buona lettura



MILANO E ROMA STANNO ACCENTRANDO TUTTE LE ATTIVITA'  DI PREGIO      

 

L'evoluzione delle  attività  economiche italiane negli ultimi vent'anni non può dare adito a dubbi:  quasi tutto ciò che presenta, o si prospetta, con un elevato  "valore aggiunto" viene localizzato a  Milano o a  Roma, a scapito delle altre aree del Paese.

 

Intendiamoci, non si tratta solo  delle  due  singole  città, ma dei territori più vasti che ad esse fanno capo, in pratica quasi le intere regioni Lombardia e Lazio.

 

Riflettiamo su questi dati, partendo non da decenni e decenni trascorsi, ma solo dal 1995, anno che ancora faceva registrare una certa espansione della nostra economia.

 

In tale anno la popolazione italiana aveva raggiunto quota  57,3 milioni,  mentre nel 2014 segna 60,0 milioni, quindi con un incremento percentuale intorno al 4,7;  il PIL (prodotto interno lordo) nel 1995 era di  947,3 mldi e nell'ultimo anno va a 1619, valore che ricalcolato in termini monetari omogenei con l'anno base, si aggira su 1.103, mettendo a segno un incremento del 16% in termini reali, ovvero meno dell'uno per cento annuo nell'arco dei diciannove anni considerati.

 

Se poi ragioniamo sul PIL procapite, l'incremento è ovviamente inferiore (circa 12%) e le cause di questa stasi sono ormai quasi tutte note e riguardano l'intero contesto europeo ed oltre.

 

Non è questa la sede per disquisire sull'effettiva rappresentatività dei dati economici espressi sinteticamente dal  PIL,  ma i  dati sotto riportati sono sufficienti per esprimere l'andamento dei fenomeni in discorso.

Infatti, a fronte del sopra citato incremento demografico nazionale del 4,7%, la Lombardia segna, sempre nel periodo 1995-2014, un incremento del 13% ed il Lazio del 16%; ovvero, dei circa tre milioni in più di abitanti a livello nazionale, 1,1milioni sono incre-mento della Lombardia e circa 700mila del Lazio, mentre tutte altre regioni insieme fanno rilevare un modesto aumento di un milione!

 

Ed il Pil lombardo passa da 198 mldi a 361 (246 mldi a valori 1995), quello laziale da 100mldi a 186 (127 mldi a valori 1995), entrambi palesando una dinamica molto più cospicua di quella nazionale,  vale  a  dire oltre il  25% in termini reali, contro il 16% nazionale di cui si è detto.

 

Si noti che la somma dei due Pil rappresenta oltre un terzo del totale italiano ( 547 su 1.619), mentre le relative consistenze demografiche incidono per un quarto (15 milioni su 60) e pertanto va da sé che i valori  procapite  sono  nettamente migliori della media nazionale.

 

Entrando ora nell'analisi dei fattori e delle circostanze salienti del fenomeno, si può osservare che le caratteristiche delle due  aree  in  discorso  sono  molto divergenti: Milano con la sua provincia (ora città metropolitana), con la limitrofa area di Monza e non solo, ha un  livello di congestione tra i più elevati in Europa e nel mondo, oltre 2.300 residenti/ kmq. per l'intera provincia, nonché elevato inquinamento dell'aria e delle falde acquifere.

 

Il capoluogo  si  è  arricchito negli ultimi anni di edifici altissimi ad uso uffici, ma non ha migliorato i nodi di traffico che sopportano, oltre ai milanesi, non meno di 500mila pendolari quotidiani extra territorio, molti con percorrenze di cento e più km/ giorno.

 

La concentrazione di  un  gran numero  di  sedi direzionali (essenzialmente di aziende multinazionali estere e di gruppi assicurativi e finanziari sorti e sviluppati altrove poi qui trasferiti) è  conseguente  al  potenziamento senza eguali delle comunicazioni, sia nei due aeroporti e sia, soprattutto, nella rete ferroviaria TAV; per quest'ultima facendo convergere qui tutte le nuove linee, a  scapito  delle  preesistenti comunicazioni dirette tra altre regioni (ad esempio tra il Piemonte e l'Emilia), rottamando di fatto la direttrice tirrena che univa Piemonte, Liguria e Toscana.

 

Sono state, ad evidenza, decisioni strategiche  di  tipo  politico, molto mirate, più che scelte tecniche razionali ed imparziali; inutile dire che per tale via  sono più che aumentate le possibilità di lavoro dei lombardi  (ma non certo la  qualità  ambientale della vita), a palese e grave scapito di territori confinanti, con pesantissime diseconomie esterne.

Queste scelte si orientano tuttora nelle medesima direzione, tant'è che appena chiusa l'Expo, che pure aveva assorbito risorse pubbliche di peso non indifferente, il Governo è corso ad  annunciare ulteriori, forti stanziamenti per campi di ricerca innovativi da localizzare a Milano (150milioni  all'anno  per i prossimi dieci anni!), tra l'altro proprio su temi (genomica, gestione dei "big data", ecc.) in corso di avanzato sviluppo a Genova e Torino.

 

Per Roma ed il suo intorno, il commento deve risalire almeno  all'anno  1974, quando furono varate le regioni ordinarie e si posero i presupposti per il necessario decentra-mento. Da allora, a  parte  i doppioni  e l'appesantimento burocratico, la capitale non è mai stata alleggerita di alcuna delle sue numerose  sovrastrutture, nemmeno quando sono stati annunciate, dai governi post 2011, sulla spinta della grave crisi economica, energiche azioni di "spending review".

 

In realtà, si continua a dilatare il Debito Pubblico, tanto che ha ormai superato i 2.200 miliardi, ovvero oltre il 132% del Prodotto Interno Lordo, una soglia spaventosa per noi e per le generazioni future.

 

I  tagli  alla  spesa  pubblica sono stati essenzialmente realizzati a carico degli enti locali e dei servizi prestati nelle Regioni di periferia, quali la riduzione delle forze dell'ordine, il diradamento  degli  uffici  postali, delle  linee  ferroviarie secondarie e di una moltitudine di altre  funzioni  che hanno invece rafforzato il centro, cioè Roma, a scapito del  resto  del Paese nel quale si lamenta ora una fortissima e

preoccupante caduta della sicurezza pubblica.

   

Conseguentemente, le regioni con prevalenza di attività produttive manifatturiere (in testa Piemonte e Campania) subiscono le batoste più dure, mentre  le  aree con forte componente  di strutture burocratiche ( Roma in primis, poi le regioni a statuto speciale... super privilegiate) proseguono nel loro "sviluppo", se  tale può essere definito un appesantimento di bardature inutili e pleonastiche che gravano su imprese e cittadini.

 

Oltre a ciò, non  passa  anno  senza  che  si trovino motivi urgenti ed inderogabili per accordare contributi straordinari, le cui risorse vengono poi  gestite  con  l'oculatezza di cui tutti apprendiamo dai risvolti dalle cronache giudiziarie, mentre la popolazione, attratta dalle maggiori occasioni di lavoro (in  un  terziario  più o meno legale),  va ad ingrossare le sterminate borgate romane.

 

Ora si  ha  la  sfrontata incoscienza di proporre l'Urbe a sede delle Olimpiadi 2024, per poter erogare un altro cospicuo monte di fondi, proprio quando moltissime candidate estere si ritirano, con saggezza,  per  non sobbarcarsi oneri e rischi di siffatte manifestazioni.

 

E tutto ciò mentre languono sempre gli investimenti per fermare un progressivo, grave dissesto idrogeologico da cui derivano ogni anno danni ingentissimi.

 

In questo quadro, l'evoluzione congiunturale piemontese mostra segni di ripresa molto timidi, e comunque facendo  tirare  la cinghia ai residenti in termini di servizi pubblici, senza "restituire  nemmeno in parte a questo territorio il ruolo guida che lo aveva caratterizzato per l'operosità e le capacità tecnico-scientifiche dei suoi cittadini.



Antonio  Cravioglio

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Articolo pubblicato il 04/03/2016