La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini

Violenze contro le donne nella Torino del 1886

Il 2 luglio 1886, quando l’anonimo cronista della “Gazzetta Piemontese” inserisce nella pagina della cronaca due notizie sotto i titoli “Un dramma pietoso” e “Tragedia in Borgo San Donato” alcuni termini non sono ancora in uso.

Leggiamo:

Un dramma pietoso. — Stanotte, per misura d’igiene, da una casa di via Orfane, due monatti, silenziosi, trasportarono al cimitero una sedicenne e bella operaia, la quale scese nella tomba col mistero.

Era una sera del maggio scorso, e la bionda Felicina rincasava cogli occhi molli di lagrime e collo spavento sul volto, narrando alla mamma che avendo diniegato amore ad un operaio di San Donato, venne da lui minacciata di morte. La febbre tosto l’incolse e terribile malattia ne venne, in guisa che ieri dava un addio a questa vita, che ancor non avea goduto.

I genitori della povera sventurata ne porsero querela e il pretore urbano condannò l’operaio di San Donato a cinque giorni di arresti, ritenendolo reo di semplici minaccie.

Il cronista ha descritto un caso di stalking anche se ha usato un linguaggio che ricorda il romanzo d’appendice e assai diverso da quello attuale.

Leggiamo ora la ricostruzione di un altro drammatico episodio che appare nella stessa pagina della cronaca:

Tragedia in Borgo San Donato. - In Borgo San Donato non si parla che del fatto avvenuto stamane al N. 8 della via omonima.

- Ah povra pentnoira, sa saveisso an che stat a l’era! A fasia compassion!

- E l’omo? L’omo a l’avia la testa sciancà e le gambe rote; peui a coulava sang da tute le part!...

- Ma, in grazia, si può sapere cosa è accaduto?

Ecco qua: in una camera al 4° piano della casa N. 8 di via Borgo San Donato, che fa angolo colla via Balbis, abitano certo Chiastellardo Federico e sua moglie.

L’uomo può avere una quarantina d’anni ed è operaio all’Arsenale di Borgo Dora.

La donna, che dicono d’indole buona, conta una trentina d’anni e fa la pettinatrice.

Essi vivevano in buona armonia, ma da qualche giorno il marito era triste e bilioso, anzi pare non avesse la testa a segno, perché minacciò la moglie più volte per cose da nulla.

L’altro giorno egli, trovandosi a discorrere col droghiere che si trova vicino alla sua abitazione, disse che aveva bisogno di farmachi per guarire da una oppressione allo stomaco ed alla testa, e soggiunse:

- Saprebbe darmi lei qualche medicina che mi facesse bene?

- Vada dal medico - rispose il droghiere.

Stamane, alle 4 ½ circa, il Chiastellardo, alzato appena dal letto, cominciò a discorrere animatamente colla moglie, poi si udirono delle grida e si vide aprire ad un tratto la finestra della stanza prospiciente verso il cortile.

- Aiuto! Aiuto! - si sentì esclamare.

Chi gridava ai soccorso era la povera donna, che, ferita da otto coltellate, era caduta al suolo, immersa nel proprio sangue.

II furibondo marito, credendo la moglie morta, scavalcò la ringhiera e si gettò nel cortile.

Un inquilino, vedendo il disgraziato fuori della ringhiera, tentò di trattenerlo, ma non vi riescì. Il Chiastellardo, battendo sul lastrico, rimase assai malconcio.

Si corse subito a chiamare i carabinieri della vicina stazione e le guardie municipali, le quali adagiarono marito e moglie in una vettura e li fecero trasportare all’Ospedale di San Giovanni.

Lo stato dei due infelici è grave.

Un particolare che desta raccapriccio si è che la povera pettinatrice è in stato interessante.

Così, con tono discorsivo, il cronista ci narra un caso di improvvisa violenza in ambito familiare conseguente a un raptus di follia. L’ipotesi della follia del marito è ampiamente avallata dagli episodi riferiti che risalgono ad alcuni giorni prima della tragedia.

Il cronista non si avventura in profonde analisi sulla genesi dell’aggressività del marito nei confronti della moglie e, a differenza di oggi, non si dimostra ostile a prescindere nei confronti del maschio della coppia. Ci somministra un siparietto sugli accorati commenti in piemontese, raccolti fra i testimoni nel Borgo San Donato.

A proposito, ho mantenuto la grafia piemontese originale, che non è certo quella normalizzata ma non appare repellente come quella di certi messaggi che si leggono nelle pagine Facebook dedicate a Torino e al Piemonte.

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Articolo pubblicato il 09/03/2016