Qual’ è il “Presente e il Futuro di Torino”?

Stimolante incontro ospitato dal Circolo dei Riformisti

Riunire quattro protagonisti della vita pubblica della città, che in un solo colpo, trattino argomenti di stretta e drammatica attualità, senza rincorrere frasi fritte, non è impresa di tutti i giorni.

Invece il Circolo dei Riformisti, il pensatoio dell’ex braccio destro di Craxi, Giusi La Ganga, venerdì sera è riuscito nell’ impresa. Seduti allo stesso tavolo, ma non attovagliati, si sono ritrovati Giusi La Ganga, politico della prima repubblica che non ha perso l’interesse alle sfide, ovviamente scomode, Salvatore Tropea, editorialista di Repubblica e testimone dei fasti industriali della Fiat, dagli anni ’60 sino al lumicino di questi giorni e Michele Ruggero, direttore di “La Porta  di Vetro” e profondo conoscitore delle vicende politiche ed economiche  torinesi e non.

Si sono confrontati con Davide Canavesio un giovane imprenditore, già al vertice dei giovani industriali ed ora impegnato nella scommessa pubblico – privato di “Torino Strategica” e di Environment Park per cercare di togliere Torino dalla secche della crisi.

Il fulcro del dibattito si dipana sulla constatazione lanciata da Salvatore Tropea: il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni in provincia si Torino continua, nonostante precedenti pallide oscillazioni, in controtendenza a livello nazionale. Perché?

Le cause principali sono esposte da La Ganga che parla dello svuotamento delle fabbriche ex Fiat e ora Fca e dei modelli “vincenti” che non si fabbricano più a Torino, ma in altre parti del mondo. A prescindere dalle contrazioni produttive, anche l’indotto che era legato principalmente alla monocultura industriale della città, segna pesantemente il passo. Torino è la città più povera del nord.

Ovviamente la globalizzazione è la grande imputata, anche se tutti concordano che i cicli economici di grande portata sono ineluttabili. Non torneremo ai livelli occupazionali degli anni ’60 ed il saldo negativo degli oltre 300000 abitanti persi lo dimostra. Ad essere sinceri non solo l’indotto ed i fornitori Fiat sono i responsabili della decrescita.

In questi ultimi anni hanno lasciato Torino, senza che nessun organo elettivo, dal Comune alla Regione abbia mosso un dito, la direzione generale di Telecom, le direzioni generali di alcune prestigiose compagnie di assicurazioni centenarie nate Torino, sino all’Oreal ed alla TNT. Per non parlare del declino dell’aeroporto di Caselle che acquisisce voli charter, ma perde la linea cargo e molti voli d’affari per le capitali europee.

Per valutare correttamente l’origine del male, particolare che nell’incontro è stato elegantemente trascurato,  non si deve dimenticar come le lotte sindacali degli anni ‘70 imposero alla Fiat di trasferire le produzioni al Sud ed i Governi compiacenti del primo centro sinistra, oltre a favore le dislocazioni, fornirono cospicui contributi a molte aziende che, in certo qual modo “obbligate “dalla politica, hanno aderito al pressing.

Ma badiamo al presente, esordisce Dario Cavese, documentando elementi ben precisi sui quali merita riflettere. A Torino oggi ci sono quattro milioni di mq. di aree ex industriali dismesse. Sull’esempio di altre grandi città europee che hanno già conosciuto l’esodo delle aziende (Barcellona, Manchester, ecc) si sarebbero potuto seguire esempi concreti e positivi.

Lo sesso Canavesio da oltre un anno ha fornito al Comune un Piano Strategico per uscire dalla crisi, ma tutto è purtroppo rimasto nel cassetto. Altri esempi di stimolo mai presi in considerazione, non mancano. I nostri imprenditori ricevono lettere dalle città di Paesi confinanti ove, con gratificanti offerte di dislocazione delle loro aziende, si assicura l’affrancamento da pastoie burocratiche, oltre all’assistenza personale del sindaco o di un autorevole esponente del governo della città, a Torino nulla.

Sindaco e giornali ,come avviene in questi giorni per l’ anniversario dello Olimpiadi, magnificano le prospettive di trasformare Torino in una città di pizzaioli, di piste ciclabili, di manifestazioni di massa, non capendo che tutto ciò, peraltro mal organizzato, come attesta la penosa gestione del Polo Reale non contribuirà certo ad invertire il ciclo dei non occupati.

Altri esempi vengono snocciolati da Rugiero che evidenzia l’inadeguatezza dei nostri amministratori a concepire un modello di sviluppo ed a porsi all’altezza di un confronto che non sia meramente asservito o protestatario, verso il mondo dell’impresa. Il tutto in garbata contraddizione con quanto sosteneva La Ganga circa il ruolo marginale del Sindaco per risolvere i problemi occupazionali e d’insediamenti produttivi.

La nostra politica da Roma a Torino,prosegue Ruggiero, non conosce strategie vincenti per impostare una politica occupazione che non sia meramente assistenziale.

La Ganga cerca di difendere invece il ruolo svolto dagli amministratori, dalla commissione urbanistica che non pone ostacoli a quei pochi progetti di  riconversione che vengono presentati ai viaggi del Sindaco intorno al mondo. Viaggi che raggiungono paludati ambasciatori non certo il cuore pulsante dell’industria o della ricerca, potenzialmente favorevoli a dislocare attività in zone a vocazione industriale in Europa.

Altro capito che  frena , se non ostacola l’occupazione, è causato dall’impostazione burocratica e fuori tempo delle commissioni per l’impegno, anche se in questo caso le responsabilità principali sono ascrivibili alle regione.

Senza cadere nella propaganda partitica, ci avviamo nel periodo elettorale che dovrebbe rappresentare il terreno del confronto, su piani d’azione realistici e determinati, avendo soprattutto le idee chiare e la padronanza della materia. Argutamente Salvatore Tropea, si chiede se questi temi, o meglio la volontà d’invertire un ciclo negativo possa essere presente nel DNA dei prossimi competitori.

Domanda serissima che non lascia spazio a divagazioni. Con eleganza La Ganga sostiene che la mancanza della borghesia produttiva, dal panorama elettorale, quale interlocutrice dell’attuale maggioranza, contribuisce a sbilanciare una situazione in cui, un uomo di sinistra come Fassino sia poi costretto a farsi portatore di altre istanze.

Quando la domanda, al di fuori di accademismi e di parole vuote diventa più stringente, l’equilibrista La Ganga si produce in uno sguardo eloquente, subito rientrato nell’affermare che la politica sin qui svolta continuerà ad occuparsi dei problemi della città.

L’analisi presentata da Canavesio e da Rugiero, in contraddizione alle tante mediocrità che si ascoltano in questi giorni, è realista. il dibattito ha fatto emergere che ci sarebbero idee e modelli potenzialmente vincenti.

Potrà la Politica, o meglio i politicanti che affollano la competizione, liberarsi di feticci e particolarismi e cercare di volare alto? Oppure saremo tutti invischiati in una commedia tragicomica, in una guerra tra generazioni?

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Articolo pubblicato il 29/02/2016