Ingrid Betancourt: sei anni di sequestro e sette di ritrovata libertà

Quattordici anni fa si consumava il sequestro della candidata alle presidenziali Ingrid Betancourt, da parte delle FARC

Nella data di oggi dell’anno 2002, a due mesi dalle presidenziali che la vedevano candidata, Ingrid Betancourt militante per i diritti umani, viene sequestrata a opera della FARC.

Chi è Ingrid Betancourt? Lo spieghiamo in poche righe per chi si fosse fatto questa domanda o avesse letto il suo nome per la prima volta in questo articolo.

Nasce a Bogotà da una madre che è un’ex Miss Colombia divenuta senatrice eletta dal collegio dei quartieri della capitale e da un padre che è uomo di potere: Gabriel Betancourt, è stato ministro durante la dittatura del generale Gustavo Rojas Pinilla e sotto la presidenza Lleras Restrepo, assistente direttore dell'UNESCO, quindi ambasciatore della Colombia presso la medesima istituzione delle Nazioni Unite a Parigi (dove Íngrid è cresciuta) e capo della Commissione per la Formazione dell'Alleanza per il Progresso a Washington, sotto la presidenza di John F. Kennedy.

Studia all'Institut d'Études Politiques de Paris, dove conoscerà colui che sarà in seguito suo marito e dal quale avrà due figli: vivrà con il marito in Nuova Zelanda, almeno fino al 1989, anno in cui deciderà di tornare al paese che si è sempre portata nel cuore, la Colombia. Dopo una breve parentesi lavorativa nel ministero delle finanze, Ingrid si dimette per intraprendere la carriera politica. Aiutata dalla madre già conosciuta nei quartieri e dalla sua creatività – è rimasto famoso il suo slogan sulla sua candidatura come “un preservativo contro la corruzione”, in tutti i sensi dato che i preservativi li distribuiva davvero! – viene infine eletta nel collegio sud di Bogotà e fonda il “Partido Verde Oxigeno”. Potreste anche pensare, “che raccomandata!” e forse non sarebbe nemmeno così errato, ma c’è da dire che questa donna “figlia d’arte” è una politica di coraggio e d’integrità morale, come ce ne vorrebbero nel nostro Belpaese.

In questo periodo, divorzia dal marito francese, sposa un colombiano e nel 1998 diventa senatrice, ricevendo poco dopo diverse minacce di morte, ragione per la quale decide di mandare i suoi figli a vivere in Nuova Zelanda. Sempre nel 1998, Ingrid scrisse un libro che potesse testimoniare le sue memorie, senza sapere che l’esperienza più significativa, più devastante e spaventosa avrebbe ancora dovuto viverla.

Durante la sua campagna elettorale del 2002 (le elezioni poi vinte da Álvaro Uribe Vélez), Íngrid chiese di poter andare nella zona smilitarizzata di San Vicente del Caguán – zona istituita per soddisfare una pre-condizione posta dalle FARC a qualsiasi negoziato, ad opera di Pastrana, inizialmente sostenuto da Ingrid che gli imputò in seguito di non aver mantenuto le promesse fatte – per incontrarsi con le FARC. La creazione di queste zone non portò a un epilogo del conflitto o a una negoziazione, ma al contrario, esse si trasformarono in aree esclusive, di totale sicurezza per le Farc, zone in cui vigeva l’anarchia.

Una richiesta, quella di Ingrid, che tuttavia non destò alcun scalpore siccome all’epoca molti personaggi pubblici usufruirono della zona smilitarizzata per incontrare gli esponenti delle Farc: ella chiese di esservi portata da un aereo militare. Il presidente Pastrana e altri ufficiali rifiutarono la sua richiesta, sostenendo che né il governo né l'esercito colombiano avrebbero potuto garantire la loro sicurezza durante le operazioni militari tese a riprendere il controllo della zona. Inoltre il suo essere candidata era d'intralcio: soddisfare la sua richiesta avrebbe poi significato per il governo in carica, impiegare le sue risorse per sostenere l'interesse politico e privato di due candidati.

Testarda e ostinata, Ingrid non mollò e decise di recarsi comunque nella zona militarizzata insieme a Clara Rojas e al suo staff. Proprio il 23 febbraio sbarcò nella zona militarizzata e venne sequestrata, insieme a Clara: il suo nome rimase in lista nonostante il sequestro, ma raccolse meno dell’1% dei voti.

Nel corso delle prime trattative le FARC chiesero uno scambio di prigionieri: sessanta ostaggi politici in cambio della liberazione di cinquecento uomini delle FARC detenuti nelle carceri colombiane. L'amministrazione del neo-eletto presidente Uribe rispose un secco “no alle trattative in assenza di un cessate-il-fuoco preventivo” e spinse per “un'azione di salvataggio basata sulla forza armata”.

Due anni dopo, a seguito delle crescenti proteste dell’opinione pubblica e di note figure politiche, Uribe decide di cambiare posizione e annuncia di voler fare una proposta formale alle FARC con cui si sarebbe impegnato a liberare tra i cinquanta e i sessanta prigionieri, concedendogli di lasciare il paese o di scegliere di aderire a programmi di reinserimento sociale, in cambio del rilascio degli ostaggi. Poco dopo le FARC rilasciarono un comunicato in cui si apprezzava la proposta del governo, ma si criticava la mancanza della possibilità per i rilasciati di tornare nelle file delle FARC.

Di Ingrid intanto, si sapeva poco o nulla. Se ne ebbe qualche notizia, paradossalmente, attraverso un'intervista con il giornale francese L'Humanité del giugno 2006, nella quale Raul Reyes, un leader delle FARC, ebbe a dichiarare che la Betancourt "sta bene, nei limiti della situazione in cui si trova. Non è facile essere privati della propria libertà". Apprezzabile anche il gesto di Guccini che nello stesso le dedica una canzone: Nella giungla.

Finalmente, nel luglio del 2008, giunge la notizia della sua liberazione a seguito dell’operazione Operacion Jacque, condotta dall’esercito colombiano. Si sussurrò, nemmeno a voce troppo bassa, che fosse stato pagato dagli USA un riscatto di 20 milioni di dollari, mormorio non confermato dalle FARC e smentito da svariate documentazioni.

Ingrid ce l’ha fatta, è sopravvissuta, ma ha pagato un costo molto alto e qualcosa in lei è andato perso per sempre: Ingrid stava morendo, divorata dall’epatite. Smunta e con lo sguardo basso, non sarà più la stessa. La donna della giungla non sarà più la politica scomoda che in Colombia seminò odio e amore per le sue lotte contro la corruzione, per i diritti umani e a favore dell’ecologia.

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Articolo pubblicato il 23/02/2016