Drammatico vertice a Bruxelles. Brexit, welfare e questione migranti in primo piano

Cameron porta a casa ottimi risultati nelle relazioni con l' UE

 

BRUXELLES, 19 febbraio 2016 – Dopo 24 ore di accesissime trattative, i ventotto hanno finalmente trovato un sofferto accordo sulla futura relazione della Gran Bretagna con l'Unione europea. L'intesa - il cui impatto politico è ancora tutto da valutare - è giunta sulla base di un testo lungamente negoziato tra i diplomatici e preparato in ultima analisi dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, alla ricerca di un compromesso tra le diverse esigenze nazionali.

«Accordo raggiunto. Dramma terminato», ha scritto la presidente lituana Dalia Grybauskaité su Twitter, prima ancora che lo stesso Consiglio europeo desse conferma e che Tusk comunicasse via Twitter il raggiungimento di un’intesa «unanime». 


Il clima alla riunione al vertice di Bruxelles dei premier europei  era arrivato all' apice della tensione  alla vigilia del week end. Sia Renzi che Cameron, il premier del Regno Unito, hanno manifestato apertamente il loro punto di vista sulla questione migranti, segnando punti a favore sia dell' uno che dell' altro. Il nostro premier, per quanto riguarda il finanziamento europeo ai Paesi che erigono muri, minaccia una riduzione dei fondi se essi continueranno con tale loro politica.

Paesi come Polonia e Ungheria hanno così parlato di ricatto da parte di Renzi, usando un  linguaggio virulento invece che diplomatico come è usuale nelle riunioni al vertice internazionali. La reazione arriva proprio  da parte di Paesi ex comunisti entrati recentemente nella UE, che dal Comunismo vecchia maniera sono passati ad altri lidi, usando più o meno gli stessi metodi spicci della vecchia guardia che di democratico non avevano nulla.

Renzi e il monito ai Paesi dell’Est : giovedì il premier italiano aveva mandato un messaggio chiaro ai Paesi dell’Est. Prendendo la parola durante la cena del Consiglio europeo, Renzi ha detto: o accettate i migranti o noi, Paesi contributori, vi bloccheremo i fondi. «Inizia ora la fase della programmazione dei fondi 2020. O siete solidali nel dare e nel prendere, oppure - avrebbe chiarito Renzi - smettiamo di essere solidali noi Paesi contributori. E poi vediamo».

Un monito, secondo quanto si apprende, apprezzato dai Paesi fondatori, Germania e Francia in testa. E che ha ottenuto anche una sponda dalla martoriata Grecia, con il premier Alexis Tsipras impegnato a spingere per una accelerazione sui ricollocamenti.

Pochi avrebbero potuto immaginare che nell' UE, nata per armonizzare i Paesi che cercavano il libero scambio delle merci e la libera circolazione delle persone, si potesse creare tale clima di discordia. 

Per quanto riguarda il Regno Unito, anche in questo caso non sono mancate proposte impegnative  da parte di Cameron. La sua proposta di ridotte prestazioni assistenziali per 7 anni relativa ai  migranti è stata accolta, mentre il diritto ad espellerli non ha trovato d' accordo Angela Merkel, la quale ha dichiarato che questo diritto dovrebbe essere in sintonia con gli altri membri dell' UE. La posta in gioco per Cameron è alta: il suo appoggio per   assumere una posizione più morbida rispetto all' uscita del suo Paese dall' UE, nota come Brexit,  che a nessun Paese UE converrebbe.  Cameron, infatti, nel caso ottenesse i benefici da lui richiesti all' UE, potrebbe appoggiare il NO - all' interno del suo partito - all' uscita del Regno Unito dall' UE. 

Uno dei punti più caldi è la  preoccupazione manifestata da Cameron all' UE: in caso di Brexit gli inglesi potrebbero anche stabilire la frontiera con la Francia a Dover. Intanto, la regina tace: noblesse oblige? Il referendum è previsto per giugno 2016. La  posizione del premier inglese  è chiara: se la Gran Bretagna lascerà l’UE, la frontiera con la Francia non sarà più a Calais, ma dalla parte britannica della Manica, a Dover.

Alla vicenda la Francia, il Paese che sarebbe più coinvolto dalle decisioni inglesi per la vicinanza delle frontiere e la questione migranti tra i due,  Le Monde dedica ampio spazio in prima pagina e un servizio di Maryline Baumard e Philippe Bernard. I quali ricordano che le pratiche di frontiera oggi vengono svolte in terra di Francia in virtù di un accordo siglato nel 2003 a Touquet dall’allora ministro dell’Interno Nicolas Sarkozy.

L’8 febbraio scorso, Cameron in persona ha però chiarito che le cose potrebbero cambiare in caso di Brexit. E, ha sottolineato un suo portavoce, «dall’ oggi al domani, l’accampamento si ritroverebbe nel sud-est dell’Inghilterra, persone comprese». L’accampamento è quello che tutti chiamano «la giungla» e oggi ospita circa 4 mila migranti.

I pro Brexit hanno subito obiettato (con qualche ragione) che gli accorti di Touquet non hanno nulla a che fare con l’Unione europea. Resta il fatto che, prima di quell’accordo, gli inglesi dovevano trattare circa 80 mila richieste d’asilo l’anno, che nel 2015 sono invece scese a 32.275 (la metà circa di quelle francesi) e che la Francia spende per la «giungla» 80 milioni di euro l’anno (a fronte dei 35 che versa la Gran Bretagna).

È dunque abbastanza chiaro che gli inglesi avrebbero tutto da perdere se la situazione cambiasse. Al momento, spiega Le Monde, né il premier Valls, né il presidente Hollande hanno intenzione di mettere i bastoni fra le ruote a Cameron. «Ma — aggiungono — il rapporto di forza cambierebbe del tutto in caso di Brexit: l’insieme degli scambi economici e di persone sarebbe oggetto di un vasto negoziato bilaterale».

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Articolo pubblicato il 20/02/2016