La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini

Le gesta dei monelli nella Torino del 1886: la caccia agli uccellini con la fionda

Quando sulla pagina della Cronaca della “Gazzetta Piemontese” del 2 luglio 1886 compare l’articolo intitolato “Le gesta dei monelli”, il romanzo per ragazzi “Cuore” di Edmondo De Amicis non è ancora apparso: verrà pubblicato, per la prima volta, il 15 ottobre di quello stesso anno dalla casa editrice milanese Emilio Treves, in concomitanza con l’inizio dell’anno scolastico.

Leggendo l’articolo della “Gazzetta Piemontese” è facile cogliere il collegamento a “Cuore” di De Amicis, visto che i protagonisti della cronaca potrebbero tranquillamente entrare nel libro (m.j.).

 

Le gesta dei monelli. - Tutte le medaglie a questo mondo hanno il loro rovescio. Anche la gentile fanciullezza si presenta, talvolta, sotto un aspetto meno bello e gentile: il monello. Il monello è, per così dire, il piccolo delinquente del mondo dei piccini; talvolta commette delle pure e semplici monellerie, corre per le strade e per le piazze in cerca di... venture, disturbando i cani e i passanti; talvolta commette dei veri reati.

In questi giorni i monelli si sono dati alla caccia proibita degli uccellini e ammazzano quelle povere bestioline per mezzo di certi loro archetti o fionde con cui gettano lontano, e con certa quale violenza, le pietre.

Spettacolo indegno di città civile…  

«Non toccate gli augelletti; lasciate stare i nidi; rispettate quelle piccole creature di Dio» - insegnano, nelle scuole i maestri o lo maestre; ma i monelli non se ne danno per intesi e perseverano nelle loro triste imprese con due tristi risultati: primo, l’uccisione delle innocenti bestiole; secondo, il pericolo di colpir nella testa qualche passante.

Come, per lo appunto, è avvenuto nei pomeriggio di ieri in fondo al corso Vittorio Emanuele II, nei pressi delle Carceri nuove; passava per colà un giovinetto quindicenne, figlio a un distinto impiegato di un Istituto bancario di Torino, e veniva colpito nell’occhio destro da una pietra lanciata da un monello intento a dar la caccia agli uccelli…

È un vero orrore! L’autorità provveda e le guardie diano a loro volta la caccia a codesti piccoli, ma pericolosi cacciatori.

 

Sarebbe fin troppo facile identificare i protagonisti di questo articolo con Franti, il sottoproletario, facinoroso e malvagio, cacciato da scuola per le sue “prodezze”. Ci sarebbe la tentazione, tanto più che il cronista parla in conclusione di quel “giovinetto quindicenne” che ci ricorda tanto Ernesto Derossi, il “primo della classe” di “Cuore” bello, intelligente, di buona famiglia borghese, sia pure un po’ invecchiato.

In realtà, il cronista si scontra con un aspetto inquietante della personalità di alcuni bambini, quello della crudeltà verso gli animali. Non ho particolari competenze per affrontare queste problematiche, soltanto un vissuto ricordo personale.

Quando ero bambino, tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70 del secolo scorso, in estate trascorrevo lunghi periodi in un paese di campagna del Novarese. Ricordo che spesso rimanevo colpito dai crudeli divertimenti che i miei coetanei “campagnoli” escogitavano ai danni di animali selvatici e di quelli domestici privi di un padrone che potesse difenderli, se non per amore almeno per interesse.

Altri tempi? Lo spero veramente di cuore!

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Articolo pubblicato il 17/02/2016