Facebook, il social network " parruccone"

Questa volta Facebook riesce a superare persino sé stesso

Non è la prima volta che Facebook manifesta la sua avversione al nudo, anche artistico, censurando immagini diffuse sul social network che, nella cultura moderna, possono essere viste tranquillamente da tutti, anche dai bambini, nei musei di tutto il mondo. In questo caso Facebook ha censurato il famoso dipinto “ L' origine du monde” di Gustave Courbet, pittore francese, il più rappresentativo del movimento realista francese del XIX secolo.

 

La vicenda di cui parliamo fa tornare in mente ciò che è recentemente successo in occasione della visita del presidente iraniano Rohani a Roma, dove nel museo del Campidoglio sono stati coperti numerosi dipinti e statue antichi che mostravano “ scandalosamente “ le loro nudità. Questo fatto è stato giustamente bollato come ridicolo e fuori dai tempi da tutta l' opinione pubblica, ma sembra che l' ultratecnologico Facebook si comporti esattamente come certi parrucconi del ' 600, il secolo oscurantista, quando la società veniva rappresentata come un mondo "puro" e incontaminato dalle nudità naturali.


Anche nell' 800, secolo non tanto  meno rispettoso della  morale pubblica del ' 600 e della sua pruderie, almeno per i primi cinquant' anni del XIX secolo, tra il 1805 e il 1809 venne scolpita da Canova la statua di Paolina Borghese a seno nudo. In questo caso è da notare che la statua poteva far irritare nientemeno che suo fratello Napoleone Bonaparte, ed invece fu commissionata proprio dal marito di Paolina Bonaparte, Camillo Borghese. La statua, dopo un primo perido di riflessione dopo la sua manifattura con mancata esposizione al pubblico, ora è nel Museo Borghese di Roma.

 

Peccato che i nudi d' arte siano sempre esistiti e che non abbiano mai dato scandalo, e perciò sono esposti nei musei di tutto il mondo. Forse l' unico caso di copertura delle “ vergogne” fu quello della Cappella Sistina, dove le nudità vennero coperte dal pittore denominato perciò il “ Braghettone”.

 

Anche allo scrivente su Civico20news è successa una cosa simile con Facebook: una foto artistica di Helmut Newton, uno dei più famosi fotografi della contemporaneità, da me posta in un gruppo Facebook, è stata censurata e tolta da Facebook dopo poche ore, nonostante mostrasse solo la parte superiore di una donna fotografata a seno nudo e, appunto, sia una foto moto nota nonché artistica e senza contenuti indecenti, come ad esempio atteggiamenti osé o riferimenti alla pornografia.

 

Ma la Francia non si piega al re dei social network. La corte d'appello di Parigi ha confermato che la giustizia transalpina è del tutto competente per mettere sotto processo Facebook, il sito web californiano che ha conquistato il mondo e ha circa 1,6 miliardi di utenti.

 

 La vicenda è cominciata nel 2011 per una semplice condivisione di un link. Un professore parigino, appassionato di arte moderna, aveva postato sul suo profilo un link a una mostra dedicata al pittore Gustave Courbet, il grande maestro del movimento realista francese dell'Ottocento, la cui anteprima mostrava uno dei suoi quadri più noti, 'L'origine du monde', che rappresenta il pube di una donna nuda in primo piano.

 

La stessa cosa era capitata a Vittorio Sgarbi, condividendo sul social l' immagine dello spesso dipinto di Courbetpoi oscurata da Facebook.

L' immagine è contraria alle regole del social network, secondo i moderatori del social, che hanno subito sospeso la pagina dell'insegnante, reo di aver pubblicato quella che a loro parere era un'immagine "pornografica". L'utente, però, non ha voluto cedere a una censura che riteneva ingiusta: prima ha scritto diverse e-mail ai responsabili del sito, ma non avendo ottenuto risposta, ha deciso di rivolgersi al tribunale, denunciando una violazione della libertà di espressione.

 

La sua causa si è però scontrata con l'opposizione di forma da parte di Facebook e dei suoi avvocati, secondo cui solo un tribunale Usa sarebbe stato competente per sentenziare sulla questione. Tesi sconfessata oggi dal tribunale parigino, che si e' giudicato competente sulla vicenda. I legali di Facebook per il momento non commentano.

 

 

La corte d'appello di Parigi ritiene inoltre del tutto illegittima la clausola fatta firmare agli utenti, che attribuisce ai soli tribunali californiani la competenza per arbitrare eventuali diatribe con il social network. L'avvocato del professore, Stéphane Cottineau, si dice "soddisfatto" e ora attende che la giustizia francese si esprima sul merito della questione, vale a dire "la confusione tra opera d'arte e pornografia e la questione della libertà d'espressione sui social".

 

Per lui, la decisione costituisce anche un prezioso precedente per tutti gli altri colossi stranieri del web. Ora "sanno che dovranno rispettare la legge francese e rispondere agli sbagli commessi davanti alla giurisdizione del nostro Paese", avverte il legale, convinto che la sentenza convincerà Facebook e "tutte le altre società straniere di e-commerce che dispongono di questo tipo di clausola a modificare i loro contratti".

 

Secondo la stampa transalpina, la decisione potrebbe anche fare giurisprudenza in altri settori, come quello della responsabilità giuridica dei social media, quando messaggi di incitamento all'odio razziale o di propaganda (si pensi, per esempio, a quella dei terroristi dello Stato islamico) vengono veicolati sulle loro rispettive piattaforme. La sentenza pronunciata in appello conferma quella di primo grado del 5 marzo 2015.


Contributo: fonte ANSA per la parte relativa alla causa in corso con Facebook in Francia

 

 

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Articolo pubblicato il 15/02/2016