Iran: entro 24 ore in Europa 4 milioni di barili di petrolio.

Una decisione che dovrebbe creare ulteriori pressioni sul prezzo dell’oro nero, ormai da tempo sotto stress al ribasso.

L’Iran, nelle prossime 24 ore, esporterà 4 milioni di barili di greggio in Europa. Lo ha annunciato il viceministro del petrolio Rokneddin Javadi sul sito dell’agenzia di stampa Shana, secondo quanto riferisce l’agenzia Bloomberg. Due milioni di barili sono acquistati dalla francese Total, il resto da compagnie russe e spagnole.

Una decisione che dovrebbe creare ulteriori pressioni sul prezzo dell’oro nero, ormai da tempo sotto stress al ribasso. Le esportazioni di petrolio dell’Iran saliranno a 1,5 milioni di barili al giorno entro l’inizio del nuovo anno persiano, che prende il via il via il 20 marzo. Lo ha dichiarato il vicepresidente iraniano, Eshaq Jahangiri, citato dall’agenzia di stampa Shana.

«Oggi le nostre esportazioni di petrolio si attestano sugli 1,3 milioni di barili al giorno e alla fine dell’anno saliranno a 1,5 milioni di barili al giorno», ha detto il vicepresidente. «Nei primi tempi del nuovo anno raggiungeranno i due milioni di barili al giorno: l’Iran deve conservare la sua quota di mercato del petrolio a livello globale», ha aggiunto Jahangiri. La notizia dell'aumento dell’export di petrolio è la conseguenza dello storico accordo sul programma nucleare della Repubblica islamica, che ha portato alla revoca delle sanzioni internazionali contro Teheran.

L’Iran punta a una politica dei prezzi aggressiva per togliere quote di mercato ai concorrenti, sauditi in testa. L’Iran Heavy costerà 1,25 dollari barile in meno del prodotto saudita più simile. L’ingresso del greggio iraniano non fa che aumentare l’offerta in un mercato già “sommerso”. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia il surplus globale di petrolio è tornato a crescere, raggiungendo 2 milioni di barili al giorno nel trimestre in corso. Il risultato è sempre più visibile nelle scorte, che aumentano a dismisura. Ed è a questo che il mercato sta guardando (e reagendo, con ulteriori ribassi).

Il Paese che con maggiore costanza e impegno si sta muovendo per convincere Paesi Opec e non Opec ad agire è il Venezuela, che proprio a causa del crollo dei prezzi del greggio rischia addirittura il default. Per questo il Paese sudamericano si sta facendo in quattro per convincere i colleghi dell'Opec, ma anche i produttori esterni come la Russia, a un'azione comune mettendo a punto dei “meccanismi” che, ha auspicato il presidente Maduro, possano trovare consenso.

Lo scetticismo rispetto a questo genere di soluzioni, tuttavia, è abbastanza diffuso tra gli analisti. Oilprice.com, uno dei uno dei principali siti del settore, sostiene infatti che non ci sarà nessun taglio da parte del Cartello, per almeno un paio di buone ragioni: la prima è che la strategia dei prezzi bassi sta centrando l'obiettivo, vale a dire mettere in difficoltà i produttori di shale oil americani, che come ha evidenziato di recente Standard & Poor's stanno effettivamente collezionando fallimenti a catena; la seconda è che in realtà la produzione Opec sta aumentando e crescerà ancora con l'ingresso dell'Iran sul mercato.

Fonte: ilsole24ore.com

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Articolo pubblicato il 14/02/2016