La finanza è tuttora la maggiore responsabile delle crisi economiche globali

I principale fattori che hanno scatenato la recente crisi delle borse di tutto il mondo

Il mese di gennaio dovrebbe essere un buon periodo per i mercati azionari, con nuovo denaro che viene impiegato in fondi di investimento, mentre le vendite di titoli per diminuire il contributo di natura fiscale normalmente sono predominanti a fine anno, e ci si aspetta così un rimbalzo di inizio anno da parte degli investitori, ma non è stato così.

Il crollo delle borse mondiali a gennaio è stato travolgente, specialmente in Italia  a causa di un generalizzato timore della tenuta delle banche italiane, motivo per il quale molti investitori privati hanno ritirato il loro capitale dalle stesse, e aspettano di ricominciare a comprare quando le acque si saranno calmate sui mercati finanziari più a rischio.

 

Anche se i dati sui rendimenti degli investimenti negli Stati Uniti dimostrano in realtà che i profitti di gennaio sono stati storicamente solo leggermente migliori rispetto alla media mensile, si sperava fino a poche settimane fa che l' "effetto di gennaio" si ripresentasse, ma la debolezza dei mercati azionari in tutto il mondo è stato l' evento più sorprendente in questa prima parte dell' anno.


Nelle scorse settimane i mercati globali sono stati interessati da una volatilità eccezionale che ha il suo fulcro nel generale timore di un rallentamento (se non una recessione) cinese. E degli effetti che ciò avrebbe sul resto del mondo. Le quotazioni delle materie prime, di cui la Cina è un vorace importatore, sono in prima linea. A partire dal petrolio. Il greggio ha sfondato al ribasso un’altra importante soglia: quella dei 25 dollari al barile. Il tonfo, in atto da un anno e mezzo, è stato alimentato dal campanello d’allarme suonato dalla Iea, l’agenzia internazionale per l’energia, che ha avvertito che anche quest’anno il mercato sarà caratterizzato da forti squilibri.


Con la fine delle sanzioni contro Teheran sul mercato si riverseranno milioni di barili di petrolio iraniano (il ministro dell’energia ha recentemente ordinato un aumento di produzione di 500mila barili al giorno) con l’effetto di aggravare i ben noti problemi di domanda-offerta. «Il calo dei prezzi del greggio è destinato a continuare» ha sentenziato Alex Weber numero uno di Ubs a Bloomberg Tv.

 

Tre timori ora sembrano influenzare la psicologia del mercato: la Cina, il prezzo del petrolio e il timore di una recessione globale.

 

L economia cinese in rapido deterioramento è sicuramente un grosso problema per l'economia mondiale e per i mercati azionari. Lo abbiamo visto nei primi quattro giorni dell'anno, quando la caduta improvvisa sul mercato azionario cinese ha innescato il caos finanziario globale di gennaio. Ma il mercato azionario cinese è ancora marginale rispetto al resto del mondo. Il vero timore è che le autorità cinesi vogliano agire in modo aggressivo per svalutare lo Yuan o, più probabilmente, perdere il controllo della manovra valutaria attraverso una cattiva gestione finanziaria, con conseguente fuga di capitali che sarebbe devastante.

 

Entro la fine di gennaio, tuttavia, il " sentiment " del mercato si era mosso di nuovo a favore della stabilità in Cina. Questa calma potrebbe però essere interrotta nuovamente se le riserve in valuta estera della Cina mostrassero un'altra perdita mensile enorme.  Gli sforzi delle autorità cinesi per gestire il rallentamento economico in maniera coordinata e razionale rimarranno la principale fonte di legittima preoccupazione per i mercati finanziari per molti anni a venire.

 

Tuttavia, guardando il comportamento del mercato nella seconda metà del mese di gennaio, la paura sulla Cina si è placata, almeno per ora.

Questo non si può dire per la seconda grande preoccupazione del mercato: il crollo dei prezzi del petrolio. I mercati azionari di tutto il mondo hanno iniziato a cadere (e, occasionalmente, con pochi rimbalzi) di pari passo con il prezzo del petrolio.

 

Se i prezzi del petrolio presentano una riduzione del 5% tutti i giorni,  le conseguenze sui mercati sono dirompenti per gli spread creditizi, per i settori correlati in affanno, e per gli investitori che posseggono titoli rischiosi che sono costretti a vendite massicce per togliersi dalla congiuntura negativa. In altre parole, un circolo vizioso che fa venire in mente il famoso cane che si mangia la coda girando sempre intorno a sé stesso.

 

Come si è visto in questi ultimi giorni, in Italia il livello degli indici borsistici oggi  è tornato a quello del 2014, lasciando sul campo più di 100  miliardi di euro di capitalizzazione rispetto ai massimi del 2015, di cui 30 solo dalle banche ( dati rilevati  all' 11 febbraio 2016). Per recuperare i livelli raggiunti nel 2015 quanto bisognerà aspettare ancora con un' economia globale in deterioramento in tutto il mondo? Altro dato preoccupante per l' Italia - ma anche gli altri Paesi europei non ne sono immuni - è il prodotto interno lordo che recentemente è stato rivisto al ribasso ad uno striminzito 0,7 % contro lo 0, 9 % previsionale per il 2015.

 

E' sperabile che i prezzi del petrolio si assestino su un livello ragionevole a lungo termine, stabilizzando domanda e offerta, anche se quest' ultima risulta essere squilibrata per i dati recenti OCSE che dicono che la domanda di petrolio rimarrà bassa per tutto il 2016, e quindi vi saranno eccedenze nei depositi di petrolio. I una economia " sana"  prezzi bassi del petrolio contribuiscono ad aumentare i redditi reali, stimolano la spesa per beni e servizi essenziali, e aumentano i profitti per le imprese che consumano energia. Questi semplici fatti economici però sembra che non aiutino l' Italia, che continua a vedere un crescita inferiore all' 1% e dove il mercato borsistico è letteralmente crollato, più di tutte le altre borse europee.

 

 

Tuttavia, l'esperienza del passato suggerisce che i prezzi del petrolio non sono un utile indicatore anticipatore dell'attività economica.

Ogni recessione globale, a partire dal 1970, è stata preceduta da un forte incremento del prezzo del petrolio. La recessione globale è un chiaro caso del fatto che questa volta è diverso, il prezzo del petrolio cala per la caduta della domanda dei Paesi, specialmente quelli emergenti in forte crisi economica, ma non si vede all' orizzonte una ripresa dell' economia, almeno fino a tutto il 2016.

 

Si potrebbe citare il grande economista Paul Samuelson, che ha scherzato nel 1960 sul mercato azionario che aveva "previsto nove delle ultime cinque recessioni". A questo proposito, mentre i mercati finanziari hanno spesso sbagliato nel predire eventi economici, le aspettative finanziarie a volte possono influenzare quegli eventi. Come risultato, la realtà può talvolta essere costretta a convergere verso aspettative del mercato, non viceversa. E' ciò che è successo negli ultimi anni, quando la finanza è prevalsa sull' economia reale, con effetti boomerang sull' economia stessa.

 

Questo processo, noto come "riflessività", è una forza potente nei mercati finanziari, in particolare durante i periodi di instabilità o di crisi. Nella misura in cui opera attraverso la riflessività dei consumatori e la fiducia delle imprese, questo processo non dovrebbe essere un problema nell' immediato, perché il crollo del prezzo del petrolio è un potente antidoto al declino del mercato azionario. I consumatori stanno guadagnando di più dal petrolio a buon mercato di quello che stanno perdendo dalla caduta dei prezzi azionari, così come l'effetto netto delle recenti turbolenze finanziarie sui consumi dovrebbe portare effetti positivi nel medio- lungo termine.

 

Una preoccupazione rilevante è il funzionamento della riflessività all'interno del sistema finanziario stesso. Fallimenti di piccole imprese del settore energetico, che sono di scarsa rilevanza economica di per sé stessi, stanno creando pressioni nel settore bancario globale, riducendo la disponibilità di credito alle imprese sane e alle famiglie.

 

I timori di una svalutazione cinese che non è avvenuta (e probabilmente non lo sarà nel breve) stanno avendo lo stesso effetto raggelante sul credito nei mercati emergenti. Nel frattempo, gli istituti bancari continuano a stringere gli standard di prestito, anche se le condizioni economiche suggeriscono che dovrebbero facilitarli.

 

In breve, non esiste una logica circa la condizione dell'economia mondiale attuale, e non c' è nessun dato oggettivo che suggerisca che un forte rallentamento o recessione siano inevitabili o addirittura probabili. Ma una combinazione letale di aspettative degli speculatori al ribasso ed errori di politica potrebbero causare un ulteriore declino dell' economia reale.

 

Nel mondo gira un capitale privato di speculazione finanziaria pari a circa 9 volte il prodotto interno lordo dei Paesi mondiali. La deregulation della finanza forte mondiale è quindi ancora una volta il maggior fattore scatenante delle crisi economiche ricorrenti di questi ultimi anni.

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Articolo pubblicato il 13/02/2016