Giulio Regeni, lo studente ucciso al Cairo collaborava con il Manifesto con uno pseudonimo.

Non si può dire che scrivesse di politica, ma chiaramente parlava anche di politica.

Giulio, il "figlio che tutti vorrebbero", il dottorando alla Cambridge University con una laurea conseguita ad Oxford, aveva una forte passione per il Medio Oriente. Tale da portarlo a scrivere la sua tesi al Cairo ma anche, attraverso il quotidiano Il Manifesto con il quale collaborava, a raccontare il mondo del lavoro e dei sindacati egiziani.

Giulio insieme ad un altro ragazzo aveva iniziato a collaborare con il Manifesto diversi mesi fa e firmava - confermano dalla redazione all'Huffpost - con uno pseudonimo. Una scelta dettata "da motivi di incolumità e sicurezza, probabilmente anche per proteggere le sue fonti". Con la redazione si erano sentiti tramite mail pochi giorni prima di quel maledetto 25 gennaio in cui è sparito.

Aveva inviato un articolo sui sindacati che, per questioni di spazio, non era ancora stato pubblicato (il Manifesto probabilmente lo farà domani).

Sempre dalla redazione del giornale confermano che Giulio si trovava al Cairo esclusivamente per la sua tesi ed aveva iniziato a collaborare spinto dalla sua passione per i temi del lavoro e dei diritti. In famiglia lo descrivono come "un ragazzo serio, intelligente e con grandi capacità. Una bella persona. Appassionato di Medio Oriente" ma conoscitore del mondo, un giovane a suo agio dovunque.

L'Ansa ricorda che dai 12 ai 14 anni era stato sindaco dei ragazzi del suo comune, poi aveva lasciato Fiumicello per frequentare il liceo a Trieste, al Petrarca. Poi, l'estero: una borsa di studio, gli ultimi tre anni di liceo nel New Mexico, negli Stati Uniti, nel Collegio del Mondo Unito. Infine l'Università in Inghilterra. Prima a Oxford dove ha conseguito una laurea a indirizzo umanistico e poi il dottorato a Cambridge, che lo aveva portato al Cairo, a settembre dove faceva ricerche per un tesi sull'economia locale (leggi la sua tesina).

Regeni sapeva parlare bene l'arabo, una abilità che lo aveva aiutato anche a redigere i suoi pezzi per il giornale, articoli sui movimenti operai, i sindacati e "analisi sul mondo del lavoro, come l'ultima. Non si può dire fosse un pezzo politico, ma chiaramente parlava anche di politica". Con il passare delle ore, dopo le prime false indicazioni della polizia "si è trattato di un incidente" e le notizie trapelate da chi ha potuto vedere il corpo "segni di bruciature di sigaretta, occhi feriti, ferite da taglio e colpi e lividi anche dietro la schiena" (dice la procura, ndr) la pista indicata dai generali era quella di una rapina.

Visti però i segni lasciati sul corpo del povero Giulio ritrovato in un fosso lungo la strada Cairo-Alessandria, anche l'idea della rapina prende in queste ore sempre meno corpo. Nei giorni in cui è sparito, ricorda il Nyt, altre persone collegate a movimenti di opposizione (era l'anniversario della rivolta in Egitto) sono misteriosamente scomparse. E' troppo presto per fare collegamenti di questo tipo ma di sicuro anche questa dovrà essere una traccia seguita dalla procura italiana e dalle autorità egiziane nella ricerca della verità su questo tragico delitto.

Fonte: Huffpost 

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Articolo pubblicato il 04/02/2016