Malvagie al potere #10: la regina delle perfide, la celebre Grimilde tra fiaba, storia e realtà

Colei che conosciamo (grazie a Walt Disney), come Grimilde è un personaggio di fantasia oppure reale? Vi è qualche elemento direttamente ispirato alla realtà? Scopriamo insieme la vera storia di questa perfida regina

Siamo ormai giunti alla fine di questo ciclo di racconti dedicato alle “perfide” della storia: quest’ultimo articolo sarà dedicato alla “cattiva” per eccellenza, colei che non avreste mai pensato potesse esser stata reale. Di chi stiamo parlando?

Della celeberrima Grimilde, la matrigna di Biancaneve, personaggio che nell’immaginario collettivo rappresenta sicuramente l’incarnazione della più malvagia tra le madri acquisite.

Tuttavia, le matrigne sono una categoria storicamente molto diffusa, date le precarie condizioni delle partorienti nei secoli scorsi: Anna Bolena per esempio, renderà impossibile la vita della sua figliastra Maria, che guadagnerà fama come “Bloody Mary”; e ancora, Elisabetta Farnese ci fornisce ulteriore esempio di matrigna senza scrupoli: essa getterà la Spagna in lungo ciclo di guerre pur di far scalare la discendenza reale ai propri figli a discapito di quelli di primo letto di suo marito, Filippo V.

Insomma la storia ci fornisce molti esempi a cui far riferimento eppure, tra tutte le matrigne, quella che tutti ricordano è proprio la perfida madre acquisita dei fratelli Grimm.

Essa ovviamente è una seconda sposa, una miscela composta dalla contessa Bathory e da lady Macbeth, una diretta discendente della maga Circe e della fata Morgana, che diviene matrigna di una splendida giovane e sappiamo tutti come in seguito si svolge la fiaba. La fiaba appunto.

In questa fiaba c’è dunque qualche elemento reale o che perlomeno è direttamente ispirato dalla realtà?

In molti, dopo accurate analisi, hanno ipotizzato che questa perfida regina potesse essere il ritratto della seconda moglie di Philip IV di Waldeck, stato del Sacro Romano Impero germanico. Questo conte ha una bellissima figlia di nome Margaretha, morta all’età di ventuno anni, uccisa dall’arsenico.

Verso la fine del secolo scorso, uno storico tedesco afferma di aver trovato la verità su questa famosa donna malvagia: nel XVIII secolo Philip-Cristoph von Erthal – anche qui un Philip! – è ministro degli Esteri per il vescovo. Due anni dopo la morte di sua moglie, che era anche madre di sua figlia Maria Sophia, sposa Claudia Elisabeth Maria von Venningen.

Essendo spesso lontano da casa per lavoro, è quest’ultima ad occuparsi della ragazzina e a gestire il castello di Lohr am Main, nel quale ancora oggi vi è uno specchio “parlante”, probabilmente chiamato così per le iscrizioni presenti sulla cornice.

Vi sono poi altri elementi che fanno pensare alla storia di Biancaneve: l’intricata foresta nelle vicinanze del castello, la presenza delle miniere di Bieber, nelle quali per estrarre rame e argento si ricorre spesso a bambini. Essi potrebbero essere stati inseriti nella fiaba nel ruolo dei “Sette nani”: Pisolo, Mammolo, Gongolo, Dotto, Eolo, Brontolo e Cucciolo, sono tutti nomi (usati da Disney) che richiamano la fanciullezza.

Inoltre il veleno utilizzato per l’altrettanto famosa mela di Biancaneve sarebbe, secondo gli storici, succo di belladonna, una pianta diffusa proprio in quella zona.

In mezzo a tante coincidenze però, questo personaggio rimane senza nome, fino a che un signore che ama i cartoni non decide narrare questa già famosa fiaba a modo suo, nel 1937: è il primo classico Disney.

Nel 1935 Walt Disney è a scoprire l’Europa insieme al fratello e quando torna, porta con sé molti libri. In uno di questi scopre la fotografia di qualcosa che non aveva visto durante il suo viaggio, nonostante il consiglio del suo collaboratore, Wolfgang Rheitermann. La foto ritrae la statua della bellissima Uta degli Askani di Ballenstedt: essa è avvolta da un mantello, il suo sguardo è malinconico e austero, la sua bellezza è tanto fredda quanto regale.

Lei resta nell’immaginario collettivo a incarnare l’ideale femminino germanico, che dal romanticismo, passando per il nazismo, giungerà fino al socialismo reale di Hoenecker. Così, la sua immagine resta indelebile anche nella mente di Rheitermann e in quella di Disney, che decide di ispirarsi a questa donna realmente esistita, ma con una variante fondamentale.

Questa donna simbolo di virtù diverrà nella sua storia, simbolo di malvagia vanità, ed ecco Grimilde, nome innegabilmente tedesco e vagamente wagneriano.

Grimilde e Uta hanno entrambe il viso incorniciato da una benda, sopracciglia sottili, un ampio mantello e una sola distinzione: i seducenti, verdissimi occhi di Grimilde sono in realtà quelli di Joan Crawford, diva di quegli anni.

Si tratta dunque di un caso, specie in quel periodo storico, che Disney abbia deciso di ribaltare l’ideale di purezza e bellezza ariana, nella mora e malvagia Grimilde? Sembra proprio di no.

Al suo ritorno dall’Europa Walt fece un incontro imprevisto, quello con Marlene Dietrich (nota antinazista) e con lei e il suo fotografo parla di questa seducente statua.

Una sorta di protesta tra le righe, sicuramente non troppo celata, tanto che Goebbels la nota e decide di impedire la diffusione di “Biancaneve” in Germania, nonostante Hitler sia un grande ammiratore di Disney. Possiamo quindi tranquillamente dire, che questo celebre e affascinante personaggio non appartiene alla fantasia, ma alla realtà storica e pure icononografica.


Peccato che, tra i tanti link che si sono visti girare sul web e sui social sulle curiosità dei film d’animazione targati Disney – come ad esempio quelli sui messaggi subliminali a sfondo sessuale – non ne sia girato uno che racconti invece di questa “protesta subliminale” antinazista e di colei che la ispirò, ma a questo ci pensiamo noi.

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Articolo pubblicato il 27/01/2016