Il suicidio dell’Europa

L’inettitudine dei suoi uomini politici

Il prepotente ritorno sulla ribalta mediatica della vita politica europea nelle settimane immediatamente successive alle feste di fine anno e le recenti diatribe fra il nostro Governo e le istituzioni di Bruxelles hanno indotto molti commentatori politici a sbizzarrirsi in valutazioni pro e contro il sistema Europa.

Chi crede ancora in una Europa unita, sia politicamente sia economicamente, ha poche speranze di trascorrere la stagione che stiamo vivendo senza assistere al sempre più veloce logoramento di uno dei più alti ideali che portò  dopo pochi anni dal termine delle operazioni belliche della seconda guerra mondiale all’incontro sofferto fra  uomini appartenenti a nazioni diverse, vincitrici e vinte, di grande levatura morale, filosofica e politica oltre che grandi interpreti dell’economia liberista e non solo.

Basti ricordarne alcuni come Konrad Adenauer, Walter Hallstein, Sicco Mansholt, Robert Schumann, Paul-Henri Spaak, gli italiani Alcide De Gasperi, Ugo La Malfa, Altiero Spinelli  e tanti, tanti altri che pur in mezzo a incommensurabili difficoltà dovute agli innegabili rancori residuati al periodo bellico, seppero superare ogni ostacolo e con grande capacità politica e diplomatica riuscirono a costruire le basi per una Europa finalmente unita.

Incorrerei in inescusabili lacune se volessi allungare l’elenco accennando, anche solo di sfuggita, ad altri grandi interpreti della politica internazionale che si susseguirono e si batterono, pur fra mille difficoltà interne ad ogni singolo paese, fino a raggiungere finalmente, la fondazione definitiva (o almeno ritenuta tale !) dell’UNIONE EUROPEA.

Molte sono le cause che inducono oggi anche i più ottimisti fra i commentatori alla nefasta previsione a cui ho accennato all’inizio ma la principale di queste cause si può individuare, a mio modesto avviso, nell’incapacità della maggioranza degli uomini politici che presiedono attualmente alle singole realtà nazionali, sia che si trovino al governo sia che appartengano all’opposizione.

Con l’inevitabile, drammatica conseguenza che gli uomini da essi delegati a rappresentarli ai vertici delle massime istituzioni europee, seppure eletti collegialmente e secondo un democratico avvicendamento appaiono ancor più inescusabili per l’incapacità di dare vita a quell’Europa forte, determinata e veramente unita che potrebbe finalmente opporsi con successo alla versione peggiore di quella globalizzazione che ormai è vista con sospetto se non addirittura con sgomento dalla maggioranza dei cittadini europei.

Tanto più grave appare questo problema laddove si voglia ribadire e rendere compiuto il progetto di un’Europa Unita di fronte allo scontro ormai inevitabile che l’attende nell’immediato futuro e alle sfide ancor  più pesanti che esso porta con sé.

E’ sulla necessità di questa compattezza che la maggior parte degli uomini politici europei e i loro oppositori stanno perdendo la battaglia. L’errata interpretazione delle necessità che incombono e ancor più incomberanno nei prossimi anni sulla Unione Europea è stata enfatizzata proprio dalle recenti modalità che hanno contraddistinto le reazioni degli uomini di Bruxelles nei confronti del deciso atteggiamento assunto dal Governo Italiano verso gli Istituti europei più rappresentativi, con ciò denotando una debolezza strategica strutturale e dunque non solo episodica ma che, al contrario sussiste, mascherata, da molto tempo.

I disequilibri che hanno caratterizzato negli ultimi anni le prese di posizione della Commissione UE nei confronti di ogni singolo Paese, con una spiccata predisposizione  all’indulgenza verso l’asse franco tedesco (pensiamo per quanto riguarda la Germania al gasdotto del Nord Europa nonostante le sanzioni alla Russia!), hanno generato sfiducia e intolleranza che, in alcune nazioni come la Polonia hanno raggiunto un limite assai preoccupante.

Non intendo addentrarmi nell’esame di ogni singola iniziativa, se così si può definire, dell’Unione Europea: troppe sono le occasioni che meriterebbero una riflessione ben più ponderata.

Ma i burocrati di Bruxelles, dal presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker, al Commissario Ue agli affari economici Pierre Moscovici, all’impareggiabile Margrethe Vestager Commissaria europea per la Concorrenza che, in pratica, vorrebbe affossare la più grande industria europea dell’acciaio, quell’ILVA di Taranto che da sola produce più acciaio di Ungheria, Slovenia, Croazia, Bulgaria, Svezia, Slovenia, Grecia e Lussemburgo messe insieme, hanno poco da gridare allo scandalo se le proteste del Governo Italiano sono state finalmente elevate con toni ben più forti di quanto lo siano stati nel passato.

Tanto più se si pensa che spesso i così detti paesi forti dell’Unione rimangono ben zitti quando fa loro comodo ma non esitano a mandare palesemente allo sbaraglio  i rappresentanti di quei paesi “amici”, come il premier olandese Mark Rutte, Presidente di turno della UE, alleato di Angela Merkel che, sulla spinosa questione degli aiuti dell’Ue alla Turchia per frenare l’esodo dei migranti siriani, ha dato di testa respingendo come incommentabile la proposta di Matteo Renzi soltanto perché il premier italiano ha chiesto giustamente che i fondi vengano prelevati dal fondo comunitario, con l’ulteriore severa vigilanza sull’effettivo utilizzo degli aiuti una volta ricevuti dalla Turchia.

Di fronte alla situazione attuale dell’Europa sulla cui scena si agitano questioni di una gravità enorme, dalle rivendicazioni di autonomie regionali come ad esempio in Spagna, dall’insorgere ben più preoccupante di autoritarismi  in quei paesi dell’est europeo, in particolare in Polonia, di recente ingresso nell’Unione, dal dramma dei migranti dalla Siria che stanno travolgendo le popolazioni e le città balcaniche, per tacere degli sbarchi sui nostri litorali, fino ai ben noti problemi della flessibilità e della crisi economica globale, i burocrati di Bruxelles dimostrano di non possedere neppure in minima percentuale quelle doti di capacità, disponibilità, comprensione, coraggio e spirito di iniziativa che caratterizzarono l’azione dei padri fondatori dell’EU.

Né si venga a sostenere che quei politici avevano di fronte problemi meno gravi di quelli che oggi attraversano la scena politica internazionale. Basti pensare che l’equilibrio territoriale, politico ed economico di quei tempi era retto soltanto dalle minacce contrapposte di una guerra nucleare!

Forse, alla luce di tali considerazioni, i burocrati di Bruxelles dovrebbero fare ammenda anziché adontarsi per una presunta lesa maestà da parte di chi, pur senza assumere iniziative eclatanti, rifiuta di rimanere in silenzio e fa della denuncia un’arma di metodo politico che dovrebbe essere supportato anche da altri paesi come ad esempio la Francia e la Spagna.

Non è senza motivo che proprio dalla Francia si è levata qualche voce, molto timida per la verità, a sostenere che, in realtà, il governo Renzi non ha tutti i torti a chiedere a gran voce maggiore flessibilità e lungimiranza politica da parte dell’Europa se si vuole che, se non tutti, almeno una buona parte dei problemi attuali  più gravi vengano affrontati con qualche possibilità di successo.

Attendere ancora supinamente di affrontare realisticamente gli ostacoli che impediscono la piena e dinamica espressione di una vera unione continentale europea in nome della vuota e sola pretesa verbale di una unità d’intenti fine a sé stessa, come vorrebbe la nostra ineffabile Federica Mogherini, Alto rappresentante europeo per la politica estera, sarebbe la fine non soltanto dell’Europa Unita ma anche di buona parte del mondo occidentale.

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Articolo pubblicato il 22/01/2016