Ucraina - intervista al Muftì Said Ismagilov

Un interessante modello di convivenza tra religioni nell'Europa centro orientale

Kiev 18 gennaio 2016

Nei giorni scorsi ho incontrato per una intervista il Muftì di Ucraina Said Ismagilov, figura di riferimento per i mussulmani di Ucraina. Nonostante inizialmente l’incontro era focalizzato sulla tematica della situazione in Ucraina a due anni di distanza dalla rivoluzione di Maidan, abbiamo anche affrontato temi di politica internazionale ed è emerso un interessante modello di convivenza tra diverse religioni. E’ importante che l’Europa guardi a questo modello di convivenza pacifica ed impari da una esperienza centenaria.

Questo modello insieme a tante altre cose fanno già dell’Ucraina una nazione pienamente Europea e sono gli stessi ucraini che debbono scrollarsi di dosso quel senso di inferiorità verso l’Europa che spesso emerge nelle conferenze quando la domanda più comune è “cosa necessitiamo ancora per essere europei?”. Forse dovrebbero piuttosto cominciare a pensare cosa possono proporre all’Europa della propria cultura o della lor società. Ad esempio forse pochi sanno che la prima Costituzione in Europa fu scritta in Ucraina agli inizi del 1700 da Pylyp Orlyk, la prima al mondo che stabiliva la separazione del potere del Governo da quello giuridico, oppure che l’inventore di WhatsApp Jan Koum è un Ucraino.

Ma veniamo all’incontro con Said Ismagilov, persona molto gentile, vestito con la vyshyvanka, la tipica camicia ucraina, ci accoglie subito dopo la preghiera. Lo stabile è molto moderno, pulito ed ordinato. Tra le persone che pregano nessuno che ci ricordi immagini di salafiti o comunque persone vestite con i loro abiti tradizionali, tutti sono vestiti normalmente come se dopo la preghiera dovessero andare in ufficio.

Ci accomodiamo nel suo ufficio, ci offre un the e l’intervista ha inizio.

Vorrei cominciare dal Maidan. Mi ricordo che due anni fa tutte le organizzazioni religiose erano unite sul palco principale durante la preghiera. Questa unità c’è anche adesso?

Purtroppo non tutte le organizzazioni religiose erano unite durante il Maidan. C’erano quelle che preferivano la neutralità e quelle che in modo non ufficiale continuavano a sostenere le autorità dell’ex PresidenteYanukovych. Sul palco di Maidan c’erano comunque la maggior parte delle organizzazioni religiose, erano coloro che sostenevano il Maidan. Sembrava allora che tutti i circoli religiosi fossero unanimi e uniti, ma in realtà almeno dal punto di vista musulmano posso dire che c’erano, e ci sono tuttora, delle organizzazioni mussulmane filorusse che non sostenevano il Maidan. Coloro che lo sostenevano continuano a farlo anche adesso in questo momento difficile. Coloro che invece allora o tacevano, o non lo sostenevano, mantengono quella posizione. Niente è cambiato. Tutte le organizzazioni religiose filorusse sia durante il Maidan che oggi continuano a svolgere la missione per la quale la Russia le ha create e finanziate.

A due anni di distanza dal Maidan ci sono più cose belle o cattive?

Io penso che più cose belle. Perché non sto facendo una valutazione dal punto di vista del benessere finanziario o della crescita economica, tutto quello passa e va. La mia valutazione riguarda il futuro dell’Ucraina. E se prima l’Ucraina e la coscienza della maggior parte degli ucraini era amorfa, post-sovietica, ora la società è cambiata e continua a cambiare. Anche questa guerra che è stata inaspettata e molto disonesta, vile, ingiusta, ha avuto il pregio di unire la società. Ora la gente capisce che abbiamo l’Ucraina, che bisogna difenderla questa Ucraina. Se è necessario sacrificano le loro vite, i propri beni. Quando emerge una problema così grande, un esame così grande per una società, la società o si perde, o si unisce e vince. Osservo che stiamo vincendo. E’ la società stessa che continua ad esigere dai politici che loro cambino lo Stato, i politici magari non vogliono ma la società lo esige e loro non hanno altra scelta, i politici cercano di frenare in diversi modi. Comunque nonostante i problemi che ci sono nel paese la mia valutazione è molto positiva.

Cosa pensa la comunità musulmana dell’occupazione della Crimea?     

Come ho detto abbiamo anche i musulmani filorussi, ma per i musulmani ucraini è una grande perdita. Dalla Crimea l’Islam ha cominciato a diffondersi non solo in Ucraina ma anche in altri paesi europei. Ad esempio dalla Crimea l’Islam si è diffuso in Bielorussia, Lituania, Polonia, Romania, Moldova. Questa diffusione è avvenuta nel medioevo, ed è per questo che la Crimea è la culla dell’Islam nel centro Europa, è il luogo da dove la storia dell’Islam nell’Europa orientale è cominciata. E’ una grande tragedia per noi. I musulmani d’Ucraina vogliono far ritornare la Crimea in Ucraina il più presto possibile.

I patrioti ucraini musulmani combattono al fronte. Vanno d’accordo con i cattolici, e gli ortodossi?

Normalmente. In Ucraina tutti sono sempre andati d’accordo, il nostro paese è benevolo, non abbiamo dei problemi alla base di carattere religioso. Da noi il problema con le religioni sta in un’altra dimensione. Non è un problema ad esempio tra i cristiani ed i musulmani o tra i cristiani ed i giudei, ma è un problema di chi è per l’Ucraina e chi è contro. E quindi se le persone sono per l’Ucraina nonostante la loro appartenenza religiosa stanno insieme. Se invece sono contro, anche tra i musulmani stessi vi sono dei conflitti.

Qual è l’atteggiamento verso i musulmani in Ucraina dopo gli attacchi terroristici a Parigi?

L’atteggiamento verso i musulmani dell’Ucraina non è cambiato. Innanzitutto perché per primo abbiamo il nostro grande problema della guerra, ogni giorno, ogni mese la gente qui muore. Nel complesso i morti sono molto in più rispetto a quelli che sono morti a Parigi. Per questo l’attenzione degli ucraini è in prevalenza concentrata sulla situazione interna. Secondo, i musulmani d’Ucraina non hanno mai commesso atti terroristici, non hanno mai commesso attività criminali. Al contrario i musulmani d’Ucraina insieme agli altri ucraini difendono la patria. Vi è rispetto reciproco. I problemi che sono emersi in Europa non hanno avuto un impatto particolare sulla comunità musulmana in Ucraina perché qui siamo conosciuti come quelli che difendono la patria.

Qual è la sua opinione sugli eventi in Siria ed in generale nel Medio Oriente?

Penso che questo conflitto che è cominciato come una rivoluzione contro il regime del dittatore Bashar al-Assad sia stato poi usato da forze diverse per raggiungere i loro obiettivi geopolitici. In questo conflitto sono entrati l’Iran, la Russia, la Turchia, l’Europa, gli Stati Uniti e i paesi arabi. Ora c’è un gran numero di attori che stanno combattendo uno contro l’altro. A nessuno interessa il futuro della Siria o il futuro dell’Iraq. S’interessano dei loro interessi geopolitici. La Russia si trova lontano dalla Siria, ma è intervenuta per raggiungere i propri obiettivi.

Lei pensa che l’ISIS sia uno strumento utile per i vari attori per fare altre cose?

L’ISIS è un’altra cosa. Nel conflitto siriano non partecipa solo l’ISIS. Le modalità con cui usano l’ISIS sono particolari perché l’ISIS riceve le armi da qualche fonte, riceve il denaro, il cibo. Se fosse vero l’interesse, come dichiarato, di sconfiggerlo, tutte le parti del conflitto avrebbero potuto bloccare tutti i canali per la consegne delle armi, del cibo ecc. Senza approvvigionamenti la potenza di questa organizzazione terroristica sarebbe diminuita. Invece loro continuano a ricevere, da dove non lo sappiamo ancora, tutto questo sostegno. E’ noto che l’ISIS è una formazione artificiale. C’è un gran numero di istruttori dall’Iran e dalla Russia. I militanti dalla Russia che sono andati a combattere lì rappresentano una parte importante di questo gruppo. Anche la strategia della Russia in questa guerra è assolutamente ondivaga, bombarda non tanto l’ISIS quanto gli altri gruppi che sono coinvolti in questo conflitto. E’ evidente che la Russia non concentra gli sforzi contro i terroristi dell’ISIS ma contro le altre fazioni anti Assad. Non è un conflitto contro il terrorismo, ma un gioco molto grande con tanti giocatori seduti al tavolo.

In Italia ci sono tanti i partiti di destra che usano l’islam fobia e la xenofobia per ottenere più voti. Qual è la politica dei partiti di destra in Ucraina?

Svariata. Ci sono diversi partiti nazionalistici di destra in Ucraina. Alcuni di loro hanno un rapporto normale con l’islam e con i musulmani mentre alcuni non hanno buoni rapporti, non sono in conflitto ma non hanno buoni rapporti. Tutto dipende però dalla posizione dei musulmani stessi. Molto spesso gli ucraini pensano che i musulmani anche in Ucraina siano un organizzazione religiosa monolitica. Ma non è vero. I musulmani in Ucraina sono differenti, come ho detto prima ci sono quelli filorussi e quelli filo ucraini. Ad esempio quando un partito di destra incontra i musulmani che sono filorussi, che non rispettano l’Ucraina, la sua lingua e la sua cultura, si comportano nel modo scettico e anche ostile.

Cioè non c’è un sentimento xenofobico contro TUTTI i musulmani come ad esempio invece sostiene a gran voce Donald Trump in America, Lei dice che c’è una distinzione che ha sempre come base su chi sostiene l’Ucraina e chi no. Non è quindi un conflitto di religione?

No, non c’è un conflitto di religione. I musulmani in Ucraina sono presenti da tanto tempo, a partire dal IXo secolo. Cioè da più di 11 secoli i musulmani sono presenti in Ucraina. I musulmani d’Ucraina sono integrati nella società, non si separano in qualche ghetto, non esteriorano mancanza di rispetto o odio per l’Ucraina. Al contrario i musulmani d’Ucraina fanno di tutto per integrarsi e fare parte del paese. Ecco perché i conflitti come in Europa occidentale non si sono verificati. I musulmani vivono qui da molto tempo così che sono diventati “NOI”. Si sono adeguati al paese, alla mentalità. Quando i media occidentali hanno presentato i musulmani con un’immagine negativa dovuta agli atti terroristici che hanno avuto luogo a New York, Londra, Parigi, Madrid, in diverse città ci sono state reazioni ma non così forti come nell’Europa occidentale perché qui siamo diversi. Quando è cominciato prima il Maidan e poi la guerra, gli ucraini hanno visto che i musulmani d’Ucraina stavano insieme agli altri ucraini, l’atteggiamento è cambiato.

L’Europa dovrebbe adottare il modello ucraino di convivenza religiosa?

L’Ucraina non è l’unico esempio di questo modello. Ad esempio lo stesso modello si può notare in Bielorussia, Polonia, Lituania. Nei Balcani prima del conflitto serbo-bosniaco-croato tutto funzionava abbastanza bene. Cioè questo modello non è particolare, è tipico di tutta l’Europa orientale. Certamente stiamo proponendo questo modello, ma si deve capire che perché questo modello funzioni ci vogliono almeno tre fattori.

Due fattori dipendono dalla gente e uno non del tutto. Quello che non dipende del tutto dalla gente è il TEMPO. Cioè ci vuole il tempo perché le persone che sono venute come immigrati si integrino, le prossime generazioni cresceranno, i figli e i nipoti di questi migranti saranno Europei. Adattare velocemente un gran numero di migranti nella società europea non è possibile. Una volta anche in Ucraina c’erano dei conflitti tra i musulmani e non-musulmani. Però dopo aver vissuto tanti secoli insieme tutto si è stabilizzato, tutto si è risolto, le persone si conoscono.

Il secondo fattore. Perfino il tempo non aiuterà se la comunità musulmana dell’Europa non vorrà essere aperta verso l’Europa stessa. Se si chiuderanno in un ghetto anche tanto tempo non aiuterà. Per risolvere questa situazione bisogna che tra i musulmani ci siano dei leader culturali, religiosi, civili che aiutino i migranti a comprendere che la loro patria è ora qui nello Stato che li ospita, che loro devono rispettare la lingua, la cultura. Non devono diventare cristiani, devono restare musulmani, ma la loro identità musulmana non deve entrare in conflitto con l’identità europea. Molto dipende dai leader.

Il terzo fattore, è importante che la società capisca, questo dialogo deve essere bilaterale. I musulmani devono aprirsi alla società europea, adattarsi, e nel contempo la società deve percepire normalmente questa gente, non deve demonizzarla, non ci devono essere le fobie verso gli immigrati. Non devono essere trattati come emarginati e discriminati.

Se tutti questi tre fattori si realizzano, cioè il tempo, i leader e l’apertura reciproca di entrambe le parti della società, allora questo modello funzionerà.

Lei è originario di Donetsk. Come vive l’occupazione militare, ha ancora i contatti a Donetsk?

Per noi abitanti della regione di Donetsk è in effetti una situazione molto difficile. Siamo stati costretti ad abbandonare Donetsk, non perché c’erano problemi umanitari ma perché quando questo territorio è stato catturato dai separatisti e dai militari russi è cominciata una vera e propria pulizia etnica. Rastrellavano le persone che avevano attivamente difeso l’Ucraina, li uccidevano, torturavano, o li facevano prigionieri per poi scambiarli per i propri militanti che erano stati catturati dai militari ucraini. Era molto pericoloso, siamo stati costretti ad andarcene, lasciare lì tutto quello che avevamo e andarcene. Me ne sono andato anch’io. Questo ci spinge ad essere molto attivi, a fare di tutto per far ritornare questi regioni in Ucraina. Dobbiamo vincere questa guerra, dobbiamo vincere non solo la guerra militare ma anche la guerra dell’informazione. Dobbiamo contrastare la propaganda russa. Stiamo usando tutte le nostre capacità per questo. Stiamo inviando aiuti umanitari, svolgiamo attività informative, religiose. L’Ucraina non ha le possibilità e le risorse che sta utilizzando la Russia, La popolazione lì infatti è convinta che l’Ucraina ha un atteggiamento ostile verso di loro. Questo ci spinge ad essere molto attivi per vincere questa guerra. Non siamo passivi, al contrario siamo molto attivi.

Finita l’intervista ci congeda e nel ringraziarlo gli confido che me ne vado con la stessa sensazione di pace che ho avuto in altre occasioni quando ho intervistato esponenti religiosi cattolici, ortodossi o ebrei. Una convivenza pacifica è possibile, forse dovremmo guardare meglio a quei paesi dove ciò avviene da secoli.            

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Articolo pubblicato il 19/01/2016