L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - “Historia magistra vitae”

Quali rimedi per fronteggiare le migrazioni di massa in Europa?

Il fenomeno migratorio, da argomento di studi o di cronache lontane, condiziona la nostra vita, ormai da anni, con le preoccupanti incursioni del terrorismo che sta insanguinando con costante tempistica, non solo l’Europa.

Oltre alla crisi economica persistente ed al mutamento del nostro stile di vita in peggio, quale conseguenza del consolidarsi della globalizzazione, assistiamo all’invasione in molti Paesi Europei, da parte di milioni di bocche da sfamare. Ciò non può non indurci alla riflessione.

C’è chi si appaga di concioni,  il più delle volte circoscritti in superficiali sproloqui diffusi da populisti che mentre tanto parlano, molto poco risultano efficaci ad indicarci rimedi certi e strade percorribili.

 All’indomani della notte dei Licei classici, nel riaffermare la perenne attualità della cultura classica, non ci resta, per capire il fenomeno, prima ancora di giudicarlo, di ricordare la profetica locuzione “Historia magistra vitae” contenuto nel De Oratore, opera dell’immortale Marco Tullio Cicerone e riflettere.

Tornando alla caduta dell’Impero romano, ricordiamo che alcuni storici hanno individuato nelle invasioni o migrazioni barbariche  la ragione principale del crollo finale dell'Impero romano d'Occidente, pur riconoscendo i limiti interni dello stato romano . Altri studiosi invece ritengono che la decadenza e la rovina di Roma sia dipesa da cause interne, ovvero dalle grandi correnti profonde del mutamento sociale che investirono le strutture economico-sociali e le istituzioni politiche del Tardo Impero romano, fino a provocarne la caduta.

Non si deve dimenticare che la fase delle invasioni barbariche che contribuì alla caduta finale dell'Impero romano d'Occidente ebbe inizio nel tardo IV secolo, quando gli spostamenti degli Unni verso l'Europa orientale finirono per spingere altre popolazioni barbariche a invadere i confini dell'Impero per non cadere sotto il giogo unno. La prima avvisaglia della maggiore pericolosità strategica delle invasioni, si ebbe quando i Goti inflissero una memorabile sconfitta all'esercito romano nella battaglia di Adrianopoli del 378, nella quale morì addirittura l'imperatore Valente.

Da quel momento in poi i barbari vennero fermati sempre più difficilmente, fino a dilagare del tutto nella parte occidentale dell'Impero nel V secolo.

Per lo storico francese André Piganiol (L'Empire Chrétien, 1947) le invasioni barbariche furono la causa esclusiva della rovina dell'Impero romano d'Occidente, mentre per lo storico italiano Santo Mazzarino (Fine del mondo antico, Rizzoli, 1988), invece, esse diedero solo la spallata finale a una struttura politica, economica e sociale ormai profondamente logora.

La storiografia del XIX e del XX secolo ha posto l'accento, invece, sulle profonde questioni di tipo economico-sociale che dal III secolo in poi portarono al progressivo declino della produzione agricola, alla crisi dei commerci e delle città, alla degenerazione burocratica ed alle profonde disuguaglianze sociali, facendo perdere ricchezza e coesione interna all'Impero romano d’Occidente, fino alla sua caduta finale nel V secolo.

Fu la crisi economico-sociale, insomma, che alla lunga finì per indebolire fatalmente la struttura politico-militare dell'Impero romano d'Occidente.

Sempre condividendo il principio Ciceroniano, risulta evidente come quel coacervo di cause, non sia dissimile alla situazione tendenziale che si sta verificando in Europa

 Mentre  nel 18° e 19° secolo l'Europa ha popolato il mondo. Oggi il mondo sta popolando l'Europa. Al di là delle tensioni scatenate dall'arrivo nel 2015 in Germania di oltre un milione di rifugiati, si impone la realtà delle grandi tendenze demografiche. L'attuale crisi migratoria è alimentata dalle guerre nel Medio Oriente, ma altre dinamiche ancor più rilevanti fanno sì che l'immigrazione verso l'Europa continuerà, purtroppo a rappresentare una questione controversa ben oltre la fine della guerra in Siria.

L'Europa è un continente ricco che sta invecchiando e la cui la cui popolazione è stagnante. Al contrario, l'Africa, il Medio Oriente e l'Asia del Sud, aree più giovani e povere, crescono velocemente.

Nel 1900, i Paesi europei vantavano il 25% della popolazione mondiale. Oggi, gli europei sono circa 500 milioni e rappresentano attorno al 7% degli abitanti del pianeta. In Africa, al contrario, ci sono ora più di un miliardo di persone e, secondo l'Onu, diventeranno 2,5 miliardi nel 2050. La popolazione dell'Egitto è raddoppiata dal 1975, raggiungendo gli oltre 80 milioni di oggi. La Nigeria aveva 50 milioni di abitanti nel 1960, che ora sono cresciuti a 180 milioni e nel 2050 saranno oltre 400. Le migrazioni in Europa di africani, arabi e asiatici segnano il capovolgimento di una tendenza storica.

 Nell'era coloniale, da molti rimpianta, l'Europa praticò una sorta di imperialismo demografico, con le sue popolazioni bianche che emigravano ai quattro angoli del mondo. I Paesi europei, inoltre, crearono colonie ovunque e vi insediarono i propri emigranti, mentre allo stesso tempo diversi milioni di persone furono costretti a emigrare con la forza, come schiavi, dall'Africa verso il Nuovo Mondo.

 Quando gli europei popolavano il mondo, spesso lo facevano attraverso una “migrazione a catena”. Dapprima, il membro di una famiglia si insediava in un nuovo Paese come l'Argentina o gli Usa; infine, non molto tempo dopo, altri emigranti seguivano le orme dei primi.

Ora, la catena si muove nella direzione opposta: dalla Siria alla Germania, dal Marocco ai Paesi Bassi, dal Pakistan alla Gran Bretagna.

 Negli ultimi quarant'anni, Paesi come il Regno Unito, la Francia e l'Olanda sono diventati molto più multirazziali.

I Governi che si impegnano a imporre un freno all'immigrazione, come l'attuale esecutivo inglese, si sono accorti che è poi molto difficile mantenere le promesse. Di fronte a questa tendenza è lapalissiano come non siano i muri o i rimpatri coatti a porre un’inversione di tendenza al fenomeno.

Si ravvisa quindi la mancanza di una politica adeguata da parte dell’Europa. Purtroppo, a distanza di anni. dobbiamo amaramente riflettere sul dilemma manifestato da Raymond Aron “se la difesa della libertà si è chiamata poi Europa, guardati dal perdere la libertà per oscillare tra in difesa di un’Europa decadente e in difesa di un’Europa liberale” .

Non si è fatto ricorso alle armi della diplomazia multilaterale per arginare fenomeni locali ormai cronicizzati nel Medio Oriente e in Africa, mettendo in opera gli strumenti che i politici del secolo scorso seppero magistralmente adottare.

Così come la carenza di una legislazione che, pur difendendo il principio dell’accoglienza e della solidarietà, risalti e difenda i diritti dei residenti, il rispetto della civiltà occidentale, della proprietà privata e delle tradizioni civili e religiose.

Se l’Europa, favorendo il buonismo peloso, che nella maggior parte dei casi, risulta ottimale esclusivamente per rimpinguare la pancia dei profittatori, sovente legati a torbidi ambienti, continua ad agire in ordine sparso eludendo l’origine e le cause del fenomeno, continueremo ad assistere al crescente disprezzo della nostra civiltà da parte di masse incontrollabili di migranti, clandestini o rifugiati che siano.

Risorgeranno, per reazione i  nazionalismi, più o meno camuffati , i conflitti etnici e  non potremo che seguire il destino infausto dell’Impero Romano di Occidente.

Ma dove operano gli Statisti in grado di comprendere e fronteggiare con misure adeguate e non frammentarie questo fenomeno epocale, ma ineludibile? Vorremo tanto saperlo!

 

Francesco Rossa
Vice Direttore
Civico20News.it

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Articolo pubblicato il 17/01/2016