Torino - All'ospedale San Giovanni Bosco Ecmo usato in Oncoematologia
Sergio Livigni

Un caso disperato salvato grazie all'Ecmo

Di ossigenazione extracorporea, tecnicamente chiamata “Ecmo”, si è sentito parlare all’epoca della temutissima influenza aviaria, quando nei casi gravissimi i pazienti che sviluppavano una grave insufficienza respiratoria venivano “attaccati all’Ecmo” per mettere a riposo i polmoni malati fino al completo recupero.

 

Questa macchina, in via assolutamente straordinaria, è stata usata qualche settimana fa nella rianimazione dell’ospedale San Giovanni Bosco per trattare un tumore maligno del sangue su una paziente di 50 anni che aveva sviluppato una grave complicanza respiratoria a seguito di un linfoma di Hodgkin. E i risultati sono stati straordinari.

 

UN CASO DISPERATO SALVATO GRAZIE ALL’ECMO

 

Si tratta del primo caso registrato al San Giovanni Bosco e uno dei pochi in Europa di impiego dell’Ecmo nel campo dell’oncoematologia.

 

Un caso disperato quello della paziente, che era arrivata in rianimazione in pericolo di vita il 3 dicembre scorso: grave insufficienza respiratoria causata da una fistola bronco pleurica, generata da una massa tumorale tanto grande da occupare quasi tutto il lobo superiore del polmone destro.

 

«I nostri ventialtori classici non erano in grado di garantire la sua funzione respiratoria – ricorda il dottor Sergio Livigni, direttore della rianimazione del San Giovanni Bosco, che precisa che il paziente con tumore del sangue, che giunge in terapia intensiva presenta in media una mortalità del 60% e, nel caso in cui necessiti di cure più invasive come la ventilazione meccanica l’indice aumenta fino all’80% -. Per questo abbiamo messo in campo l’Ecmo, sia per il sostegno della funzione respiratoria in modo da consentire l'intervento chirurgico ai polmoni gravemente danneggiati sia per eseguire il trattamento chemioterapico in corso di ossigenazione extracorporea. E’ uno dei pochi casi descritti in tutta Europa di estensione dell’indicazione all’utilizzo di circolazione extracorporea in pazienti adulti con patologia ematologica maligna».

 

LO STRAORDINARIO INTERVENTO E I RISULTATI

 

Il dottor Sergio Livigni con la sua equipe di intensivisti ha pertanto deciso di utilizzare il circuito extracorporeo per il sostegno della funzione respiratoria, in modo da consentire l'intervento chirurgico ai polmoni gravemente danneggiati e, diagnosticato in sede intraoperatoria un Linfoma di Hodgkin,  poter iniziare la terapia chemioterapica di attacco, gestita dall’oncoematologo dottor Mario Bazzan.

 

L’intervento chirurgico di riparazione della fistola bronco-pleurica, della durata di 3 ore, è stato eseguito il 6 dicembre scorso dal dottor Diego Fontana, chirurgo toracico del San Giovanni Bosco, in circolazione extracorporea ad alti flussi, senza anticoagulazione; solo successivamente è stata mantenuta la circolazione extracorporea con anticoagulazione eparinica.

 

«Il riposo respiratorio e il trattamento chemioterapico mirato hanno infatti permesso un graduale ripristino della funzione polmonare – precisa il dottor Livigni – con un miglioramento del quadro clinico in pochi giorni, permettendo alla paziente di proseguire il suo percorso di cura».

 

Dopo 12 giorni il trattamento è stato sospeso per il netto miglioramento clinico e il 28 dicembre scorso la paziente è stata trasferita prima nel reparto di chirurgia del San Giovanni Bosco, diretto dal dottor Renzo Leli, e poi nella medicina d’urgenza, diretta dal dottor Franco Aprà, per proseguire le cure e, dopo la dimissione odierna, effettuerà i cicli  chemioterapici in forma ambulatoriale, mediante catetere venoso permanente.

 

NUOVA FRONTIERA IN ONCOEMATOLOGIA

 

«Grazie alla elevata preparazione ed esperienza dei nostri medici, che hanno applicato a 360° le possibilità terapeutiche delle avanzatissime apparecchiature per Ecmo di cui siamo dotati sia al San Giovanni Bosco sia al Maria Vittoria, oggi si apre una frontiera ancora poco esplorata in oncoematologia, che potrà permettere di praticare interventi chirurgici e trattamenti farmacologici chemioterapici in pazienti considerati finora troppo gravi per affrontare i potenziali rischi infettivi e le ipotesi di complicanze emorragiche legate alla necessità di scoagulare il circuito extracorporeo – si congratula il direttore generale dell’Asl To2, il dottor Valerio Fabio Alberti -. L’eccezionale applicazione, destinata a far scuola, si deve a tutta l’equipe di rianimazione del dottor Sergio Livigni, in particolare alla dottoressa Maria Elena De Piero e al dottor Carlo Frangioni, con l'assistenza infermieristica del dottor Diego Artusio».

 

Presso la terapia intensiva dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino, la versatilità dell’apparecchiatura per Ecmo viene utilizzata a tutto campo, dai trattamenti di ausilio nella ventilazione protettiva al trattamento dello shock cardiogeno, dall’assistenza per il mantenimento del paziente deceduto (donatore di organi a cuore fermo) al trattamento del paziente asmatico grave, con risultati incoraggianti. 

 

                                                                                                                  Liliana Carbone

 

 

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Articolo pubblicato il 12/01/2016