Charlie Hebdo: il coraggio di offendere

A un anno dall’attentato il giornale teme la vendetta islamica

Un anno fa, subito dopo l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo a Parigi, le testate giornalistiche, compresa la nostra, i telegiornali e l’opinione pubblica avevano proferito fiumi di parole e si erano schierati quasi tutti con i vignettisti, coniando anche l’hashtag #jesuisCharlie da utilizzare sui social networks per dimostrare la propria vicinanza ai disegnatori francesi.

Chi scrive già un anno fa esprimeva le sue perplessità in un articolo (http://www.bdtorino.eu/sito/articolo.php?id=14758 ) in cui si invitava a non confondere la libertà di espressione con la libertà di offendere e si rifletteva sul perché quando un ben noto politico italiano si presentò in televisione con una maglietta raffigurante una vignetta su Maometto tutti lo condannarono, ma quando certi scribacchini francesi raccoglievano decine di vignette dello stesso tenore su un settimanale, ecco che tutti li difendono in nome della libertà di opinione.

La rivista era diventata il simbolo della difesa della libertà, del coraggio, del contrasto al terrorismo. L’edizione speciale di Charlie che ha commemorato l’anno passato dall’attentato riporta la frase “un anno dopo l’assassino è ancora libero” e raffigura un uomo molto vecchio con una folta barba bianca, un mitragliatore dietro la schiena e la tunica che indossa intrisa di sangue. La spiegazione ufficiale è che quel personaggio rappresenta il dio di tutte le religioni, non di una in particolare, a simboleggiare che il nemico dei popoli è la religione con le guerre che scatena.

A parte il fatto che non ci risulta che attualmente in nessuno Stato si combatta e si uccida in nome di Cristo ma in molti lo si faccia in nome di Allah, risulta evidente come le fattezze dell’uomo raffigurato in copertina non abbiano nulla che ricordi un dio qualunque. Confrontando la raffigurazione con le copertine disegnate negli anni prima dell’attentato si noterà con molta facilità che i vignettisti hanno disegnato il Dio giudaico-cristiano, quello che noi cristiani occidentali scriviamo con la “D” maiuscola.

Questo significa che i sedicenti giornalisti francesi non hanno avuto il coraggio di disegnare dei riferimenti all’Islam probabilmente per timore di un nuovo attacco. Timore assolutamente comprensibile ma che ci consente di affermare che, se prima si trattava di un settimanale volgare, irrispettoso e blasfemo, adesso può vantare, oltre ai precedenti epiteti, anche quello di timorato.

Facile prendersela con chi per cultura non è abituato a girare per strada con armi d’assalto in difesa di Dio fingendo di dimenticarsi di chi già una volta gli ha sparato addosso. Complimenti davvero a Charlie Hebdo, l’emblema del coraggio, della libertà di stampa e della libertà di offesa. Quando questa non viene vendicata.

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Articolo pubblicato il 10/01/2016