Hawala : il sistema più utilizzato dai migranti per utilizzare e trasferire soldi tra di loro

Un sistema tradizionale utilizzato sin dal Medioevo

Negli ultimi giorni di dicembre, Joe Parkinson, un giornalista del Wall Street Journal, si trovavava a Lesbo, l’isola greca diventata la porta d’ingresso in Europa per centinaia di migliaia di emigranti. Parkinson racconta che una delle prime cose che fanno molti migranti una volta scesi dalle imbarcazioni è prendere i loro telefoni cellulari da buste sigillate e fare una telefonata. Spesso, all’altro capo, non c’è la famiglia, ma un “hawaladar”, un intermediario finanziario. La telefonata serve a effettuare il pagamento della prima tappa del viaggio verso l’Europa tramite un antico sistema che risale al medioevo: l’hawala.

In Italia, dove gran parte dei migranti arriva dall’Africa sub-sahariana, siamo abituati ad associare il viaggio verso l’Europa al trattamento terribile che eritrei, somali e nigeriani subiscono da parte dei trafficanti di uomini. Il prezzo del viaggio viene quasi sempre pagato in anticipo e una volta iniziato, i migranti vengono comunque sottoposti ad ogni forma di abuso. Sulla rotta balcanica – cioè quella che parte dalla Turchia e risalendo Grecia, Macedonia e stati dell’ex Jugoslavia arriva fino in Europa – le cose funzionano in maniera abbastanza diversa. I migranti sono sopratutto arabi, spesso siriani o iracheni, oppure afghani: in generale sono più ricchi di quelli che intraprendono la rotta libica – che spesso provengono dall’Africa centrale – e questo si riflette anche nel loro rapporto con i trafficanti di uomini.

«Molti contrabbandieri sono siriani e aiutano i rifugiati ad arrivare sani e salvi», ha raccontato al Wall Street Journal Hawez Zaman, un intermediario finanziario siriano che lavora spesso con i contrabbandieri di uomini: «Quelli come me finanziano questo mercato e aiutano i rifugiati a portare fuori dalla Siria il loro denaro».

Zaman è un “hawaladar”, cioè uno dei garanti dell’hawala, un sistema utilizzato nel mondo arabo da centinaia di anni.

L’hawala funziona in maniera molto semplice: una persona interessata a spostare denaro tra due luoghi distanti consegna la somma di denaro a un primo hawaladar. Questa persona fornisce una parola in codice al cliente, il quale la riferirà alla persona che ritirerà i suoi soldi.

Il primo hawaladar si mette poi in contatto con un secondo hawaladar suo socio, che si trova vicino a un punto dove andranno ritirati i soldi. A quel punto, in qualsiasi momento, il beneficiario del trasferimento può raggiungere il secondo hawaladar, dargli la parola d’ordine e ritirare il suo denaro. Oppure il cliente stesso può chiamare sempre il secondo hawaladar e sbloccare la transazione per una terza persona. Ad esempio un trafficante di persone. I due hawaladar poi si sistemano fra di loro.

Hawala, in arabo, significa semplicemente “trasferimento” ed è un sistema che si è sviluppato in Medio Oriente nel corso del medioevo e si è poi diffuso in Asia meridionale e in alcune parti dell’Africa. È un sistema che all’epoca non era molto diverso da quello delle “lettere di cambio” – l’antenato degli assegni – nato in Europa e poi sviluppatosi fino a trasformarsi nel moderno sistema bancario occidentale.

L’hawala invece è rimasto un sistema di trasferimento informale, in cui privati si accordano con altri privati. Questo ha permesso agli hawaladar di tenere molto bassi i loro prezzi. Il sovrapprezzo a una transazione – cioè la cifra che viene trattenuta dagli hawaladar – è in genere del cinque per cento, poco più della metà di quanto chiedono le moderne società che si occupano di trasferimento di soldi.

Da anni, l’hawala è utilizzata da migranti arabi, pakistani e indiani per inviare denaro nei loro paesi di origine, ma è un sistema che nel corso del 2015 è diventato sempre più importante anche per finanziare il viaggio dei migranti stessi. Parkinson si è occupato di questo fenomeno insieme al giornalista Giovanni Legorano in un' inchiesta sul Wall Street Journal.

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Articolo pubblicato il 09/01/2016