Un documento storico ci racconta alcuni interessanti aspetti del mondo medievale in Piemonte

Il testamento di Teodoro I Paleologo, Marchese del Monferrato

La storia del Piemonte è molto interessante e tanti personaggi pubblici di spicco emersero in questo territorio fin dagli anni immediatamente precedenti l' anno 1000, e poi nel Basso Medioevo ( 1000 – 1492 d.C. circa), a prescindere dai soliti ed immancabili Savoia ( casata che viene comuque citata nel documento che qui presentiamo, il quale manifesta una chiara avversione del marchese alla possibilità di consegnare il marchesato ai Savoia). 

Per chi è appassionato di storia, portiamo all' attenzione del lettore un documento testamentario che testimonia come veniva concepito il potere e come esso veniva gestito e tramandato – di padre in figlio, in morte di quest'ultimo alla figlia, ed eventualmente al fratello in caso di morte prematura dei figli – dal Marchese del Monferrato Teodoro I Paleologo.

I possedimenti del Marchesato del Monferrato erano una cospicua ed importante zona dell' Ovest della Val Padana già nel Medioevo, e anche tutt' ora il Monferrato rappresenta un territorio importante nella storia, cultura, arte ed economia del Piemonte. Ai tempi di Teodoro I Paleologo con Monferrato si definiva un' area ben più ampia del Piemonte attuale ( come si vede nella rappresentazione in alto), mentre ora il Monferrato è un' area relativamente piccola che occupa parte delle province di Alessandria ed Asti, a sud della provincia di Torino.

Siamo nei  primi decenni del 1300, quando nel Monferrato  Teodoro I dettò il suo testamento. Il sistema economico in Europa è in piena crisi; nella Penisola italiana vi erano scontri tra città e tra fazioni politiche ( le più note delle quali costituite dai Guelfi e dai Ghibellini ), e quando i maggiorenti della città di Firenze condannarono Dante (*) alla pena di morte per rogo (prima della fine del  secolo XIII ), costringendolo  così all' esilio senza poter contare sullo sperato ritorno a Firenze, anche perchè Dante stesso rifiutò sdegnosamente l' oblazione per annullare la pena. Egli infatti si considerava innocente per le  ignominiose accuse di peculato, corruzione e atti ostili al papato durante il periodo in cui governava nel Consiglio dei Cento di Firenze. La carestia del 1315-17 aveva fatto milioni di morti. Nel 1309 a gennaio viene incoronato imperatore ad Aquisgrana Arrigo di Lussemburgo, col nome di Arrigo VII. In luglio arrivò il gradimento del papa Clemente V ( il francese Bertrand de Got ) il quale invitò l' imperatore ad una solenne incoronazione a Roma per il 2 febbraio 1312.  Questo fatto non fu possibile in quanto questo papa trasferì, nello stesso anno dell' incoronazione dell' imperatore, la sede del papato ad Avignone ( Cattività avignonese 1309-1377). Il papa emanò, prima del trasferimento del papato ad Avignone, la bolla " Exultet in gloria", proclamando Arrigo ' Rex iustus et pacificus' e restauratore della giustizia, invitando tutti ad accoglierlo con onore. In questo contesto Teodoro I, preoccupato per i pericoli di spartizione del marchesato di Monferrato dopo la sua morte, fece stendere il suo testamento dal notaio Raimondello di Grazano, notaio pubblico per autorità imperiale.

Il testamento di Teodoro I Paleologo qui di seguito pubblicato è tradotto dall’originale, comparso nella Cronica di Benvenuto Sangiorgio, opera degli inizi 1500. La traduzione si deve alle Professoresse Patrizia e Maria Libera Garabo.

Teodoro I Paleologo (Costantinopoli1290 – Trino21 aprile 1338) fu principe di Bisanzio e marchese del Monferrato.

Egli era figlio dell'imperatore bizantino Andronico II Paleologo (1259 – 1332) e di Violante di Monferrato (1274 - 1317) e divenne marchese di Monferrato alla morte senza eredi del marchese Giovanni, ultimo degli Aleramici e fratello della madre Violante, che lo designò esplicitamente come unico erede nel suo testamento.

Testamento di Teodoro I

Nel nome di nostro Signore amen. Nell’anno della natività del medesimo 1336, indizione IV, nel giorno 19 del mese di Agosto, nell’anno II del pontificato del Santissimo Padre e nostro Signore Papa, per volontà divina, Benedetto XII, in presenza del mio notaio e dei testimoni sottoscritti.

Avendo io, Teodoro marchese del Monferrato, fin dal tempo in cui assunto ebbi i miei possedimenti oltramontani, intenzione di disporre, -e come disposi-: che dopo la morte mia si provveda al mio marchesato nel modo infrascritto: ecco come sulla presente approvo, confermo e con forza affermo la detta mia provisione ………..e ancora così dispongo e ordino giusto modo e forma più sotto annotata, e questa disposizione tale resta.

Così come è scritto nel Vangelo e come la dottrina del nostro Signore Gesù Cristo ci insegna, da cui siamo detti Cristiani, e per altro noi tutti Cristiani dobbiamo massimamente custodire e stare pronti, ignari del giorno e dell’ora della nostra fine: per questo io Teodoro marchese del Monferrato, -quantunque peccatore, e di modica provvigione e scienza, cionondimeno come Cristiano, e avendo una qualche consapevolezza verso il nostro creatore Dio Onnipotente-, volli queste parole e preziose e utili mettere a testamento e massimamente perché ho già disposto di dar pratica oltra monti ad alcune mie ardue faccende e non volendo aspettare che giunga il giorno estremo per mettere in ordine i fatti tanto della mia anima quanto del mio corpo, quelle cose ho deciso di mettere in ordine, – ora in tempo di sanità mentale prima che mi possa capitare di impazzire o di tribolare – nel modo in cui più sotto viene annotato per evitare che nascano scandali e dissensi possano insorgere, specie se si tratta di detta eredità del Monferrato.

In primis lascio dopo la mia dipartita detta eredità, tutti i possedimenti e il baronato del predetto marchesato del Monferrato a mio figlio qui presente e ricevente, Giovanni, e ai figli suoi legittimi che da lui discenderanno, naturalmente il figlio primogenito; e lo medesimo morendo senza figli, il secondogenito e così di seguito nella detta successione, secondo le consuetudini e i privilegi del predetto marchesato e per conseguenza a li figli de li figli soi.

E se per caso (lungi da me sia) detto Giovanni figlio meo da tal secolo dipartisse senza figlio alcuno o figlie legittime, voglio e fino da ora dichiaro che la figlia mia Violante, contessa di Savoia, e li figli soi da essa legittimamente discendenti, in possesso entrino dell’eredità per successione del predetto marchesato.

Cionondimeno, non è nelle mie intenzioni, che tale detto figlio della detta figlia mia, contessa di Savoia, il quale succederebbe nel predetto marchesato, sia obbligato da un qualsivoglia patto di fedeltà al signor conte di Savoia; ma esso erede mantenga detto marchesato libero, così come gli altri miei predecessori lo hanno mantenuto e sono stati soliti mantenere.

Se, in verità, (lungi da me sia) detta mia figlia dovesse morire senza lasciare figli legittimi, allora voglio e decreto che mio fratello, domino Demetrio, sovrano di Romània, figlio, come anche io lo sono, della fu imperatrice dei Greci, che era figlia del fu domino marchese Guglielmo e della domina Beatrice, figlia del fu domino rege Alfonso di Spagna, prenda possesso della mia eredità e del marchesato del Monferrato e di conseguenza i suoi figli legittimi suoi diretti discendenti.

 Se, d’altra parte, detto fratello mio decedesse senza eredi, o non volesse ereditare predetti miei possedimenti, allora voglio che, tra quelli di Spagna, i nati legittimamente dalla domina e zia mia Margherita, figlia del fu domino marchese Guglielmo, mio avo, ereditino tutto.

E nessuno deve meravigliarsi di questa mia decisione, poiché detto domino marchese Guglielmo, avo mio, fece parimenti.

E così il di lui figlio, il domino Giovanni, mio zio materno, nominò suo successore; e a me sembra più conveniente che detta eredità vada ai parenti più prossimi e per parte di padre piuttosto che a estranei.

Inoltre, fin dai tempi antichi risultano manifesti i privilegi dei domini sovrani concessi a condizioni particolari e in tempi diversi ai domini marchesi miei predecessori, così come accade in situazioni simili.

E da costoro tutti, io Teodoro marchese, qui presente, ebbi piena conferma e investitura: dal fu, a buona memoria, domino Imperatore romano Enrico, e anche da parecchi vescovi e prelati, a partire dai quali ho preso posizione nel feudo.

E questa voglio che sia la mia ultima volontà, la quale voglio che abbia valore per diritto testamentario; la quale se non può valere per diritto testamentario, abbia almeno valore per diritto di clausola o di qualunque altra ultima volontà.

I documenti sono questi redatti nel castello della diocesi eporediese di Chivasso, alla presenza dei nobili e valentuomini: domino Ruggero de Togessio, canonico di Riva, del cardinale, cappellano dei Convenari, Giovanni de Togessio nipote del detto domino Ruggero, Pietro di Cocconato canonico Remense, Stefano de Porcellis di Cremona, giudice generale del predetto domino marchese, Pietro Silo di Torino, Antonio Sicco di Chivasso, Antonio da Castello di Fubino, e il Castellano Arnato di Castelletto, chiamati a testimonio e a prestare giuramento.

Io, Raimondello di Grazano notaio pubblico, per autorità imperiale, cancelliere e scrivano del detto domino marchese, ho partecipato alla approvazione, alla conferma e corroborazione, alla disposizione e alla ordinazione delle predette volontà, e a ogni singola parola soprascritta, e ho redatto tale documento su mandato del suddetto marchese.

(*) Il sommo poeta venne battezzato Durante,  solo in seguito abbreviato in Dante

Claudio De Maria

 

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Articolo pubblicato il 08/01/2016