Se 10 miliardi vi sembrano pochi

L’esplosione demografica implica riconversioni impossibili in campo economico, industriale, sociale

La crescita demografica mondiale, attualmente incontrollata, pone problemi gravissimi in quanto sta disarticolando il già difficile equilibrio delle strutture portanti della civiltà umana che conosciamo.

Semplificando al massimo si può dire che il limite del rapporto tra sostenibilità e popolazione globale sta pericolosamente spostandosi verso uno squilibrio irreversibile.

Nell’ ambito della socio-biologia animale i fenomeni che portano alla competizione per lo spazio vitale e pertanto per la sopravvivenza alimentare, comportano come fase estrema l’insorgenza del cannibalismo. Questo orribile fenomeno la storia passata e recente lo ha già dimostrato. 

Un’ ipotesi che l’umanità dovrebbe scongiurare, a patto che vinca la razionalità nelle scelte fondamentali che comportano le sfide epocali.

La tentazione di allontanare questa terrificante prospettiva obbliga a trovare soluzioni avveniristiche, purtroppo ancora ipotetiche se non fantasiose, che in ogni caso restano ancora ipotesi di lavoro da verificare nella loro possibilità realizzativa e nella concreta efficienza.

In questo clima di ottimismo forzato dagli eventi, che inesorabilmente incalzano, aleggia una pericolosa semplificazione sulla soluzione dei problemi complessi e di ordine fondamentale.

Pertanto si propone la panacea dell’ utilizzo delle energie alternative, come si potesse “ipso facto” abbandonare i combustibili fossili, senza tener conto delle gravissime implicazioni tecnico-industriali e sociali che ne deriverebbero.

Stesso discorso vale per aumentare la produzione alimentare umana, estendendo o sostituendo il cibo tradizionale che conosciamo con la “magica” soluzione di quello derivato dal mondo degli insetti.

Tuttavia davanti a queste proposte–fuga dalla realtà, incombe come un macigno il problema di una riconversione quasi impossibile degli addetti ai processi produttivi e dell’ insufficiente controllo mondiale delle nascite.

Un concentrato questo di problemi esplosivi che spaventano e paralizzano i governi e le istituzioni preposte a prendere qualsiasi decisione che abbia ricadute efficaci a medio e lungo termine.

Le enormi problematiche  sopra esposte sono autorevolmente trattate dall’ articolo del dr. Antonio Cravioglio, esperto di economia e finanza pubblica, che sottopongo all’ attenzione dei lettori.

Come sempre un apprezzamento ed un ringraziamento all’ Autore.

 

SE DIECI MILIARDI VI SEMBRANO POCHI ...

Dieci miliardi, ma non parliamo né di dollari né di euro,bensì di esseri umani che - secondo le migliori proiezioni popoleranno la Terra già prima del 2050.

Della Conferenza mondiale sul clima abbiamo sentito e letto tantissime sintesi ed appreso  molte  teorie scientifiche, ma un  fatto  fondamentale  sembra sia stato volutamente ignorato: il vertiginoso aumento demografico.

Anzi, è evidente che il tema fosse un tabù, tanto  per  coloro che seguono dottrine religiose di massa, quanto per gli adepti delle nuove correnti ambientaliste e simili.

Sia quindi concesso ad  un modestissimo studioso di fenomeni economico-sociali di avanzare alcuni dubbi non secondari rispetto alle conclusioni che dalla conferenza sono scaturite, alla luce anche dei macrodati riportati in un precedente articolo qui pubblicato nei mesi scorsi (titolo "La sovrapopolazione mondiale sarà di ostacolo al miglioramento dei livelli di vita").

Molti cronisti si sono abbandonati ad un immotivato ottimismo sul futuro della popolazione, come quello che titolava "bomba demografica addio", estrapolando il caso cinese  del  controllo  nascite, unico e sinora irripetibile,  alle realtà  afro-asiatiche tutte improntate, purtroppo, alla teoria che il numero sia potenza.

Silenti (ovvero zittiti) quegli studiosi che ci hanno dimostrato, da tempo, come ogni problema del pianeta sarebbe meno difficile da risolvere se in prospettiva ci fossero meno nascite ( negli Stati con  ISU, indice di sviluppo umano, inferiore ad una certa soglia), giacché la vera emergenza da affrontare è, prima di ogni altra,quella umana.

Un primo dubbio sull'affermazione di alcuni quotidiani  "ormai l'era dei  combustibili fossili è finita...". Certo, molti titoli si buttano giù lì per lì, come le battute al mitico Bar sport, ma poi la realtà ci ammonisce che oggi i consumi annui di carbone  sono  8 miliardi di tonnellate (ovvero 22  milioni al giorno) e quelli di petrolio  3,8 miliardi di tonnellate, e per il carbone oltre la metà dei consumi sono cinesi.

E' corretto dire che si passerà alle fonti "rinnovabili", convincendo i popoli che si scalderanno con i pannelli fotovoltaici e con l'eolico, che  si  alimenteranno i  processi  industriali, in particolare quelli connessi alla metallurgia per le fusioni del ferro, dell'alluminio e così via, senza impiego di carbone?  Oppure  si  vuol significare che  di  ferro, alluminio, rame, zinco, stagno e via elencando non si  farà  più  uso, essendo tutti questi metalli sostituiti dai "nuovi materiali" di cui si stanno sperimentando in questi anni proprietà ed applicazioni, (ma per molti dei quali emergono seri problemi di compatibilità con la salute umana)?

Dunque navi, aerei, treni, automezzi, tutti prodotti con nuove tecnologie leggere, privi di propulsione da derivati del petrolio; ma come conciliare, ad esempio, la  tutela dei suoli per usi agricoli, sempre più indispensabili, con l'installazione di devastanti campi fotovoltaici, e come smaltire i pannelli usati  altamente  inquinanti,  sui quali  ancora nessuno si pronuncia?

Passiamo ora ad un altro dubbio, forse ancora più inquietante: l'alimentazione umana.

Per fare posto ad altri 3-4 miliardi di popolazione, si dovranno rivoluzionare completamente le filiere alimentari, non solo nel senso di  una razionalizzazione  dell'esistente, bensì di una completa inversione di stili di produzione e di vita.

Riporto testualmente alcuni stralci da un periodico diffuso da una potente catena della grande distribuzione:

"L'uso degli insetti ( grilli, cavallette, scarabei, formiche e tanti altri) in ambito alimentare mostra vantaggi sia di tipo ambientale che salutistico, nonché sociale...

I nostri amici insetti contengono proteine di alta qualità e nutrienti analoghi a quelli di carne e pesce, alta quantità di acidi grassi, sono ricchi di fibre e  micronutrienti e poveri di grassi....Presentano un'alta efficienza di conversione alimentare, ovvero da 2 kg di cibo dato all'insetto si ottiene un kg di massa......diversamente dai bovini ai quali occorre dare 8 kg per avere un kg di carne.. Una recente indagine demoscopica ha  confermato  che  v i  è   ancora una  certa  riluttanza dei consumatori europei ad accettare insetti nel piatto, anche  se chi l ha  provati afferma che sono molto buoni da mangiare, ma  l'Autorità  europea  per  la sicurezza  alimentare sta comunque per legiferare in materia."

Dunque, la campagna per consumare questi  amici  è  iniziata e  ci ossessionerà per i prossimi anni;  nel  contempo  prosegue  attivissimo, su  molti  media, l'attacco  agli allevamenti bovini, suini, ovini e simili, per spiegare al popolo  "quanto questi siano inquinanti in termini di gas serra e le loro carni  siano  sospette  di  essere talvolta cancerogene" (mentre per gli insetti la sperimentazione é appena agli inizi e, guarda caso, già ce li consigliano!). Strane e sospette coincidenze.

Attenzione perché non di sole carni si tratta: latte, latticini, formaggi di ogni tipo e uova saranno da  bandire in quanto, come dicono i vegani (che, come tutti sappiamo, non sono per nulla dei fanatici, o forse si?)  "non  sono  indispensabili  alla  crescita dell'organismo umano, bastando  alcune  alghe  per  completare la  dieta altrimenti carente di alcune vitamine, di ferro ed altri minerali".

Dunque, prospettive nutrizionali sicure ed allettanti (!) sotto ogni profilo.

E gli allevatori-produttori del fassone piemontese, della chianina toscana, dei salumi emiliani, della mozzarella campana, del pecorino sardo, si adeguino: la loro epoca sta declinando; insetti ed alghe sono la prossima, ineludibile frontiera.

Sui termini sociali ed economici delle proposte sopra riportate però tutti tacciono. Centinaia di milioni, nel mondo, di addetti alle miniere, alla metallurgia ed alle industrie pesanti, agli allevamenti animali ed alla pesca e quanti altri dovranno essere "riconvertiti" e riconversione vuol dire, per chi ha qualche nozione di gestione aziendale, schiere di disoccupati più o meno temporanei, di cassintegrati permanenti, di esodati a vario titolo, che dovranno sopravvivere con sussidi stentati.

Solo in Europa, oggi i disoccupati sono quasi  24  milioni;  domani, con l'attuazione di programmi come quelli delineati, potremmo vederli moltiplicati per due e potrà esplodere più di un problema sociale, forse una crisi generale.

C'è da sperare che, per quanto ci riguarda più da vicino, gli organismi della UE stiano vagliando le prospettive ed i rimedi più opportuni.

In buona sostanza, anziché  diffondere  l'uso  dei contraccettivi in tutti i Paesi in via di sviluppo per realizzare una seria e proficua pianificazione demografica, come del resto hanno fatto negli ultimi cento anni,  senza  traumi, tutte  le  nazioni evolute, si punta esclusivamente su  di  una  lunga serie di radicali trasformazioni delle abitudini di vita degli  "spreconi",  cioè  noi,  con  un  percorso che si prospetta quanto mai  confuso  e conflittuale e dagli esiti assai incerti.

Antonio Cravioglio

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Articolo pubblicato il 24/12/2015