Viaggio, Catabasi e Purificazione nella Commedia di Dante, come nei Misteri Antichi e Moderni.

Di Emanuele Maffia "membro del CSR - Centro Studi Rosacroce e della ESSWE - European Society for the Study of Western Esotericism".

La Commedia di Dante contiene diversi archetipi della Tradizione Universale, tre fra questi spiccano immediatamente davanti agli occhi del lettore. Si tratta del Viaggio, della Catabasi e della Purificazione.

Il primo racconto, di ambito esoterico più vicino alla nostra cultura, che narra di un viaggio, di una purificazione e di una catabasi, è l’Epopea di Gilgamesh. Protagonisti del racconto sono Gilgamesh, Re di Uruk e Enkiddu, mandato dagli dei per controbilanciare l’esuberanza di Gilgamesh.

Una prima purificazione la si incontra quando Gilgamesh invia Shamat, la prostituta sacra ierodula della dea Ishtar, per accoppiarsi con il rozzo Enkiddu che perderà così i suoi tratti animaleschi. Nell’epopea un primo viaggio è quello fatto da Gilgamesh ed Enkiddu per sconfiggere ?umbaba, il divino guardiano della Foresta dei Cedri, un secondo viaggio è quello di Gilgamesh alla ricerca del Fiore della Vita e un terzo è la Catabasi di Enkiddu per recuperare gli strumenti di Gilgamesh.

La versione più completa è quella Babilonese, composta da un sacerdote esorcista ed ha un tono decisamente misterico. Questa redazione sembrerebbe risalire al XII sec. A.C. e quindi temporalmente successiva ai Misteri Eleusini, tuttavia il nucleo dell’opera risalirebbe sino al IV Millennio A.C.  Non vi sono prove oggettive che tale materiale venisse utilizzato in qualche sorta di culto misterico o iniziatico, tuttavia, l’ambito in cui nacque la redazione Babilonese lascia supporre che non si possa escludere una simile ipotesi.

La prima discesa agli inferi, in un ambito esplicitamente iniziatico, Misterico, è quella di Persefone rapita da Ade, mito centrale del culto di Demetra nei Misteri Eleusini, la cui pratica era nota già fra il XVI e il XII secolo A.C.

Contemporaneamente alle fasi più antiche dei Misteri Eleusini, vediamo la comparsa dei rotoli più antichi (1550-1295 A.C.) dell’insieme di formule che oggi va, erroneamente, sotto il nome di Libro dei Morti Egizio. Si tratta del Viaggio che il “defunto”, identificandosi con Osiride compie, nel regno dei morti, per uscire alla Luce del Sole. Tutte le tappe del viaggio sono un lavoro di purificazione.

Seppur non vi siano prove evidenti dell’uso misterico del testo, proprio come per l’Epopea di Gilgamesh, il suo contenuto e la sua struttura rendono lecito ipotizzarne un tale utilizzo. Questa supposizione ci fa, altresì, supporre, che il viaggio di cui il libro tratta riguardi il lavoro quotidiano dell’iniziato più che il semplice passaggio del defunto nell’oltretomba, o forse si tratta di entrambe le cose viste su livelli differenti del cammino iniziatico.

Anche nei Misteri Orfici, XVI secolo A.C., troviamo una Catabasi, quella di Orfeo alla ricerca della moglie morta Euridice.

Il tema del viaggio lo ritroviamo anche nelle "Metamorfosi" di Apuleio, altrimenti noto come “L’asino d’Oro", ove il protagonista Lucio, mutatosi in asino mentre armeggiava con le pozioni di una strega, inizia a peregrinare da un padrone all’altro. In questo racconto la Catabasi avviene nel momento dell’iniziazione ove Lucio, varca le porte di Proserpina e viene condotto al cospetto degli Dei Inferi.

Nell’Eneide di Vorgilio, 31-19 A.C., il poeta, ci racconta della missione affidata all’eroe Enea, che deve scendere agli inferi con l’aiuto della Sibilla Cumana e munito del ramo d’oro, chiave degli inferi.

Troviamo una Catabasi anche nel Simbolo Apostolico, adottato dalla Chiesa Romana, attestato per la prima volta nel 340 in una lettera scritta a Papa Giulio I, e tutt’oggi utilizzato nella Liturgia Cattolica in alternativa al Simbolo Niceno-Costantinopolitano. La versione attuale del Simbolo Apostolico parla della Catabasi di Gesù: “…patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente: di là verrà a giudicare i vivi e i morti.” Se leggiamo il dramma cristiano in chiave misterica, vediamo come la Catabasi avvenga dopo la Morte Mistica, come preludio al processo in tre fasi che porterà alla Risurrezione, alla totale rigenerazione, alla reintegrazione nello stato divino originale.

Nel 1463 Marsilio Ficino completò la traduzione del Corpus Hermeticum, la cui esatta datazione è incerta, ma che vorrebbe risalire all’antico Egitto. Il primo libro, il Pimandro, è una sorta di viaggio iniziatico fatto nel mondo onirico, o presunto tale.

Arriviamo quindi alla Commedia di Dante, degna d’essere annoverata fra cotanti esempi di miti misterici. La Commedia fu pubblicata per la prima volta nel 1472, essa integra il tratto del viaggio sul piano onirico, al tema della Catabasi e della Purificazione.

Nel 1499 vide le stampe l’Hypnerotomachia Polifili, che come lo stesso titolo dice, tratta di una battaglia d’amore in sogno. Anche qui vediamo il tratto onirico come fondamentale. La vicenda si svolge in ambientazioni egizie dal sapore fortemente esoterico ed iniziatico.

Nel XVII secolo, più precisamente nel 1616, comparve la prima edizione delle Nozze Chimiche di Christian Rosenkreutz. Si tratta di un viaggio iniziatico che il protagonista compie in sogno. In questo racconto non vediamo una Catabasi vera e propria, tuttavia la fase del viaggio comincia con il protagonista che si trova sul fondo di un pozzo, immerso in una bolgia infernale, ove tutti si urtano e calpestano pur di afferrare le corde che li potrebbe trarre fuori dal pozzo.

Nel XVIII secolo D.C. comparve l’opera, oggi attribuita al Conte di Saint-Germain, “La tres sainte trinsophie” che dopo un proemio scritto a mo’ di lettera, narra di una catabasi, del protagonista, che grazie all’ausilio di un ramo d’oro discende in un ipogeo, nei pressi del Vesuvio. Troviamo in questo racconto un rimando alla Catabasi di Enea.  Le figure descritte nell’opera hanno carattere ermetico.

Tutti questi racconti hanno sempre un proemio che descrive, o semplicemente addita, la penosa situazione umana, in un modo più o meno lungo, e che in alcuni casi viene ripreso o si protrae anche durante il resto della stesura.

La Commedia di Dante è fra le più complete e strutturate opere del genere di cui abbiamo finora parlato. Per tale motivo tratteremo degli archetipi, di cui questo articolo è oggetto, mediante le immagini ed i passaggi della Commedia dantesca.

Dante si ritrova in una Selva Oscura. Di tale Selva dice che lì “la diritta via era smarrita”, tuttavia ci dice anche che vuol parlarci del “ben” che vi trovò. La Selva Oscura è l’immagine della propria realtà esistenziale, che include il mondo circostante, secondo la personale esperienza di chi vi si rapporta. In altri termini ciascuno ha la propria Selva Oscura. Questo luogo che non ha una precisa posizione fisica, essendo diluito nell’intero tessuto esistenziale di ciascuno, contiene anche delle le indicazioni, e gli aiuti necessari, per potervi trovare una via d’uscita, una strada verso l’elevazione, verso la Trascendenza.

Dante, infatti, in tale Selva si trova ai piedi di un colle, sulla cui cima vede una figura di cui non dice espressamente di chi si tratta, tuttavia lo fa intendere. Si tratta del Cristo. A tale vista si rassicura un po’ ed inizia a salire il monte, tuttavia, il cammino gli è impedito da tre fiere, una lonza, un leone e una lupa. A causa delle tre fiere si trova precipitato ai piedi del colle, ove fra le ombre incontra Virgilio.

Nello stato naturale è impossibile all’uomo di elevarsi fino allo stato d’essere che consente un incontro cosciente con il Cristo. Infatti sono proprio gli aspetti del suo stato naturale a porsi come impedimenti. La Lonza è simbolo degli istinti primordiali, i cui principali sono l’istinto di sopravvivenza e di propagazione della specie.

Della Lupa è detto che “che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame”, si parla di brame per sottolineare che si tratta di desideri provenienti dalle viscere, ovvero di un desiderio che infondo è schiavo degli istinti. Del leone è detto che “ Questi parea che contra me venisse con la test' alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l'aere ne tremesse.”. Si tratta dell’immagine della volontà, asservita all’orgoglio, ma anche del bisogno di dominio, di controllo, di acquisizione tanto materiali quanto intellettuali. In sintesi si tratta dei tre aspetti che determinano l’intera vita umana, Pensiero, Desiderio e Istinto. Ciascuno di questi aspetti ha una propria forma di volontà, ma quella che scaturisce dall’istinto ha la meglio sulle altre due e subdolamente le controlla. Si tratta anche dei tre centri che sono sotto l’influenza di questi aspetti umani, ovvero, Testa, Cuore e Bacino.

Una profonda spiegazione di queste dinamiche la fornisce Jan Van Rijckenborgh, Gran Maestro della Scuola Internazionale della Rosacroce d’Oro nel suo libro l’Uomo Nuovo: “Avete potuto comprendere che l’uomo dialettico dispone di una triplice coscienza, di un triplice «ego»”.

Esiste una coscienza o ego centrale, che ha sede nel santuario della testa. Questa coscienza impiega i centri del cervello e la sua natura è determinata dalla costituzione organica di questi centri. I nostri poteri intellettuali e la loro cultura provengono dall’attività di questo ego. Questa coscienza può quindi percepire razionalmente le cose e i valori della vita quali le si presentano, trarne delle conclusioni e prendere delle decisioni.

La coscienza del santuario della testa dispone anche di un potere di volontà. La vibrazione generata da questo potere spinge all’azione il sangue, i nervi e i muscoli.

La struttura di questo centro di coscienza ci permette di capire perché molti uomini ne sono essenzialmente governati, sia a causa dell’eredità che in seguito all’educazione. Per cui, per designare questo tipo, noi parliamo di uomo intellettuale. A una classe di questo tipo d’uomo con coscienza centrale della testa appartiene, fra gli altri, l’occultista.

Troviamo il secondo stato di coscienza nel santuario del cuore. Teoricamente anche questa coscienza agisce indipendentemente dalle altre due. Dal punto di vista organico essa risiede nel cuore settemplice, ma è necessario rendersi conto che essa non ha assolutamente nulla in comune con l’atomo-scintilla di Spirito nel ventricolo destro.

La coscienza centrale del santuario del cuore esprime tutta la gamma della vita sentimentale dell’uomo.

Dobbiamo arrivare a vedere chiaramente che la vita sentimentale è uno strumento di coscienza perfetto, che può funzionare indipendentemente, per esempio, dal santuario della testa. L’uomo può, infatti, «pensare» con il cuore. Tuttavia, poiché la parola «pensare» suggerisce direttamente un’associazione di idee in rapporto al potere della ragione, è forse meglio dire che la coscienza del cuore è capace di afferrare la vita e i suoi vari aspetti, di riflettervi, per poi decidere.

La coscienza del santuario del cuore dispone anche d’un potere di volontà, che chiamiamo sentimento, emozione, turbamento, commozione. La vibrazione di questo potere di volontà induce anch’essa l’uomo all’azione. Gli uomini che vivono essenzialmente della coscienza centrale del cuore sono chiamati mistici; possono essere inclusi in questa classe, fra gli altri, coloro che si consacrano totalmente alla vita religiosa naturale.

Il terzo stato di coscienza ha sede nel santuario del bacino, o più esattamente alla sua sommità, ed è collegato organica- mente al sistema fegato-plesso solare-milza, di cui abbiamo assai parlato. Questa coscienza centrale del ventre è la coscienza di base dei tre ego naturali. Essa determina il carattere con il quale veniamo al mondo, le nostre tendenze nascoste o palesi; l’intero nostro karma è fissato in questo ego. L’io di questo sistema fegato-milza esercita un’influenza vigorosa e preponderante sugli altri due ego ed è con questo io che, la notte, ci sdoppiamo e facciamo le nostre esperienze notturne.

Se gli ego della testa e del cuore possono essere coltivati dialetticamente fino a certi limiti naturali legittimi, l’ego del bacino non si sottomette invece a nessuna cultura. Questo ego è il vero uomo dialettico, costretto a mostrarsi nudo e senza maschera. Ora, visto che non osa mostrarsi così com’è, si nasconde il più sovente dietro l’apparenza più o meno coltivata dei centri della testa e del cuore. Accade allora di udire un linguaggio mellifluo o sublime, traboccante di ragione e di altruismo, dietro al quale è però in agguato, sempre pronta a balzare, la bestia primitiva.

La coscienza del ventre dispone anche, nella struttura del plesso solare, di un potere deduttivo perfettamente organizzato e di una volontà. Chiamiamo questa volontà della coscienza del ventre «istinto», e tutti sappiamo che, spinto da questo istinto, l’uomo passa ugualmente all’azione. L’uomo che vive essenzialmente e sfrenatamente del terzo ego si manifesta nel tipo d’uomo primitivo, il vero tipo dell’uomo naturale sfrontato, materialista brutale, accaparratore senza scrupoli.

L’uomo naturale ha dunque a sua disposizione tre aggregati di coscienza, due dei quali devono servire da «valvole di sicurezza» al terzo, la coscienza fondamentale.>>.

Nello stesso libro J.V. Rijckenborgh, parla anche del processo per la riedificazione dei tre santuari nel loro stato originale.

In ambiente massonico possiamo trovare la testimonianza di questi insegnamenti nelle leggende, che costituiscono la base dei lavori per i tre gradi dell’Ordine Massonico, si tratta dei tre cattivi compagni che uccisero Hiram Abiff, colpendolo ciascuno in un punto, alla gola, o in alcune versioni alla nuca (Testa), petto (Cuore), pancia (Bacino). Ciascuno dei cattivi compagni rappresenta lo snaturamento di una delle tre facoltà, legate ciascuna ad uno dei centri.

Il Lavoro dell’Ordine Massonico dovrebbe consistere nel rigenerare tali centri, mediante un cammino a spirale che va dall’Apprendista al Maestro. Questo aspetto lo si rileva osservando le pene che i rituali classici d’iniziazione (Apprendista) comminano al traditore e che sono legate a gola, cuore e bacino, ma s’evince anche dall’osservazione dei tre segni caratteristici per i tre gradi, che richiamano la gola, il cuore e il bacino.

La Divina Commedia, l’insegnamento della Rosacroce d’Oro, le leggende dell’Ordine Massonico, descrivono tutti un processo escatologico possibile al solo Iniziato.

Avendo fatto questa premessa è essenziale dire quale sia lo scopo dell’iniziazione, ovvero il ricevere un influenza spirituale proveniente dall’alto, o meglio proveniente da qualcosa che trascende la nostra forma identificata, limitata e transitoria. Senza un tale apporto, che ciascuna corrente iniziatica dispensa a suo modo, l’uomo non potrebbe andare oltre i propri limiti naturali. Tale influenza serve a dargli la possibilità di oltrepassare i suoi limiti e avere una chiara visione di sé stesso, proveniente come dall’esterno, e agire, con un seppur minimo grado di libertà, per poter concretamente lavorare su di sé, e ricostruire il Tempio andato distrutto con la Caduta di cui tutti i miti raccontano.

Prima che l’iniziato possa, però, salire la montagna dello Spirito deve purificarsi, come Dante ci mostra.

Va da sé che per sentire la necessità di una qualsivoglia purificazione è necessaria la coscienza dell’errore, o come si sarebbe detto al tempo di Dante, la consapevolezza del “peccato”.

Proprio per giungere a tale consapevolezza Dante deve prima affrontare l’Inferno con tutti i suoi gironi, saggiando fino al fondo la drammaticità dell’esistenza schiava di una natura incompresa, di uno stato che subisce i colpi della vita ma non è maturo per trarne le lezioni che consentirebbero d’emendare tale situazione. L’inferno è l’emblema di una vita in lotta con le leggi divine universali, una lotta che quasi sempre non è consapevole, ma frutto dell’ignoranza. Nell’inferno Dante per trattare dei peccati di coloro che vi si trovano, lo suddivide ispirandosi all’etica aristotelica.

Giunto alla maturità necessaria per desiderare una via d’uscita, un riscatto dallo stato di peccato, o se vogliamo d’errore, Dante passa nel Purgatorio. Per differenziare i due ambienti Dante nel struttura il Purgatorio secondo i sette peccati capitali di San Gerolamo. Al suo ingresso riceve sulla fronte le sette P che rappresentano tali peccati. All’uscita da ciascuna delle sette cornici, una P gli viene rimossa dalla fronte.

L’Iniziato, come Dante, deve lavorare alla propria riedificazione, purificandosi dall’influenza dei sette peccati capitali, sette potenti direttori dell’intero sistema umano, che esistono tanto dentro quanto fuori di noi.

Solo quando anche l’ultima P sarà stata rimossa dante e l’Iniziato con lui, potrà varcare le soglie di uno sviluppo superiore che lo porterà ad una trasformazione, che gli consentirà l’ingresso e lo sviluppo nel mondo divino.

Bibliografia:

  • L’Epopea di Gilgamesh, G. Pettinato, Ed. Rusconi

  • L’Asino d’Oro, Apuleio, ED. BUR

  • The Egyptian Book of the Dead: The Papyrus of Ani in the British Museum, E. A. WALLIS BUDGE, DOVER Pubblication, Inc., New York

  • L’Eneide, Virgilio (qualsiasi edizione).

  • Il Corpus Hermeticum, Ed. BUR

  • l’Hypnerotomachia Polifili, Francesco Colonna, Adelphi

  • La Divina Commedia (qualsiasi edizione).

  • Le Nozze Chimiche di Christian Rosenkreutz, ED. Sé

  • La religione greca (Di epoca arcaica e classica), Burkert Walter, ed. Jaca Book

  • Le Garzantine - mitologia Miti greco-romani raccontati da Pierre Grimal. Dei, eroi, temi leggendari. Genealogie. Fonti letterarie, Grimal Pierre, Garzanti Libri, collana Le Garzantine.

  • Inni Omerici, BUR

  • Mircea Eliade. I misteri di Eleusi in Storia delle credenze e delle idee religiose, vol. 1. Milano, Rizzoli, 2006.

  • La Tres Sainte Trinsophie, Saint Germain, Edizioni Mediterranee, collana hermetica

  • L’Uomo Nuovo, Jan Van Rijckenborgh, Ed. Lectorium Rosicrucianum

  • La Via Massonica al Trascendente, Ed. Alois

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Articolo pubblicato il 22/12/2015