L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI “CIVICO20 NEWS”. Francesco Rossa: Torino, l’appello di Nosiglia ed i politicanti del ballatoio

La settimana che si chiude, tra crisi economica e balletti pre elettorali

Maria Magnani Noya, primo sindaco donna di Torino, eletta dopo lo scandalo originato dal corruttore Adriano Zampini, che decimò nomi di spicco dell’amministrazione cittadina e dell’opposizione, tutti pronti a cibarsi delle elargizione di colui che fu omaggiato d’incarichi e di forniture “pilotate” ai tempi della Giunta comunale presieduta da Diego Novelli, definiva il suo predecessore “Il sindaco del ballatoio”.

Il riferimento era a quello che altri definirono il “decennio della follia” (1975 – 1985), nel quale si bloccò l’evolversi della città per impostare una visione localistica e frenante allo sviluppo di Torino.

Così, in questi giorni nei primi giravolta dell’annunciata lunga campagna elettorale, invece dell’enunciazione di programmi, assistiamo almeno tra coloro che decidono di scendere in campo, un vorticoso balletto di nomi più o meno usurati ed insignificanti, tutti protesi a scannarsi in lotte intestine, a rendere vantaggiose le modalità della doppia preferenza previste dalle norme di legge per cercare di piazzarsi con il minimo sforzo.

Ciò, con scarso rispetto del cittadino da parte di chi, di capitomboli e figuracce nell’arengo politico ne ha consumati abbastanza in anni passati e recenti.

In contrasto e in assenza di riflessioni su dov’è rotolata in  basso Torino, da parte dei politicanti del ballatoio, una voce si è levata autorevole e preoccupata per il declino dell’Italia e di Torino, con l’attenzione al destino dei giovani.

L’arcivescovo Cesare Nosiglia, il 15 dicembre ha partecipato alla presentazione del ” Rapporto Migrantes sull’emigrazione Italiana all’Estero”.

I dati emersi sono sconcertanti. “C’è un’Italia in sofferenza, dichiara l’Arcivescovo di Torino, che stenta a riprendersi, quella che si nasconde dietro gli oltre 100mila nostri concittadini italiani che lo scorso anno hanno preferito lasciare il Paese. Sono in prevalenza uomini (56,0%), celibi (59,1%), tra i 18-34 anni (35,8%), partiti principalmente dal Nord Italia per trasferirsi, soprattutto, in Europa”.

Questi dati  emergono dal Rapporto 2015 “Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes, giunto quest’anno alla 10ma edizione.

Dunque l’Italia non ha cessato di essere, come lo era in passato, Paese di emigrazione. “ Sono circa 5 milioni i cittadini italiani residenti all’estero, prosegue l’arcivescovo, e, pur restando indiscutibilmente primaria l’origine meridionale dei flussi, si sta progressivamente assistendo a un abbassamento dei valori percentuali del Sud a favore di quelli del Nord Italia”.

I giovani, i lavoratori, le famiglie, persino gli anziani sono in partenza. L’analisi del decennio 2006-2015 mostra chiaramente questa escalation: in 10 anni si è passati dai 3.106.251 iscritti all’Aire (dato del 2006) ai 4.636.647 del 2015 con una crescita del +49,3% in 10 anni.

Tra i numerosi dati del Rapporto colpisce la forte crescita degli studenti italiani che scelgono di partire per un periodo di studio all’estero: sono 1.800 i ragazzi partiti con Intercultura per l’anno 2014-2015.

Anche tra i laureati, il fenomeno dell’emigrazione per ragioni lavorative è tendenzialmente in crescita negli ultimi anni. Si parte perché all’estero ci sono maggiori prospettive di guadagno (7,4 in media contro 6,2 su una scala 1-10) e di carriera (7,4 contro 6,3), di flessibilità dell’orario di lavoro (7,7 contro 6,9) e di prestigio (7,6 contro 6,8). Le mete preferite sono Regno Unito (16,5%), Francia (14,5%), Germania (12%) e Svizzera (12%). Ma se i giovani partono,
l’Italia si trova a diventare un Paese per vecchi.

“L’Italia è un Paese, conclude l’arcivescovo Nosiglia, colpito da una bassa natalità e con un calo demografico pari a 250mila giovani ogni anno. Ad aumentare sono invece due categorie di giovani: i neet (“giovani che non studiano e non lavorano” ed “emblema dello spreco italiano del capitale umano”).

L'Italia figura tra le nazioni che hanno la più alta percentuale di questi giovani, (preceduta solo dalla Bulgaria e dalla Grecia ) e gli “expat” con titoli di studio
medio-alti, per questo maggiormente esposti alla disoccupazione, quindi “bravi ma senza prospettive” e dunque pronti a espatriare.

Se poi si entra nei dettagli di questi dati, l’amarezza cresce.

I fattori che inducono i giovani a diventare neet o a emigrare sono:

- la mancanza di lavoro dovuta soprattutto alla carenza di investimenti in settori nuovi e promettenti,

- la riforma delle pensioni che ritarda o ostacola l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro

- la dispersione scolastica che sta crescendo

- una formazione non adeguata alle richieste del mondo produttivo e la scarsa alternanza scuola-lavoro

- la difficoltà dei Centri per l'impiego, organizzati con regole burocratiche e lontane dalle esigenze del mercato del lavoro, per intercettare i neet e tanti
giovani che sfiduciati non li frequentano

- la disattenzione delle istituzioni che alimenta la rassegnazione nei giovani e la permanenza prolungata in famiglia sempre più chiamata a fungere da ammortizzatore sociale

- la "condanna" a una situazione di precarietà a vita

Il nostro Presule enuncia poi le iniziative della Diocesi in proposito, come la messa in opera di collegamenti internazionali e di orientamento professionale nei confronti dei giovani e di sostegno alle famiglie.

A corollario dei drammatici dati nazionali, non si deve dimenticare che dal 1980 ad oggi, Torino ha perso circa duecentomila residenti e registra molti primati negativi in campo nazionale

Intanto la politica subalpina, che dice? Tace.

C’è chi come gli sfascia città di Airaudo, condannano Fassino perché “non parla abbastanza di sinistra”, mentre i compagni di strada del sindaco, in piena crisi delle segreteria PD, incontrano piccoli gruppi di probabili sostenitori, ma, a prescindere dalle intenzioni, ancora non traspare la volontà di voler raddrizzare le cose.

Dall’altro versante buio fitto oltre le mura di Forza Italia, mentre la Lega Nord, tra dissidi intestini si dedica a mercatini e amenità varie, e i neocentristi cercano di sommare il nulla.

Cosa diranno, di non dozzinale i candidati al consiglio comunale, sulle prospettive per Torino ed altri temi strategici?

Al colmo della drammatica ilarità che certe dichiarazioni provocano in chi ha la pazienza ancora di ascoltarle, è arrivato il comunicato di un sessantenne, a capo dell’apparato provinciale di un partito che conta. Costui annuncia tronfio, come evento dell’anno, che si presenterà candidato al Comune. Rileggendo il curriculum che aveva presentato negli anni scorsi, quando il partito lo aveva  designato presidente di un Ente economico cittadino, poi naufragato nei debiti, l’unica notizia professionale citata nel  suo curriculum recitava “In giovane età si è iscritto alla federazione--- del Partito……..“.

Questi requisiti, per  contribuire a dare una svolta in positivo alla Torino del terzo millennio non potranno risultare minimali?

Come potrà comportarsi il cittadino? Servirà ancora compiere il dovere del voto, oppure tutto sarà confezionato nella bottega delle mediocrità, a prescindere dalle necessità dei cittadini di oggi e di domani?

 

Francesco Rossa
Vice Direttore
Civico20News.it

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Articolo pubblicato il 20/12/2015